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Fotografato in atteggiamenti intimi con altra donna: si presume il tradimento e scatta l’addebito

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Con l'ordinanza n. 4899 dello scorso 24 febbraio in tema di adulterio e addebito della separazione, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha confermato l'addebito di una separazione a un marito per via di alcune fotografie, prodotte in giudizio dall'ex moglie, che lo ritraevano in un atteggiamento di intimità con una donna tale da far presumere, secondo la comune esperienza, l'esistenza tra i due di una relazione extraconiugale.

Si è difatti precisato che le produzioni fotografiche sono state correttamente valutate dal giudice di primo grado come dimostrative della violazione del dovere di fedeltà coniugale da parte del marito, fotografato in un atteggiamento di intimità con una donna che, secondo la comune esperienza, induce a presumere l'esistenza tra i due di una relazione extraconiugale.

Sul merito della questione aveva statuito, inizialmente, il Tribunale che, pronunciandosi sulla separazione personale dei coniugi, addebitava la stessa al marito, ponendo a suo carico l'obbligo di corrispondere un assegno mensile di Euro 200,00, per il mantenimento della figlia maggiorenne. 

La Corte d'appello di Roma confermava le statuizioni relative all'addebito.

Difatti, nel corso dell'istruttoria era emerso che l'uomo aveva violato l'obbligo di fedeltà, posto che dalle risultanze probatorie emergenti dalle citate produzioni fotografiche acquisite agli atti era emerso un atteggiamento di grande intimità con una donna; tale atteggiamento, secondo la comune esperienza, induceva i giudici di merito a presumere che tra i due fosse in corso una relazione extraconiugale.

Il marito, ricorrendo in Cassazione, denunciava violazione o falsa applicazione di norme di diritto in ordine all'addebitabilità della separazione, eccependo come la sentenza impugnata, in assenza di un processo logico valutativo dei fatti contestati, avesse indebitamente proceduto con dichiarazione di addebito.

A tal riguardo, il ricorrente, rilevava come il Tribunale, prima, e la Corte d'Appello, dopo, avessero orientato la decisione di addebito mediante una sopravvalutazione di elementi indiziari, quali le produzioni fotografiche ritraenti il ricorrente in pretesi atteggiamenti intimi con una donna, ancorché il medesimo fosse stato colto solo vicino alla donna in un atteggiamento puramente amicale.

La Cassazione non condivide le tesi difensive del ricorrente. 

 Sul punto, gli Ermellini considerano inammissibile il motivo prospettato in quanto lo stesso – risolvendosi nella sollecitazione di un nuovo accertamento di merito sui presupposti della pronuncia di addebito – impone l'esecuzione di un nuovo accertamento di fatto precluso in sede di legittimità.

Difatti, il ricorrente formula una doglianza che assume un'intonazione puramente motivazionale, che non trova sbocco nell'attuale ricorribilità per cassazione del vizio di motivazione e rimanda unicamente ad una pretesa rivalutazione delle risultanze di fatto del processo estranea ai compiti della Corte di legittimità.

Difatti, l'apprezzamento circa la responsabilità di un coniuge nel determinarsi della intollerabilità della convivenza in ragione della violazione dei doveri matrimoniali è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di motivazione congrua e logica.

Sul punto, la Cassazione specifica che la pronuncia impugnata, con motivazione logica e congrua, ha correttamente valutato le risultanze probatorie emergenti dalle citate produzioni fotografiche, essendo le stesse dimostrative della violazione del dovere di fedeltà coniugale da parte del marito, posto che le stesse mostravano l'uomo in un atteggiamento di intimità con una donna ed erano tali da indurre, secondo la comune esperienza, a presumere l'esistenza tra i due di una relazione extraconiugale.

In conclusione la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

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