Francesco, le porte degli inferi non prevarranno...

 Papa Francesco ci ha abituati a tutto.

Da quando, 9 anni fa, si affacciò al loggione di San Pietro, intuimmo subito che quel Papa era di un altro mondo, e non solo per una questione geografica. Francesco, omen nomen, ci ha insegnato ad essere umili, a riconoscere i nostri limiti, e accettarli, a badare all'essenziale, anche ad accontentarci, perchè c'è chi non ha nulla. 

Francesco, più che governare l'umanità, anche solo per benedirla, ha deciso di mostrarsi per ciò che lui, e gli altri prima di lui, erano sempre stati, parte di essa. Come, al tempo, Chi è stato chiamato a rappresentare in Terra.

 Ha condiviso a tal punto il suo essere uomo, da caricarsi addosso tutte le croci del mondo. Uomo dei dolori che, pur conoscendone l'intensità, non se n'è sottratto. Dai passi in quella Roma deserta, a lui, uomo solo davanti la Croce di San Marcello, ad impetrare all'umanità salvezza dalla peste.

Ora, è più che mai in campo per la pace. Sembra che stia seriamente pensando ad un viaggio a Kiev, il sindaco della Capitale martire Vitaliy Klitschko gli ha scritto: "la sua presenza qui è la chiave per salvare vite e aprire la strada alla pace". Forse andrà, chissà. Papa Francesco, però, un'altra cosa ci ha insegnato, che non la politica nè la diplomazia o i "buoni uffici" guidano la sua barca. Per questo, ha detto, il 25 marzo "consacrerà" Russia e Ucraina al "Cuore Immacolato di Maria". Durante la Celebrazione della Penitenza, in San Pietro; e, in quel preciso momento, lo stesso sarà fatto, in Fatima, dal Card. Krajewski.

 Un altro atto di umiltà, il più grande tra tutti. Più che affidarsi al suo "Papato" lui ha scelto di riconoscerne il limite, e di apporre il sigillo sul desiderio del suo popolo.