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Indebito uso del telefono aziendale con costi a carico datore: "Licenziamento legittimo" dice la Cassazione

Che lo si sappia. Durante l´orario di lavoro, la telefonata privata si configura come eccezione, ed è in ogni caso espressamente vietata - salvo la ricorrenza di esimenti - nel caso in cui i relativi costi del traffico telefonico siano a carico del datore di lavoro. In casi estremi, come quelli conclusi con la pronuncia odiernamente in commento, un abuso può costare caro, e condurre il lavoratore imprudente, è un po´ spregiudicato, dritto fino alla porta d´uscita. il licenziamento, in tali casi è legittimo.



I giudici della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 3315 del 12 febbraio 2018 hanno stabilito che è legittimo il licenziamento del lavoratore che dicendosi stressato dal comportamento del proprio datore di lavoro si era reso responsabile di numerosissime telefonate effettuate col telefono dell´azienda con un danno a carico di quest´ultima di circa 8.000,00 euro.

I Fatti
La Corte di Appello di Roma aveva provveduto a confermare la sentenza emessa dal Tribunale di Roma con la quale era stato rigettato il ricorso con cui veniva impugnato il licenziamento per giusta causa subito da un dipendente di una importante società per azioni. Al lavoratore era stato contestato di aver compiuto una lunghissima serie di telefonate verso numerazioni non geografiche a valore aggiunto, traffico telefonico, non consentito e non autorizzato, utilizzandola linea dedicata al fax del reparto cui era addetto con un costo di oltre 8.000,00 euro per la società.
Avverso la sentenza della Corte di Appello il lavoratore proponeva ricorso per cassazione deducendo tre motivi.



Motivi della decisione
Col primo motivo il ricorrente denunciava la violazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 2106 cod. civ. e dell´art. 15 L. n. 604/66 ex art. 360 n. 3 cod. civ. Proc., in quanto il giudice di appello non avrebbe considerato che in ipotesi simili la Corte di Cassazione (Cass. n. 23107/2008) aveva escluso il licenziamento perché l´aveva considerato una sanzione sproporzionata al fatto addebitato.
Secondo i giudici di legittimità il motivo proposto dal ricorrente è infondato in quanto solleva censure di merito dirette ad una rivalutazione del "fatto" e come tale inammissibile perché estranea alla valutazione del giudice di legittimità ex art. 360 n. 5 cpc.
Con il secondo motivoil ricorrente denunciava la nullità del procedimentoper totale mancanza di istruttoria ex art. 360 n. 1 cod. civ. proc. perchè il giudice di merito non aveva ammessa una prova richiesta dal ricorrente al fine di attestare la fragilità psicologica del lavoratore.
I giudici di legittimità hanno ritenuto infondato il secondo motivo in quanto la valutazione circa l´ammissibilità delle prove articolate dalle parti rientra nei poteri del Giudice di merito che ha ben motivato il rigetto della richiesta istruttoria.
Anche il terzo motivo proposto relativo alla lamentata mancata ammissibilità della prova sullo stato di salute del ricorrente non sembra fondato a giudizio dei giudici di legittimità, in quanto non ritenuto coerente con la nuova formulazione dell´art. 360 n. 5 cod. civ. proc. ( cfr. Cass. sez. un. nn. 8053 e 8052 del 2014) .
Per tali motivi e per come hanno spiegato i giudici della Corte di Appello, anche a volere ammettere" che il dipendente all´epoca fosse affetto da depressione- nulla gli avrebbe impedito di ricorrere alle cure del caso, e cioè- come già accennato- che anche una situazione di particolare fragilità psichica del lavoratore- per mera ipotesi argomentativa ascrivibile al datore di lavoro- non legittimerebbe comportamenti come quelli contestati e cioè l´indebito uso di mezzi aziendali come il telefono per fini propri e con grave danno economico del datore di lavoro, la cui contrarietà alla correttezza e buona fede è intuitiva. Su questo ultimo punto non vi è stata alcuna impugnazione." il ricorso va rigettato.
Si allega sentenza



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