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Galimberti: "Ruolo genitori fallimentare, montagne di giocattoli per colmare incapacità, insegnanti risorsa ma..."

Galimberti

L'intelligenza emotiva deve essere al centro in quanto elemento primario della evoluzione della psiche umana, ma il sistema scolastico è del tutto indifferente - colpevolmente - alla questione.  Lo ha sostenuto nel corso dell'incontro "Educazione Emozionale a scuola: il Metodo RULER", organizzato qualche tempo fa alla Fiera Didacta a Firenze,  il professor Umberto Galimberti, mentre la dottoressa Artusio ha ottimamente presentato il metodo RULER di educazione socio-emozionale (SEL), nato dal team della Yale University.

Un metodo che rappresenta un'innovazione metodologica destinata a tutto il personale docente, "volta a sviluppare delle modalità didattiche alternative che possano stimolare l'intelligenza emotiva degli alunni, e che punta sulle cinque abilita' chiave dell'intelligenza emotiva: il riconoscimento, la comprensione, il vocabolario emozionale, l'espressione e le strategie di gestione delle proprie emozioni. Il tutto attraverso degli strumenti ludici e delle tecniche di comunicazione di gruppo".

Umberto Galimberti ha sottolineato l'importanza di questo tipo di apprendimento proprio in una situazione socio-culturale in cui i bambini sono spesso trascurati da genitori troppo oberati dal lavoro o altre occupazioni. "Oggi troppo spesso l'apporto genitoriale è fallimentare, i genitori non hanno piu' tempo di rispondere alle domande filosofiche dei bambini, ai loro mille perchè e spesso le parole mancate vengono sostituite da montagne di giocattoli". Le conseguenze? Eccole:  un analfabetismo affettivo diffuso, dall'altra "il rapido appagamento offerto dal giocattolo impedisce ai bambini di annoiarsi, quando invece dovrebbero trovarsi in situazioni noiose per elaborare poi, in modo creativo, degli stratagemmi per divertirsi".

"L'educazione emotiva e' cio' che piu' scarseggia nel sistema scolastico italiano, quando un ragazzo rimane impantanato nello stadio pulsionale il rischio e' che sviluppi forme di violenza e bullismo, perche' la pulsione non si esprime in parole, ma solo in gesti e azioni".

Che si può fare? Ecco la ricetta del filosofo: "Innanzitutto limitando il numero di alunni per classe, fino a un massimo di quindici studenti; ma soprattutto ci vorrebbe una formazione specifica per i professori, che dovrebbero essere scelti anche in base a criteri emotivi e non solo conoscitivi. Se una persona non e' empatica e coinvolgente non puo' fare il professore, e' qualcosa che non si puo' imparare". Infine, secondo Galimberti, la scuola oggi pensa troppo a dotarsi di lavagne elettroniche e altre strumentazioni tecnologiche, quando invece "dovrebbe essere strapiena di letteratura, soprattutto di romanzi, che permettono di definire le proprie emozioni immedesimandosi nella vita degli altri; il razzismo nasce proprio dall'incapacita' di riconoscersi nell'altro, e su questo dobbiamo intervenire oggi piu' che mai".

 

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