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Cassazione: a carico datore e non del lavoratore prova di aliunde perceptum

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con Sentenza n. 11122 del 2016 con la quale, chiamata a pronunciarsi su un licenziamento intimato illegittimamente, ha avuto modo, spiegando le argomentazioni per cui anch´essa riteneva il licenziamento illegittimo, di sottolineare che, in ordine al risarcimento chiesto dal lavoratore, ove il datore di lavoro sostenga l´esistenza di un nuovo guadagno, lo stesso è onerato anche della relativa dimostrazione.
Infatti, hanno puntualizzato i Supremi Giudici, in tema di licenziamento illegittimo, il datore di lavoro il quale contesti la richiesta risarcitoria pervenutagli dal lavoratore è onerato, pur con l´ausilio di presunzioni semplici, della prova dell´aliunde perceptum o dell´aliunde percipiendum, a nulla rilevando la difficoltà di tale tipo di prova o la mancata collaborazione del dipendente estromesso dall´azienda, dovendosi escludere che il lavoratore abbia l´onere di farsi carico di provare una circostanza, quale la nuova assunzione a seguito del licenziamento, riduttiva del danno patito.
Già la Corte d´appello aveva ritenuto non fondata l´eccezione in questione, perché la stessa si basava sull´affermazione che l´appellato avrebbe prestato attività lavorativa presso l´azienda agricola della compagna, affermazioni sostenuta solo da una scarna relazione investigativa, senza che vi fosse stata prova della continuità della dedotta prestazione lavorativa, né dell´effettiva esistenza di redditi da essa conseguiti. il giudice di secondo grado, infatti, aveva ritenuto tardive le istanze istruttorie posto che la relazione investigativa era già nella disponibilità dell´appellante all´epoca di svolgimento del giudizio di primo grado.
Tale statuizione, a giudizio della Suprema Corte, non è stata incisa adeguatamente dalla censura in esame, essendo stata congruamente motivata la tardività delle istanze istruttorie in ragione di una circostanza non contestata dalla società (sussistenza della relazione investigativa sin dal primo grado) e in assenza di deduzioni specifiche circa la continuità dell´attività lavorativa che il lavoratore avrebbe svolto.
Infine, come già affermato dalla Corte d´Appello il lavoratore aveva tempestivamente impugnato il licenziamento non essendo richiesta una formale dichiarazione di messa a disposizione delle energie lavorative essendo sufficienti anche fatti concludenti.
Per tali ragioni, la Corte ha rigettato il ricorso.
Sentenza allegata
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