Sono stati questi i temi al centro di importanti considerazioni rese dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con Sentenza 14 gennaio 2016, n. 85, con cui è stato accolto l´appello proposto da una ditta concorrente ad una pubblica gara e ritenuta con la sentenza di primo grado meritevole di esclusione.
Secondo il Giudice di primo grado, infatti, l´allora ricorrente aveva dimostrato la violazione, da parte della controinteressata, dell´art. 38 co. 1 lett. f), a tenore del quale sono escluse "le imprese che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, (....) hanno commesso un errore grave nell´esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova dalla stazione appaltante". Nel caso di specie, la controinteressata non poteva essere destinataria dell´aggiudicazione definitiva in quanto a tale data non possedeva più il requisito di cui all´art. 38 lett. m) D.Lgs. n. 163 del 2006 e di cui ad una pregressa dichiarazione, dato che il TAR Campania Napoli, sez. I, con sentenza n. 2021/14 aveva rigettato il ricorso che la stessa società aveva intentato avverso la revoca della procedura di gara di cui era risultata, in precedenza, aggiudicataria. Di conseguenza la controinteressata andava esclusa per aver perso il requisito di cui alla lettera m) dell´art. 38, e per precedente falsa dichiarazione, essendo stata destinataria di una risoluzione contrattuale da parte del Comune.
I giudizi di palazzo Spada sono però stati di avviso contrario.
L´esclusione ritenuta dal Tribunale è stata fondata, come risulta chiaro dall´esposizione che precede, sulla circostanza fattuale della risoluzione di un precedente contratto di appalto con il Comune di Casola a seguito della presentazione di una falsa dichiarazione in sede di gara.
Il Collegio, quindi, si è soffermato a riflettere su come, ai sensi dell´articolo 38, comma 1, del D.Lgs. n. 163 del 2006, la risoluzione del contratto per falsa dichiarazione e la produzione di una falsa dichiarazione possano rilevare ai fini dell´esclusione dalla procedura di gara.
Premettendo che esse non rilevano ai sensi della lettera m) del richiamato comma 1 (dato che la norma si riferisce ai soggetti "nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all´articolo 9, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 o altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione compresi i provvedimenti interdittivi di cui all´art. 36 bis, comma 1, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223..."), ha rilevato il CdS l´inesistenza, agli atti di altre sanzioni irrogate nei confronti della società appellante.
Quanto, poi, alla falsa dichiarazione, essa è motivo di esclusione se resa direttamente nella gara di cui trattasi, mentre, quando essa sia stata posta in essere in altra e diversa procedura di gara, può rilevare quale ragione di esclusione ai sensi della lett. h) dell´articolo 38 del Codice.
Ciò, in quanto vi sia l´iscrizione nel casellario informatico, la quale consegue, ai sensi del comma 1 ter della norma, ad una valutazione dell´Autorità sull´esistenza del dolo o della colpa grave e sulla gravità dei fatti, ma che nella specie difetta, al pari di condanna penale definitiva (per reato incidente sulla moralità professionale dell´operatore), non potendosi quindi configurare la fattispecie espulsiva prevista dalla lettera c) del comma 1 dell´articolo 38.
Infine, quanto alla riconducibilità della risoluzione del contratto con il Comune di Casola per falsa dichiarazione e la falsa dichiarazione medesima alla fattispecie espulsiva prevista dalla lettera f) della norma, in termini di errore grave nell´esercizio dell´attività professionale, così come ritenuto dal giudice di primo grado, ha rilevato il Giudice d´appello che, a prescindere dalla questione della astratta riconducibilità di tale fatto (falsa dichiarazione) nell´ambito della fattispecie del grave errore nell´esercizio dell´attività professionale, nella specie il giudice di primo grado abbia errato nell´applicare la sanzione espulsiva prevista dalla norma.
Infatti, riprendendo il dato testuale della disposizione ("Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure....i soggetti:...f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell´esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell´esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante"), il Consiglio ha concluso che "la grave negligenza o malafede o l´errore grave nell´esercizio dell´attività professionale, risultando il frutto di valutazione di determinate vicende, non siano fattispecie oggettivamente rilevanti e, come tali, direttamente accertabili dal giudice", ma che "devono in primo luogo essere ritenute tali dalla stazione appaltante, all´esito di una valutazione dei fatti (di natura discrezionale), la quale, ove conduca ad un esito di sussistenza della fattispecie espulsiva, deve essere assistita da adeguata motivazione", da ciò discendendo che l´intervento del giudice non può svolgersi direttamente sulla esistenza della fattispecie espulsiva, trattandosi invece di un controllo parametrico esterno sulla valutazione compiuta in proposito dall´amministrazione, in termini di logicità e ragionevolezza della stessa.
Da qui l´accoglimento dell´appello, essendosi il giudice di primo grado sostituito all´amministrazione compiendo direttamente la valutazione di sussistenza della causa espulsiva, che l´amministrazione aveva invece escluso procedendo all´aggiudicazione della gara.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6267 del 2015, proposto da:
T. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Gianni´ e Gennaro Terracciano, con domicilio eletto presso Gennaro Terracciano in Roma, largo Arenula, 34;
contro
I. S.r.l., rappresentata e difesa dall´avv. Luigi Adinolfi, con domicilio eletto presso Cons. di Stato, Segreteria, in Roma, p.za Capo di Ferro, 13;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provv.to Interregionale OO.PP. Campania e Molise, Comune di Cervino;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 03378/2015, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di igiene urbana, spazzamento, raccolta e trasporto a discarica dei rifiuti del Comune di Cervino.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l´atto di costituzione in giudizio di I. S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell´udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Cons. Francesco Mele e uditi per parte attrice l´avvocato Di Bonito su delega dell´avvocato Terracciano;
Svolgimento del processo
Con sentenza resa ai sensi dell´articolo 60 c.p.a., n. 3378/2015 del 25-6-2015, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) accoglieva il ricorso proposto dalla I. s.r.l. ed annullava il decreto di aggiudicazione definitiva n. 11275 del 1 aprile 2015, emesso in favore della T. s.r.l., relativo alla gara per il servizio di raccolta e trasporto a discarica dei rifiuti del Comune di Cervino.
La predetta sentenza esponeva in fatto quanto segue.
"La società ricorrente ha impugnato il decreto di aggiudicazione definitiva, in favore della T. s.r.l., della gara per il servizio di raccolta e trasporto a discarica dei rifiuti del Comune di Cervino (importo a base di gara 2.923.708, 26 oltre IVA), da aggiudicarsi con il prezzo più basso. Sul punto ha prospettato i seguenti vizi del provvedimento: 1) violazione art. 5 del disciplinare di gara: la T. avrebbe dovuto essere esclusa in quanto non in possesso del Certificato del Sistema di Gestione della Responsabilità Sociale secondo lo standard SA8000, ma del riconoscimento provvisorio del medesimo (applicant). Sul punto essa avrebbe reso quindi anche una falsa o quanto meno erronea dichiarazione. 2) violazione dell´art.7 del disciplinare di gara e dell´art. 38 comma 1 del codice dei contratti - difetto di motivazione - violazione art. 3 L. n. 241 del 1990: la T. avrebbe dichiarato in sede di gara la sussistenza di una precedente rescissione contrattuale con il Comune di Casola per un falso dichiarato in sede di gara, ma la SUAP non aveva tenuto la cosa in considerazione e non aveva motivato sul punto. 3) violazione dell´art. 7 del disciplinare e dell´art. 38 lett. m) cod. contratti - difetto di motivazione. Al momento dell´aggiudicazione definitiva la T. non possedeva più il requisito di cui all´art. 38 lett. m) cod. contratti e di cui alla dichiarazione del 12-2-2014, essendo stata destinataria della risoluzione contrattuale di cui sub 1) contro la quale aveva intentato un ricorso che era stato perso. Per la medesima ragione era stata esclusa in altra gara, anche questa oggetto di contenzioso non andato a buon fine. Si è costituita l´Amministrazione, senza spiegare difese, e la controinteressata, quest´ultima confutando i motivi di ricorso".
Avverso la prefata sentenza di accoglimento la T. s.r.l. ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendo l´integrale riforma della decisione di prime cure, con conseguente rigetto del ricorso di primo grado.
Ha affidato il gravame ai seguenti motivi: 1) Erroneità della sentenza nella parte in cui, muovendo dal presupposto che il certificato SA8000 era previsto a pena di esclusione e che la ricorrente dichiarava di possederlo mentre invece possedeva quello proprio della fase propedeutica, ha sentenziato l´esclusione per violazione della legge di gara, e perché comunque la ricorrente avrebbe reso una dichiarazione non veritiera - Violazione e/o falsa applicazione dell´art. 43, comma 1, D.P.R. n. 445 del 2000, così come modificato dalla novella contenuta nell´art. 15 L. n. 183 del 2011 - Violazione e/o falsa applicazione del criterio sostanzialista che l´art. 43 del Codice, in combinato disposto con il successivo art. 46, comma 1 bis, e l´orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato espresso nella sentenza n. 5375/2013, fissano in tema di possesso dei requisiti qualitativi dei processi organizzativi dell´azienda; 2) Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 38, co.1, lett. f) del Codice in relazione alla riserva di potestà amministrativa, avendo il giudice formulato direttamente e con efficacia immediata e vincolante gli apprezzamenti e gli accertamenti demandati all´Amministrazione e/o sostituendosi ad essa in detti apprezzamenti e accertamenti in difetto di vizi sintomatici di eccesso di potere - erroneità della sentenza per eccesso di potere cognitivo del giudice ai danni dell´amministrazione- Erroneità della sentenza per superamento della regola della stessa propria cognizione; 3) Macroscopica erroneità della pronuncia di primo grado per avere il Giudice fatto diretta applicazione di un motivo ostativo (art. 38, co.1 lett. m) del D.Lgs. n. 163 del 2006) nonostante la radicale insussistenza del fatto; 4) Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell´art. 38, co.1 lett. f) del D.Lgs. n. 163 del 2006 per aver fatto richiamo ad una sentenza del Tar riguardante diverso soggetto giuridico - Erroneità per violazione e/o falsa applicazione dell´art. 38 , co.1 lett. f) citato, in relazione alla riserva di potestà amministrativa, avendo il giudice formulato direttamente e con efficacia immediata e vincolante gli apprezzamenti e le valutazioni riservate alla stazione appaltante e sostituendosi ad essa in detti apprezzamenti -Erroneità della sentenza per eccesso di potere cognitivo del giudice ai danni dell´amministrazione.
Si è costituita in giudizio la società I. s.r.l., deducendo l´infondatezza dell´appello e chiedendone il rigetto.
L´appellante ha prodotto documentazione.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all´udienza del 17-12-2015.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la società appellante deduce: Erroneità della sentenza nella parte in cui, muovendo dal presupposto che il certificato SA8000 era previsto a pena di esclusione e che la ricorrente dichiarava di possederlo mentre invece possedeva quello proprio della fase propedeutica, ha sentenziato l´esclusione per violazione della legge di gara, e perché comunque la ricorrente avrebbe reso una dichiarazione non veritiera - Violazione e/o falsa applicazione dell´art. 43, comma 1, D.P.R. n. 445 del 2000, così come modificato dalla novella contenuta nell´art. 15 L. n. 183 del 2011 - Violazione e/o falsa applicazione del criterio sostanzialista che l´art. 43 del Codice, in combinato disposto con il successivo art. 46, comma 1 bis, e l´orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato espresso nella sentenza n. 5375/2013, fissano in tema di possesso dei requisiti qualitativi dei processi organizzativi dell´azienda.
Rileva l´erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la T. avrebbe dovuto essere esclusa avendo reso una falsa dichiarazione in ordine al possesso del Certificato del Sistema di Gestione della Responsabilità Sociale.
Deduce al riguardo che non può ritenersi che la dichiarazione resa fosse falsa, avendo essa allegato il certificato che attestava la condizione di Applicant, in tal modo fornendo all´amministrazione ogni elemento per valutare la sussistenza del requisito.
Inoltre, la stazione appaltante, non disponendo l´esclusione del concorrente, aveva fatto corretta applicazione del combinato disposto degli artt. 43, comma 1 e 46, comma 1 bis del Codice.
L´amministrazione, invero, come emerge dal rapporto difensivo inviato all´Avvocatura e dalla allegata documentazione, aveva avviato gli accertamenti presso la società CISE e concluso, in relazione ai chiarimenti ottenuti, per il possesso del requisito richiesto.
Tali requisiti emergevano, d´altra parte, anche dalle seguenti circostanze: avendo sede legale in Italia, la società era soggetta alla relativa stringente legislazione; essa aveva allegato alla domanda il Codice Etico dalla stessa sottoscritto, che garantisce il rispetto delle norme sull´etica e la responsabilità sociale; era, inoltre, in possesso delle certificazioni OHSAS 18000 e ISO 14000, nonché del "Certificato n. 618" rilasciato dal "Network Lavoro Etico", concernenti la sicurezza, la salute dei lavoratori e la qualità ambientale.
Citava giurisprudenza di questo Consiglio (sez. V, n. 5375 del 2013), da cui emergeva che il possesso della richiamata certificazione non era causa tassativa di esclusione.
Il motivo di appello è fondato.
La gravata sentenza così motiva sul punto.
"Con riguardo al primo motivo, non è in contestazione la circostanza che la società aggiudicataria fosse in possesso solo in via provvisoria e non definitiva (cd. stato di applicant) del Certificato del Sistema di Gestione della Responsabilità Sociale secondo lo standard SA8000, bensì l´ulteriore fatto che sul punto vi sia stata una sua dichiarazione mendace: infatti la T. il 12 febbraio 2014 aveva autocertificato di possedere detta attestazione (cfr. doc.8 prod. ricorrente). Vale pertanto il principio più volte affermato in giurisprudenza che nelle gare pubbliche una dichiarazione falsa o incompleta resa dall´impresa partecipante è di per se stessa lesiva degli interessi considerati dalla normativa, a prescindere dal fatto che nella sostanza essa possa avere i requisiti per partecipare alla gara, atteso che il comportamento della stazione appaltante dinanzi all´osservanza dell´obbligo imposto in materia è vincolato alla verifica dell´adempimento, senza che possa attribuirsi rilievo alcuno al fatto che i requisiti da comprovare fossero in effetti posseduti (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 9 marzo 2015, n. 1170)".
Ciò posto, le doglianze mosse dall´appellante sono condivise dalla Sezione.
Il giudice di primo grado ha fondato l´accoglimento del ricorso non sulla insussistenza del requisito sostanziale richiesto per la partecipazione alla gara, ma sulla avvenuta presentazione di una dichiarazione mendace in proposito.
La T., invero, in possesso del mero stato di applicant, avrebbe falsamente autocertificato di possedere il Certificato del Sistema di Gestione della Responsabilità sociale secondo lo standard SA 8000.
Ritiene, peraltro, il Collegio che nella specie non sussista la ritenuta dichiarazione mendace.
Va, invero, in primo luogo osservato che il disciplinare di gara non prevedeva espressamente, in relazione a tale certificato, la produzione di autocertificazione, bensì la presentazione del documento (da inserire nella "Busta A- Documentazione Amministrativa").
Orbene, la società appellante nella domanda di partecipazione del 12-2-2014 ha certamente dichiarato di essere titolare della certificazione, ma, conformemente alle disposizioni della lex specialis di gara, ha anche prodotto il certificato in suo possesso e, nello specifico, il certificato attestante lo stato di Applicant SA 8000.
In particolare, la suddetta dichiarazione è così formulata: "DICHIARA ....di essere in possesso del certificato di Gestione della Responsabilità Sociale secondo lo standard SA 8000 (cui si allega)...". Orbene, risulta evidente che in tale situazione non vi sia una dichiarazione mendace, atteso che il concorrente ha allegato alla stessa (in tal modo adempiendo allo specifico obbligo di gara) il certificato in suo possesso.
Il contenuto della dichiarazione viene così a qualificarsi, in termini sostanziali, in relazione al documento ad essa allegato, specificando e chiarendo quest´ultimo il contenuto della dichiarazione resa.
D´altra parte, sotto un primo profilo, va evidenziato che la dichiarazione ha la finalità di sostituire la certificazione non prodotta, onde è evidente che, laddove sia direttamente presentato il documento richiesto, è quest´ultimo che prevale ed in ogni caso la sua allegazione integra e specifica il significato e la portata della dichiarazione, la quale va necessariamente riferita ed intesa quale relativa all´atto concretamente prodotto (che nella dichiarazione è espressamente citato quale termine di riferimento della stessa).
Sotto altro profilo, va poi osservato che l´allegazione del documento consente alla stazione appaltante di verificare in concreto il possesso del requisito e la effettiva portata di quanto dichiarato.
Si è, pertanto, di fronte ad una situazione nella quale il concorrente ha correttamente prospettato alla stazione appaltante tutti gli elementi oggettivi relativi al possesso del requisito, onde non può assolutamente essere configurata la sussistenza di una prospettazione di fatti non rispondenti a vero, presupposto necessario ad integrare la dichiarazione mendace.
La ritenuta insussistenza di una dichiarazione mendace è sufficiente all´accoglimento del primo motivo di appello ed alla riforma sul punto della sentenza gravata.
Quanto, poi, al possesso effettivo e sostanziale del requisito, va evidenziato che il Tribunale non si è pronunziato nel senso della sua insussistenza, limitandosi ad affermare che "non è in contestazione la circostanza che la società aggiudicataria fosse in possesso solo in via provvisoria e non definitiva (cd. stato di applicant) del Certificato del sistema di Gestione della Responsabilità Sociale", rilevandosi pure che le relative doglianze (avanzate nel ricorso di primo grado), nella parte in cui non sono state affrontate dal Giudice di I gr., non risultano essere state riproposte in sede di appello da parte della società I. s.r.l..
In ogni caso, va evidenziato che l´articolo 43 del Codice, in tema di "Norme di garanzia della qualità", prevede la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare la relativa ottemperanza da parte dell´operatore economico, ma esso dispone altresì che le stazioni appaltanti "ammettono parimenti altre prove relative all´impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità prodotte dagli operatori economici".
Da tanto consegue che il mancato possesso del certificato definitivo non poteva comunque essere causa diretta di esclusione dell´impresa, dovendo invece la stazione appaltante procedere alla verifica in concreto del possesso sostanziale del requisito, attraverso la verifica delle misure di garanzia della qualità adottate dalla stessa.
Può a questo punto procedersi alla disamina degli altri motivi di appello.
Con il secondo motivo la T. lamenta: Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 38, co.1, lett. f) del Codice in relazione alla riserva di potestà amministrativa, avendo il giudice formulato direttamente e con efficacia immediata e vincolante gli apprezzamenti e gli accertamenti demandati all´Amministrazione e/o sostituendosi ad essa in detti apprezzamenti e accertamenti in difetto di vizi sintomatici di eccesso di potere - erroneità della sentenza per eccesso di potere cognitivo del giudice ai danni dell´amministrazione - Erroneità della sentenza per superamento della regola della stessa propria cognizione.
Deduce in sostanza che erroneamente la sentenza, in relazione alla subita rescissione del contratto con il Comune di Casola a seguito di una falsa dichiarazione, avrebbe compiuto direttamente la valutazione di gravità del fatto (incidente sull´elemento fiduciario); tale valutazione spetta, invece, alla stazione appaltante, la quale nella vicenda in esame non aveva evidentemente ritenuto tale gravità, procedendo alla aggiudicazione della gara.
Illegittimamente, dunque, il Tribunale si sarebbe sostituito alla pubblica amministrazione in una valutazione che era propria di quest´ultima.
Con il terzo motivo la società lamenta la macroscopica erroneità della pronuncia di primo grado per avere il Giudice fatto diretta applicazione di un motivo ostativo (art. 38, co.1 lett. m) del D.Lgs. n. 163 del 2006) nonostante la radicale insussistenza del fatto.
Con il quarto motivo denunzia: Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell´art. 38, co.1 lett. f) del D.Lgs. n. 163 del 2006 per aver fatto richiamo ad una sentenza del Tar riguardante diverso soggetto giuridico - Erroneità per violazione e/o falsa applicazione dell´art. 38 , co.1 lett. f) citato in relazione alla riserva di potestà amministrativa avendo il giudice formulato direttamente e con efficacia immediata e vincolante gli apprezzamenti e le valutazioni riservate alla stazione appaltante e sostituendosi ad essa in detti apprezzamenti -Erroneità della sentenza per eccesso di potere cognitivo del giudice ai danni dell´amministrazione.
In particolare la T. censura la sentenza del Tar per aver fatto richiamo ad un precedente del Tribunale (sent. n.2174/2015), che aveva ritenuto la legittimità dell´esclusione per il medesimo motivo in altra procedura di appalto. Tale richiamo non era corretto in quanto la sentenza citata era riferita a soggetto giuridico diverso (B.A. s.r.l.), avente compagine societaria solo parzialmente coincidente con quella della T.. In ogni caso il giudice, come già evidenziato nel secondo motivo di appello, si sarebbe sostituito all´Amministrazione in una valutazione ad essa riservata.
I motivi di appello secondo, terzo e quarto possono essere esaminati congiuntamente ed essi, a giudizio della Sezione, sono fondati.
La sentenza di primo grado così motiva sul punto.
"Sono fondati pure gli ulteriori due motivi di ricorso, posto che la ricorrente ha effettivamente dimostrato la violazione, da parte della controinteressata, dell´art. 38 co. 1 lett. f) (sono escluse le imprese che , secondo motivata valutazione della stazione appaltante, (....) hanno commesso un errore grave nell´esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova dalla stazione appaltante". Orbene, nel caso di specie la controinteressata non poteva essere destinataria dell´aggiudicazione definitiva in quanto a tale data non possedeva più il requisito di cui all´art. 38 lett. m) D.Lgs. n. 163 del 2006 e di cui alla dichiarazione del 12-2-2014, posto che il 9 aprile 2014 il TAR Campania Napoli, sez. I, con sentenza n. 2021/14 ha rigettato il ricorso che la stessa società aveva intentato avverso la revoca della procedura di gara di cui era risultata, in precedenza, aggiudicataria. Di conseguenza la controinteressata andava esclusa per aver perso il requisito di cui alla lettera m) dell´art. 38, e per precedente falsa dichiarazione, essendo stata destinataria di una risoluzione contrattuale da parte del Comune di Casola. La ricorrente ha dimostrato che in una analoga procedura di gara la controinteressata è stata esclusa per il medesimo motivo (Tar Campania Napoli, sentenza n. 2174 del 16 aprile 2015)..." .
Le doglianze articolate dall´appellante sono condivise dalla Sezione per le ragioni che di seguito si espongono.
L´esclusione ritenuta dal Tribunale viene fondata sulla circostanza fattuale della risoluzione di un precedente contratto di appalto con il Comune di Casola a seguito della presentazione di una falsa dichiarazione in sede di gara.
La disamina dell´appello impone, pertanto, brevi considerazioni su come, ai sensi dell´articolo 38, comma 1, del D.Lgs. n. 163 del 2006, la risoluzione del contratto per falsa dichiarazione e la produzione di una falsa dichiarazione possano rilevare ai fini dell´esclusione dalla procedura di gara.
Va in primo luogo evidenziato che esse non rilevano ai sensi della lettera m) del richiamato comma 1.
La norma si riferisce ai soggetti "nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all´articolo 9, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 o altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione compresi i provvedimenti interdittivi di cui all´art. 36 bis, comma 1, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223...".
Orbene, nella vicenda in esame non risulta che siano state irrogate nei confronti della società appellante le sanzioni previste dalla citata disposizione.
Quanto, poi, alla falsa dichiarazione, va in primo luogo rilevato che essa è motivo di esclusione se resa direttamente nella gara di cui trattasi.
Invece, quando essa sia stata posta in essere in altra e diversa procedura di gara, può rilevare quale ragione di esclusione ai sensi della lett. h) dell´articolo 38 del Codice.
Tuttavia, a tali fini è necessaria l´iscrizione nel casellario informatico, la quale consegue, ai sensi del comma 1 ter della norma, ad una valutazione dell´Autorità sull´esistenza del dolo o della colpa grave e sulla gravità dei fatti.
Orbene, nella fattispecie concreta oggetto di causa non emerge dagli atti che la falsa dichiarazione resa al Comune di Casola abbia dato luogo ad iscrizione nel casellario informatico.
Allo stesso modo, non risulta che essa abbia dato luogo a condanna penale definitiva (per reato incidente sulla moralità professionale dell´operatore), solo in tal modo potendo configurarsi la fattispecie espulsiva prevista dalla lettera c) del comma 1 dell´articolo 38.
Deve a questo punto essere esaminata la riconducibilità della risoluzione del contratto con il Comune di Casola per falsa dichiarazione e la falsa dichiarazione medesima alla fattispecie espulsiva prevista dalla lettera f) della norma, in termini di errore grave nell´esercizio dell´attività professionale, così come ritenuto dal giudice di primo grado.
Orbene, a prescindere dalla questione della astratta riconducibilità di tale fatto (falsa dichiarazione) nell´ambito della fattispecie del grave errore nell´esercizio dell´attività professionale, ritiene la Sezione che nella specie il giudice di primo grado abbia errato nell´applicare la sanzione espulsiva prevista dalla norma.
Essa prevede che "Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure....i soggetti:...f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell´esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell´esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante".
Per come emerge chiaramente dalla lettera della disposizione, la sussistenza del presupposto espulsivo richiede una "motivata valutazione" della stazione appaltante.
Ciò significa che la grave negligenza o malafede o l´errore grave nell´esercizio dell´attività professionale, risultando il frutto di valutazione di determinate vicende, non siano fattispecie oggettivamente rilevanti e, come tali, direttamente accertabili dal giudice.
Esse devono in primo luogo essere ritenute tali dalla stazione appaltante, all´esito di una valutazione dei fatti (di natura discrezionale), la quale, ove conduca ad un esito di sussistenza della fattispecie espulsiva, deve essere assistita da adeguata motivazione.
Regolando, poi, una causa di esclusione, la disposizione riferisce l´obbligo di motivazione alla ritenuta esistenza della stessa, non risultando invece necessaria l´esternazione delle ragioni tutte le volte in cui la valutazione dei fatti operata dall´amministrazione non conduca a ritenere configurabili la grave negligenza o malafede o il grave errore professionale.
Dalla predetta rilevanza del fatto in termini espulsivi solo per effetto di una motivata valutazione della stazione appaltante e dal carattere discrezionale di tale valutazione discende che l´intervento del giudice non può svolgersi direttamente sulla esistenza della fattispecie espulsiva, trattandosi invece di un controllo parametrico esterno sulla valutazione compiuta in proposito dall´amministrazione, in termini di logicità e ragionevolezza della stessa.
Ciò posto, colgono nel segno le censure di parte appellante, laddove lamentano che il giudice di primo grado si è sostituito all´amministrazione compiendo direttamente la valutazione di sussistenza della causa espulsiva, che l´amministrazione aveva invece escluso procedendo all´aggiudicazione della gara.
L´accoglimento del ricorso di primo grado, invero, è fondato direttamente sulla impossidenza del requisito di cui all´articolo 38 e non anche su di un rilevato eccesso di potere per irragionevolezza o illogicità della contraria valutazione operata dall´amministrazione.
In sostanza, il Tribunale non ha effettuato il controllo di legittimità "esterno", proprio del vizio di eccesso di potere, ma ha operato esso stesso, direttamente, la valutazione spettante alla stazione appaltante.
Sotto altro profilo, non ritiene la Sezione configurabile, nella valutazione di insussistenza della causa espulsiva operata con l´aggiudicazione (sulla non necessità di un obbligo di motivazione sul punto si è già detto in precedenza), profili di manifesta illogicità o irragionevolezza.
Valgono in proposito la considerazione che l´errore (in quanto riferibile ad una falsa dichiarazione sul possesso di un requisito in sede di partecipazione ad una gara) non sarebbe propriamente riferito all´esercizio dell´attività professionale o all´esecuzione delle prestazioni, nonché i rilievi esposti dall´amministrazione in sede difensiva, secondo cui il requisito del quale si lamentava la falsa dichiarazione era richiesto dalla specifica legge di gara dell´altra procedura e non era comunque rilevante nella gara oggetto di aggiudicazione alla T..
Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, deve ritenersi la fondatezza dell´appello.
Di conseguenza, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 3378/2015 del 25-6-2015 deve essere riformata, con conseguente rigetto del ricorso di primo grado.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, in considerazione della natura squisitamente interpretativa delle questioni agitate in giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l´effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 3378/2015 del 25-6-2015, rigetta il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l´intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Francesco Mele, Consigliere, Estensore
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