Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Gare pubbliche, durc ed esclusione impresa, Corte Giustizia: "Compatibile con diritto comunitario"

L´art. 45 della direttiva 2004/18/CE non osta ad una normativa nazionale che obbliga l´amministrazione aggiudicatrice ad escludere dall´appalto l´impresa a causa di una violazione in materia di versamento di contributi previdenziali ed assistenziali risultante da un certificato richiesto d´ufficio dall´amministrazione aggiudicatrice e rilasciato dagli istituti previdenziali, qualora tale violazione sussista alla data di scadenza del termine di partecipazione ad una gara d´appalto, anche se successivamente venuta meno alla data dell´aggiudicazione o della verifica d´ufficio da parte dell´amministrazione aggiudicatrice e nonostante l´ente previdenziale, rilevato il mancato versamento, abbia omesso di invitare l´impresa alla regolarizzazione, come previsto dal diritto italiano, a condizione che l´operatore economico abbia la possibilità di verificare in ogni momento la regolarità della sua situazione presso l´istituto competente.
Lo ha affermato la Corte di Giustizia UE, Sezione IX, con sentenza (qui allegata) 10 novembre 2016, a definizione della causa C-199/15, Ciclat
La questione
La sentenza della Corte di giustizia UE è stata occasionata da una controversia avente ad oggetto un provvedimento di esclusione da una gara di appalto di un consorzio di società cooperative adottato dalla stazione appaltante dopo avere accertato, in sede di verifica del possesso dei requisiti di partecipazione, che una delle cooperativa non era in regola con il DURC alla data di scadenza del termine di presentazione delle domanda di partecipazione nonostante l´irregolarità fosse poi stata sanata entro la data di adozione del provvedimento di aggiudicazione.
Con ordinanza 11 marzo 2015, n. 1236 la IV sezione del Consiglio di Stato, adita in sede di appello per la riforma della sentenza reiettiva del gravame, ha rimesso alla Corte di Giustizia la seguente questione interpretativa: "Se l´articolo 45 della direttiva 2004/18, letto anche alla luce del principio di ragionevolezza, nonché gli articoli 49, 56 del TFUE, ostino ad una normativa nazionale che, nell´ambito di una procedura d´appalto sopra soglia, consenta la richiesta d´ufficio della certificazione formata dagli istituti previdenziali (DURC) ed obblighi la stazione appaltante a considerare ostativa una certificazione dalla quale si evince una violazione contributiva pregressa ed in particolare sussistente al momento della partecipazione, tuttavia non conosciuta dall´operatore economico - il quale ha partecipato in forza di un DURC positivo in corso di validità - e comunque non più sussistente al momento dell´aggiudicazione o della verifica d´ufficio".
La sezione remittente aveva evidenziato un paradosso presente nell´attuale normativa italiana laddove da un lato impone all´amministrazione di rinunciare alla migliore offerta, e correlativamente, in un´ottica concorrenziale, impedisce al migliore offerente di accedere all´aggiudicazione, anche ove oggettivamente non possa mettersi in dubbio, avuto riguardo alla storia dell´imprenditore ed ai suoi comportamenti passati, nonché alla peculiarità ed incolpevolezza della temporanea irregolarità rilevata, che egli sia un imprenditore corretto ed affidabile. Dall´altro, consente l´aggiudicazione ad un imprenditore che ha sempre manifestato irregolarità ed inadempienze, purché egli, al momento dell´offerta, si sia "messo in regola" con i requisiti previsti dal d.m. 24 ottobre 2007. Tale quadro normativo inibirebbe altresì alle stazioni appaltanti l´autonoma ponderazione del caso concreto, sul presupposto che la descritta valutazione legale di "irregolarità" operante nell´ambito e per tutta la procedura di evidenza pubblica, sia garanzia di parità di trattamento tra i diversi operatori economici partecipanti alla gara.
La decisione della Corte di Giustizia
La Corte di Giustizia non ha condiviso i dubbi espressi dal giudice nazionale e con la sentenza in rassegna ne ha illustrato le ragioni.
Quanto alla compatibilità del diritto nazionale con l´art. 45 direttiva 2004/18/CE - nella parte in cui prevede l´esclusione dalla gara in caso di DURC irregolare alla data della partecipazione ad una gara d´appalto, anche qualora l´importo dei contributi sia poi stato regolarizzato prima dell´aggiudicazione o prima della verifica d´ufficio da parte dell´amministrazione aggiudicatrice - la Corte ha fondato la propria risposta affermativa sui seguenti argomenti:
a) l´art. 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 lascia agli Stati membri il compito di determinare entro quale termine gli interessati devono mettersi in regola con i propri obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e possono procedere a eventuali regolarizzazioni a posteriori, purché tale termine rispetti i principi di trasparenza e di parità di trattamento;
b) il potere di richiedere integrazioni documentali previsto dall´art. 51 della direttiva 2004/18 non può essere interpretato nel senso di consentire all´amministrazione aggiudicatrice di ammettere qualsiasi rettifica a omissioni che, secondo le espresse disposizioni dei documenti dell´appalto, debbono portare all´esclusione dell´offerente e comunque deve riferirsi a dati la cui anteriorità rispetto alla scadenza del termine fissato per presentare candidatura sia oggettivamente verificabile;
c) tali conclusioni valgono anche qualora la normativa nazionale, come quella italiana, preveda che la questione se un operatore economico sia in regola con i propri obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali alla data della partecipazione ad una gara d´appalto, risulti determinata da un certificato rilasciato dagli istituti previdenziali e richiesto d´ufficio dall´amministrazione aggiudicatrice, atteso che una tale modalità di accertamento è espressamente contemplata dell´art. 45, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 in forza del quale le amministrazioni aggiudicatrici accettano come prova sufficiente che attesta che l´operatore economico non si trova nella situazione di irregolarità rispetto agli obblighi previdenziali, un certificato rilasciato dall´autorità competente dello Stato membro in questione e da cui risulti che tali requisiti sono soddisfatti;
d) è irrilevante l´omesso preventivo avvio del procedimento di regolarizzazione previsto dall´art. 7, comma 3, d.m. 24 ottobre 2007, e ora recepito a livello legislativo dall´art. 31, comma 8, d.l. 21 giugno 2013 n. 69, a condizione che l´operatore economico abbia la possibilità di verificare in ogni momento la regolarità della sua situazione rispetto agli obblighi contributivi presso l´istituto competente; in tali casi egli non può opporre la dichiarazione, in buona fede, di una condizione di regolarità contributiva, certificata dall´ente e riferita ad un periodo anteriore alla presentazione dell´offerta, se, acquisendo le necessarie informazioni presso l´istituto competente, poteva verificare di non essere più in regola, per fatti sopravvenuti, con siffatti obblighi alla data della presentazione della sua offerta (cfr. in termini Cons. St., A.P., 5 maggio 2016, n. 10, in Riv. neldiritto, 2016, 1070, con nota di RASCIO, nonché oggetto della News US in data 31 maggio 2016).
Quanto al dubbio del giudice remittente circa la compatibilità con l´art. 45 della direttiva 2004/18 delle disposizioni nazionali che privano le stazioni appaltanti di qualsiasi margine di discrezionalità, vincolandole tassativamente a disporre l´esclusione dei partecipanti privi dei requisiti, alla data di presentazione delle offerte, la Corte di Giustizia osserva che l´art. 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 non prevede un´uniformità di applicazione a livello dell´Unione delle cause di esclusione ivi indicate, in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto queste cause di esclusione o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale. Conclude pertanto che tale disposizione non obbliga gli Stati membri a lasciare un margine di discrezionalità alle amministrazioni aggiudicatrici a tale riguardo.
Sulla possibile portata discriminatoria tra le imprese stabilite in Italia e quelle stabilite in altri Stati membri della normativa nazionale nella parte in cui applica alle seconde norme di minor rigore, circa la prova del possesso dei requisiti generali di partecipazione, secondo quanto previsto dallo stesso art. 38, commi 4 e 5, d.lgs. n. 163 del 2006, la Corte si limita a constatare il difetto di rilevanza della questione nella causa principale stante la mancata partecipazione di imprese stabilite in altri stati membri.
Infine, si evidenzia come la Corte mostri di recepire il principio consolidato nella giurisprudenza della Plenaria in forza del quale i requisiti soggettivi non devono essere posseduti solo al momento della presentazione della domanda ed allo scadere del termine di presentazione previsto dal bando, ma devono perdurare per tutto lo svolgimento della procedura e fino alla stipula del contratto ovvero fino all´autorizzazione del sub appalto, con la conseguenza che và pronunciata la decadenza dall´aggiudicazione ove l´aggiudicatario, inizialmente in possesso del requisito lo perda prima della stipulazione del contratto (cfr. Cons. St., A.P., nn. 10 del 2016; 5 e 6 del 2016; 8 del 2015; 15 e 20 del 2013; 8 del 2012; 1 del 2010).
Fonte: Giustizia Amministrativa
Sentenza allegata

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Sezioni Unite: mancata opposizione a cartelle e at...
Corte Giustizia UE: legittima previsione età massi...

Cerca nel sito