Se un dipendente pubblico ha posto in essere un incarico senza richiedere ed ottenere la relativa autorizzazione dall´ente di appartenenza, il compenso da esso derivante non può essere trattenuto, ma va restituito. Ad affermarlo, la sentenza della Corte dei conti Abruzzo n. 30/2017 della quale dà notizia il periodico Sole 24 Ore, secondo cui "costituisce responsabilità erariale, caratterizzata da colpa grave, l´omissione del versamento del compenso percepito a seguito di prestazioni non previamente autorizzate dall´amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico".
Questo è appunto il principio espresso dalla Corte dei conti, Sezione Abruzzo, con la sentenza n. 30/2017.
Il fatto
Il caso in esame riguarda la richiesta di condanna, nei confronti di un dipendente dell´Agenzia delle Entrate, per lo svolgimento di un incarico retribuito in mancanza della previa autorizzazione, agli effetti di cui all´articolo 53, commi 7 e 7-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.
Secondo la tesi difensiva, nella fattispecie, il titolare del potere autorizzatorio e del correlato credito sarebbe stata una amministrazione comunale anziché la stessa Agenzia delle entrate, in quanto il mandato elettivo svolto dal convenuto quale sindaco dell´ente locale non può essere assimilato a un rapporto di lavoro dipendente agli effetti del citato articolo 53.
Tuttavia, il Procuratore regionale ha ritenuto solo in parte condivisibili le giustificazioni addotte dall´interessato secondo il quale non era quindi dovuta alcuna autorizzazione preventiva, dovendosi ritenere che lo svolgimento dell´incarico di presidente di una società in house (la cui designazione era statutariamente riservata all´ente proprietario che esercitava sulla società un "controllo analogo") rientrasse nel mandato elettivo.
La decisione
Per i giudici abruzzesi non può dunque condividersi la titolarità in capo al Comune (anziché all´Agenzia delle entrate) del potere autorizzatorio e dell´eventuale credito per indebita erogazione di compensi, con conseguente prescrizione dell´azione.
Ad avviso della Procura regionale, nel caso in esame, sussistono, infatti, tutti gli elementi costitutivi della responsabilità erariale di cui all´articolo 53, commi 7 e 7- bis, del decreto legislativo n. 165/2001.
Il Collegio ha evidenziato che l´incarico retribuito è stato svolto senza la preventiva richiesta di autorizzazione all´Agenzia delle entrate, ricadendosi così nell´ipotesi di applicazione dei citati commi 7 e 7-bis.
Peraltro, i giudici hanno pienamente condiviso l´operato dell´Agenzia delle Entrate che ha intimato al convenuto il versamento dei compensi percepiti in mancanza di autorizzazione, costituendolo formalmente in mora con interruzione del termine prescrizionale.
La gravità della condotta del convenuto ha convinto il Collegio a non esercitare il proprio potere di riduzione dell´addebito: diversamente ragionando, si legge nella sentenza, la finalità di deterrenza della norma verrebbe privata di pregnanza e si consentirebbe che fosse definitivamente portato ad effetto, seppur parzialmente, un incarico non autorizzato.