L´ordinanza di rimessione in questione è stata depositata il 17 marzo 2016 dalla Sezione V del Consiglio di Stato, ed è la n. 1090/2016.
La decisione ha tratto origine dall´esame dell´appello con il quale una ditta, originaria aggiudicataria di un appalto pubblico, aveva chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. che, in accoglimento del ricorso proposto da altra partecipante contro il provvedimento di aggiudicazione, ne aveva disposto l´annullamento.
Il Consiglio di Stato si è così soffermato sull´ultima censura, con la quale l’originaria ricorrente ha sostenuto che l’appellante avrebbe dovuto essere esclusa per non aver indicato in seno all´offerta i costi per la sicurezza.
Richiamata, a tal proposito, la giurisprudenza (dapprima la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 3/2015 sulla obbligatorietà della suddetta indicazione, poi la sentenza n. 9/2015 della stessa Adunanza Plenaria e il principio di diritto secondo cui "Nelle gare d´appalto non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza plenaria n. 3 del 2015"), l´appellante, dubitando della compatibilità comunitaria della soluzione indicata dalla Plenaria, aveva chiesto in subordine la rimessione ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia.
Con tale domanda si è dovuto quindi misurare il Consiglio di Stato.
I giudici di palazzo Spada hanno subito rilevato che la richiesta in questione presupponeva la soluzione di un ulteriore punto, quello del rapporto tra il ruolo nomofilattico assegnato dall´art. 99 c.p.a. all´Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e l´obbligo per le singole Sezioni del Consiglio, in qualità di giudice di ultima istanza di sollevare, anche d’ufficio, una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia. In definitiva ciò che viene posto in discussione - ha sostenuto il Collegio - è l’effettiva dimensione del ruolo dell’Adunanza Plenaria quale organo cui spetta il compito di orientare la giurisprudenza amministrativa anche nei rapporti con la Corte di Giustizia, ogni qual volta il massimo Organo di giustizia amministrativa sia intervenuto su una particolare questione, enunciando un principio di diritto, che possa essere sospettato di "anticomunitarietà".
Rispetto ad una evenienza del genere, due, secondo il giudice d´appello, sono le ipotesi che vanno prese in esame:
a) l´Adunanza Plenaria enuncia un principio di diritto, facendosi carico di esaminare gli eventuali profili di anticomunitarietà, finendo con l’escluderli;
b) l´Adunanza Plenaria enuncia un principio di diritto, senza esaminare, come nella fattispecie, gli eventuali profili di anticomunitarietà.
In entrambi i casi - ha notato il Collegio - si tratta di coordinare la disciplina contenuta nel comma 3 dell’art. 99, c.p.a., secondo il quale: “Se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall´adunanza plenaria, rimette a quest´ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso” con quella contenuta nel par. 3, dell’art. 267 TFUE, secondo il quale: “Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte”.
Richiamata una questione ancora aperta, la Sezione ha quindi ritenuto necessario un pronunciamento dell’Adunanza Plenaria sulla corretta interpretazione dell’art. 99, comma 3, c.p.a., ponendo, pertanto, i seguenti quesito di diritto: I) se in costanza di un principio di diritto enunciato dall´Adunanza Plenaria, in presenza di una verifica espressa della rispondenza anche alla disciplina dell’Unione Europea, che venga sospettato di contrasto con la normativa dell’Unione Europea, la singola Sezione deve rimettere la questione ai sensi dell’art. 99, comma 3, c.p.a., oppure può sollevare autonomamente, quale giudice comune del diritto dell´Unione europea, una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia; II) se in costanza di un principio di diritto enunciato dall´Adunanza Plenaria, in assenza di una verifica espressa della rispondenza anche alla disciplina dell’Unione Europea, che venga sospettato di contrasto con la normativa dell’Unione Europea, la singola Sezione deve rimettere la questione ai sensi dell’art. 99, comma 3, c.p.a., oppure può sollevare autonomamente, quale giudice comune del diritto dell´Unione europea, una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia; III) III) se il principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria n. 9/2015, è rispetto dei principi euro-unitari, di matrice giurisprudenziale, della tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, dei principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché dei principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza.
Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.