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Danni da piante e fioriere in condomìnio

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Riferimenti normativi:Art.674 c.p.

Focus: Piante e fioriere del balcone del proprio appartamento ci avvicinano all'ambiente e alla natura ma nelle compagini condominiali possono essere anche causa di danni e molestie, oltre che di litigi, tra i condòmini. Succede spesso, infatti, che a causa dell'innaffiamento delle piante, incrementato specialmente nel periodo estivo, si riversino acqua e terriccio dal balcone del piano superiore ai piani sottostanti tali, se atti reiterati e continuativi, da arrecare disagi e molestie configurabili come reato penale.

Principi generali: Ciascun condòmino può collocare liberamente vasi, piante e fioriere nel proprio balcone, ma prima deve verificare l'eventuale esistenza di divieti o limiti nel regolamento di condomìnio o nel regolamento comunale e prevenire i rischi per l'altrui incolumità provocati dall'eventuale caduta degli stessi. Poiché il balcone è uno spazio privato, solo un regolamento approvato da tutti i condòmini potrebbe porre divieti su tali aree, in caso contrario gli altri condòmini, anche se in maggioranza, non possono limitare la libertà del singolo nel suo appartamento e, di conseguenza, nel corrispondente balcone. Quanto al regolamento comunale è possibile che siano state approvate delle norme locali che, in nome della sicurezza dei pedoni, vietino la collocazione di vasi e fioriere sui parapetti dei terrazzi, dei poggioli, delle finestre al fine di eliminare qualsiasi pericolo di caduta su aree pubbliche o private di terzi. Se né il regolamento di condomìnio né quello comunale vietano l'uso di vasi e fioriere sul balcone di un appartamento in condomìnio è comunque necessario adottare le precauzioni ed il buon senso per evitare di incorrere in responsabilità conseguenti a danni a terzi. 

Danni da innaffiamento delle piante: Secondo la giurisprudenza della Cassazione - sez. III Penale- n. 15956/2014; Cass. penale n.15682/2014, è pacifico che se le piante innaffiate, gocciolando terriccio, imbrattino il piano dell'inquilino sottostante si configura il reato previsto e punito dall'art. 674 cod. pen. - di << getto di cose pericolose o atte a imbrattare >> che dispone l'arresto fino a un mese o un'ammenda fino a 206 euro di chi innaffia i propri fiori e fa cadere acqua di scolo delle piante sul balcone sottostante. La Quinta sezione penale della Corte di Cassazione, con sent. n. 21753 del 28 maggio 2014, ha ricordato che innaffiare le piante, senza badare ai risultati, può portare ad una condanna penale oltre a una multa amministrativa, che va da un minimo di 50 a un massimo di 500 euro, per violazione, come nel caso specie, del regolamento di polizia urbana che vieta di buttare qualsiasi liquido dalle case sulla strada. 

Il reato contravvenzionale in questione scatta anche se tale attività non è compiuta personalmente dal condòmino ma da un sistema automatico di innaffiatura e irrigazione del quale egli ha la proprietà e il dovere di custodiaNel caso sottoposto al vaglio della Cassazione l'imputato pur consapevole di arrecare molestia agli inquilini del piano di sotto, innaffiando le piante con un sistema irriguo rotto, ha continuato ad utilizzare l'impianto incriminato anziché evitarlo o ripararlo. In buona sostanza, il non aver evitato lo sgocciolamento ed il conseguente imbrattamento equivale, ai fini della configurazione della penale responsabilità, a causarlo. Non c'è quindi nessuna differenza tra chi, innaffiando con un recipiente le piante del proprio balcone, fa cadere l'acqua nel piano sottostante e chi, sapendo che l'acqua cade, non fa nulla per evitarlo. La responsabilità penale di «getto di cose pericolose» non esclude il successivo giudizio civile per il risarcimento del danno procurato dalla caduta di terriccio o acqua sul balcone di sotto imbrattando il davanzale e i vetri.

Se, infatti, facendo cadere copiosamente l'acqua nella proprietà esclusiva sottostante, si genera uno stillicidio che supera la soglia della normale tollerabilità e l'episodio si protrae nel tempo, senza interruzioni, nonostante le lamentele della persona offesa e le segnalazioni dell'amministratore del condomìnio, il danneggiato può chiedere al giudice, anche in via d'urgenza, l'inibitoria di tale comportamento molesto, oltre al risarcimento del danno anche non patrimoniale. 

La consapevolezza del danno, quindi, deve essere chiara e insita nel comportamento del responsabile che, nonostante la richiesta di cessazione del comportamento molesto, non si sia conformato ad essa. Ecco perché, se si vuole sporgere querela, è opportuno inviare prima una lettera di diffida con raccomandata A/R. in modo da segnalare l'episodio e avere le prove di ciò. In conclusione, è sempre possibile esperire un'azione di risarcimento, sempre che il danno prodotto sia rilevante e non arrecato saltuariamente. In assenza di danno – che non deve essere necessariamente patrimoniale, in quanto può consistere anche nello stress psicologico derivato dalla reiterazione del comportamento o nella compressione del diritto di affaccio dal proprio terrazzo – non è possibile alcuna tutela. 

 

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