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"I topi si stanno mangiando i faldoni sui processi delle stragi del '92 che si trovano al Palazzo di giustizia di Caltanissetta".
È Fiammetta Borsellino, la figlia minore di Paolo Borsellino, il giudice fatto saltare in aria il 19 luglio 1992 a Palermo insieme ai ragazzi della sua scorta, a lanciare durissime accuse al Csm: "Dopo le stragi del '92 il Csm non si è mosso - dice -. C'era chi doveva fare da sentinella rispetto ad un cattivo percorso, che ha visto il coinvolgimento di servizi segreti e omissioni nelle indagini. Ma tutto questo è avvenuto senza che nessuno alzasse un dito".
Insomma, depistaggi coperti: "Come dei cretini non abbiamo saputo riconoscere il depistaggio sulle indagini sulla strage di via D'Amelio". Ma ora "I topi si stanno mangiando i faldoni sui processi delle stragi. Lo stesso tradimento che ha sentito mio padre, e il senso di solitudine che ha sentito anche da parte della sua categoria. Per eseguire gli insegnamenti di mio padre siano scesi in campo pubblicamente. Non ci siano mai tirati indietro neppure quando i pericoli si sono fatti vivi".
La Borsellino ha parlato al convegno di Palermo 'Furti di verità' nel corso del quale ha preso la parola anche Procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato: "All'indomani della strage di via D'Amelio l'allora Procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra chiese a Bruno Contrada, che allora era ai vertici dei Servizi segreti, di aiutarlo nelle indagini, nonostante ci fosse una legge che vietava una collaborazione dei servizi segreti alle indagini - racconta -. Il Sisde dopo essere stato incaricato dal Procuratore Tinebra comincia a indirizzare le note alla Procura della repubblica, tra cui quella del 10 ottobre '92 e punta l'attenzione sul collaboratore di giustizia Scarantino. I giudici hanno ritenuto che Arnaldo La Barbera (che guidava il gruppo investigativo Falcone e Borsellino) aveva trovato una fonte segreta che gli aveva rivelato delle notizie che aveva messo in bocca a Scarantino. La Barbera sapeva quello stesso pomeriggio del 19 luglio del '92 in cui venne ucciso Paolo Borsellino che l'autovettura caricata di esplosivo era una 126 quando invece si seppe ufficialmente solo il 21 luglio". Ed allora, "dobbiamo evitare di cadere in un errore: di concentrare l'attenzione su limiti del passato della magistratura e perdere di vista l'obiettivo inderogabile di individuare i mandanti esterni di via D'Amelio". "Chi chiese al Boss Riina di anticipare la strage Borsellino? Dobbiamo evitare di cadere nello stesso errore. La partita è ancora aperta, come dimostra l'ostinato silenzio di chi sa e tace, come i fratelli Graviano". "La strage non è solo una storia del passato ma attraversa il nostro presente".
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