La difesa dell´imputato, titolare di un supermercato, aveva promosso il ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che aveva confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale per essere stato riconosciuto colpevole per la commissione del reato di cui all´art. 515 c.p.nella forma di tentativo.
Il titolare del supermercato aveva impartito ad alcuni suoi dipendenti direttive per cancellare dall´ etichetta di numerose confezioni contenenti prodotti ortofrutticoli destinati alla vendita, la data di scadenza effettiva, senza però sostituirla con altra data apparentemente idonea.
La difesa, facendo leva su tale circostanza, impugnava la sentenza della Corte territoriale avanti la Cassazione sostenendo che nel caso di specie non si sarebbe potuto configurare il reato contestato, neppure nella forma del tentativo, poiché quanto accertato, poteva solamente configurarsi come atti preparatori e quindi assolutamente irrilevanti ai fini penali.
Infatti, sosteneva la difesa, l´imputato, non avendo sostituito la data con altra idoena, non avrebbe messo in atto tentativi finalizzati ad ingannare l´acquirente.
I giudici della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione non hanno condiviso la linea difensiva del ricorrente, rigettando così il ricorso.
Gli stessi infatti dopo aver ricostruito l´ipotesi del reato di frode in commercio, sotto l´aspetto della condotta e dei suoi elementi costitutivi previsti dall´art 515 c.p., si sono soffermati sul caso in esame. Nella fattispecie era emerso che: l´imputato aveva alcuni mesi primi provveduto ad acquistare un quantitativo di prodotti alimentari confezionati con una data ancora valida ma prossima alla scadenza; l´imputato aveva dato ordini ai suoi dipendenti di procedere come in effetti poi è stato fatto, di cancellare la data di scadenza; infine era stato accertato che ancora non si era materializzato l´atto di vendita, non vi era stata la c.d traslatio della merce all´acquirente.
Queste circostanze, da sole, hanno affermato i giudici di legittimità, sono sufficienti, "per potere ritenere sussistenti quegli atti idonei diretti in modo non equivoco alla commissione del reato in questione, atteso che ci si trova di fronte ad un´ipotesi tipica di tentativo incompiuto in cui cioè sono stati posti in essere da parte dell´agente atti preparatori per la realizzazione del reato, valorizzabili nella loro rilevanza penale in ragione della indubbia univoca loro direzione verso la realizzazione della condotta tipica, mancata quest´ultima per fatto del tutto indipendente dalla volontà dell´agente (nel senso della integrazione del tentativo di frode in commercio in una fattispecie quale quella ora in questione: Corte di cassazione, Sezione 3^ penale 9 marzo 2011, n. 9276; idem Sezione 3^ penale, 25 novembre 2010, n. 41758; idem Sezioni unite penali, 21 dicembre 2000, n. 28)".
Per tali ragioni il ricorso è stato dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende, oltre al pagamento in favore della parte civile costituita Associazione ADOC Napoli e Campania delle spese sostenute nel grado e liquidate in complessivi Euro 3.500,00, oltre accessori di legge.
Si allega sentenza