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Esonero dal lavoro notturno anche per chi assiste un familiare con disabilità non grave.

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 Ai fini dell'esonero dall'obbligo di prestare lavoro notturno per particolari esigenze familiari e assistenziali ex  art. 11, co. 2, lett. c) del D.Lgs. 66/2003 e art. 53, co. 3 del D.Lgs. n. 151/2001, è sufficiente che il lavoratore presti assistenza ad un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni, ossia ad una persona che presenti una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. La connotazione di gravità di cui al successivo comma 3 ha, invece, carattere ulteriore ed aggiuntivo ed è ininfluente ai fini dell'esonero in parola.

Cassazione, ordinanza del 10 maggio 2023, n. 12649 (massima non ufficiale).


Secondo uno studio condotto nel 2020 da alcune associazioni sindacali maggiormente rappresentative, i lavoratori italiani che svolgono lavoro notturno (ossia un'attività lavorativa svolta nell'arco di tempo di almeno sette ore consecutive nell'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino) sono circa tre milioni.

L'estensione dell'orario produttivo delle aziende è, infatti, un fenomeno in espansione e non più limitato ad alcuni, tradizionali, settori, come l'industria ed i servizi alla persona.

La prestazione di lavoro notturno rappresenta un obbligo per chi ne sia richiesto, tuttavia, poiché è considerato usurante, il suo espletamento è subordinato al possesso da parte del lavoratore della relativa idoneità, certificata dagli organi e dagli enti di controllo.

La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve essere effettuata a spese ed iniziativa del datore di lavoro, attraverso controlli preventivi e periodici.

Le condizioni di salute del lavoratore non esauriscono, però, il novero dei casi in cui non è possibile per il datore di lavoro imporre un turno di lavoro notturno.

La legge prevede particolari categorie di soggetti che godono di specifiche tutele e, tra queste, vi sono i lavoratori che assistono familiari con disabilità: secondo quanto previsto sia dal comma 3 dell'art. 53 del D.Lgs. n. 151/2001, (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), che dall'art. 11, comma 2, del D.Lgs. 66/2003. il lavoro notturno non deve essere obbligatoriamente prestato dalla lavoratrice o dal lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio1992,n.104,e successive modificazioni.

Sui requisiti necessari per beneficiare dell'esonero dal lavoro notturno conformemente ai citati artt. 53, co. 3, del D.Lgs. n. 151/2001 e 11 comma 2, del D.Lgs. 66/2003, si è formata una prassi amministrativa basata su circolari interpretative dell'INPS e del Ministero del lavoro, prassi che ha ancorato l'esonero dal lavoro notturno del lavoratore che assiste un familiare disabile alla sussistenza dell'ulteriore requisito della gravità della disabilità.

Riguardo a tale ultima prassi, la Cassazione, con l'ordinanza n. 12649 del 10 maggio scorso, in applicazione del risalente canone ermeneutico secondo cui "ubi lex voluit dixit, ubi nuluit tacuit", ha affermato che, laddove il legislatore avesse voluto subordinare la concessione del beneficio dell'esonero dal lavoro notturno all'esistenza di una situazione di handicap grave, lo avrebbe espressamente richiesto, come del resto ha fatto nel caso dei permessi giornalieri e mensili o per i limiti al trasferimento.


Il caso.

La dipendente di una società di servizi si rivolgeva al giudice per chiedere il riconoscimento del  diritto a non prestare il lavoro notturno sino a quando avesse avuto a suo carico la madre disabile.

La domanda veniva accolta e la sentenza di primo grado veniva confermata anche in appello.

In particolare, la Corte territoriale, condividendo l'interpretazione fornita dal giudice del primo grado, affermava che, ai fini del riconoscimento dell'esonero dal lavoro notturno, il soggetto assistito non dovesse versare in una condizione di disabilità grave.

La società datrice ricorreva, perciò, in Cassazione per violazione di legge, ritenendo l'accertamento dello stato di gravità dell'handicap requisito imprescindibile ai fini del riconoscimento dell'esenzione dal lavoro notturno. 


La decisione della Cassazione.

La suprema Corte, muovendo dal dato testuale sia dell'art. 11, co. 2, lett. c) del D.Lgs. 66/2003 che dell'art. 53, co. 3 del D.Lgs. n. 151/2001, ha affermato che per fruire dell'esonero dall'obbligo di prestare lavoro notturno è sufficiente che l'assistenza sia prestata in favore di un soggetto disabile ai sensi del comma 1, dell'art. 3, L. 104/92, dovendosi reputare l'ulteriore requisito della gravità della menomazione, previsto dal successivo comma 3 del medesimo articolo, una caratteristica ulteriore ed aggiuntiva e, dunque, come connotato estraneo alla definizione di disabilità valevole per giovarsi del beneficio in questione.

Tale conclusione, secondo i giudici di legittimità, è l'unica compatibile con l'esigenza di tutela del disabile così come emergente dall'art. 3 della Carta Costituzionale, dall'art. 26 della Carta di Nizza e dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006, sui diritti dei disabili, ratificata con legge n. 18 del 2009.

Del resto, tale medesima esigenza, ha ricordato la Cassazione, ha ispirato tutti i precedenti giurisprudenziali che, al di là di ogni condizionamento derivante dal mancato accertamento di uno status o da preclusioni collegate all'inesistenza di un provvedimento formale, hanno vietato il trasferimento senza il consenso del lavoratore che assista con continuità un familiare disabile convivente, ciò anche quando la disabilità del familiare non si configurava come grave, sebbene, in tale ipotesi, invece, la situazione di gravità sia testualmente richiesta con esplicito rinvio proprio al comma 3, dell'art. 3, L. 104/92 citato. 

Via libera, dunque, al divieto di lavoro notturno anche in presenza di una disabilità non grave.

 

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