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Curreri (UniKore): "Capo dello Stato non è re e dubbi su UE non attentano a Costituzione".

Salvatore Curreri è Ordinario di Diritto Costituzionale e di Diritto pubblico Comparato all´Università Kore di Enna. Poco prima della rinuncia del premier incaricato Giuseppe Conte, ha pubblicato nella propria bacheca Fb una breve nota dal titolo "Sul caso Savona, io la penso così". Secondo la quale, in sintesi estrema, il Capo dello Stato non avrebbe potuto dire di no alla nomina del professor Savona quale ministro dell´economia. Ne pubblichiamo interamente il testo


Secondo l´art. 92 Cost. "il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri"

Da qui due conclusioni: a) il Presidente del Consiglio propone, non impone, i ministri al Presidente della Repubblica al quale b) spetta il potere di nomina.

Di contro, il Presidente della Repubblica, nel valutare tali proposte e nell´esercitare il suo potere di nomina, non gode di una discrezionalità assoluta, perché :
a) il Governo da lui nominato "deve avere la fiducia delle due camere" (art. 94 Cost.)
b) i ministri devono avere la fiducia del Presidente del Consiglio, perché a questi spetta mantenere "l´unità di indirizzo politico ed amministrativo [del Governo], promuovendo e coordinando la attività dei ministri"

È quindi tra questi due poli opposti che il potere di nomina del Presidente della Repubblica va esercitato.

Egli non esercita un potere politico perché non è ha la legittimazione.

Non è il Re che, in epoca statutaria, nominava il proprio Governo che doveva poi ottenere la fiducia delle camere (parlamentarismo dualista).

Noi siamo in un sistema parlamentare monista in cui il Governo deve avere la fiducia non del Presidente della Repubblica ma del Parlamento. Parlamento espressione della sovranità del popolo (art. 1 Cost.), espessa nel voto (art. 48 Cost.) attraverso i partiti politici (art. 49 Cost.)

Nella nostra forma di governo, però, il Presidente della Repubblica non ha un ruolo semplicemente onorifico.
Egli è il garante del rispetto della Costituzione. Se attenta ad essa (art. 90 Cost.), ne risponde dinanzi alla Corte costituzionale (art. 134 Cost.)

Nella nomina dei ministri, quindi, Il Capo dello Stato, quindi, è chiamato a percorrere uno stretto sentiero.
Da un lato non è un mero notaio chiamato a ratificare le proposte del Presidente del Consiglio.
Dall´altro, non può ingerirsi in modo indebito su scelte politiche che competono al Presidente del Consiglio incaricato, espressione della maggioranza di governo che lo sostiene.

Poiché, come visto, il dettato costituzionale è sul punto opportunamente essenziale, è decisiva la prassi costituzionale in cui esso si è inverato.

Ebbene, essa dimostra che il Presidente della Repubblica abbia rarissime volte non accolto la proposta di ministri formulata dal Presidente del Consiglio incaricati, e quando ciò è accaduto è stato sempre non per ragioni di dissenso politico, ma di opportunità sulla persona designata.

Così fu nel Berlusconi I (1994) quando Scalfaro si oppose alla nomina di Previti a ministro della giustizia (poi nominato alla difesa) oppure nel Berlusconi II (2001) quando Ciampi si oppose alla nomina di Maroni sempre al ministero della giustizia (assegnato poi a Castelli).
In entrambi i casi, se ben ricordo, la ragione fu la stessa: si trattava di personalità a quel tempo sotto processo la cui nomina al Ministro della Giustizia si palesava, per evidenti ragioni, inopportuna.

Dinanzi a questi precedenti, è evidente che il durissimo scontro in atto sul caso Savona è inedito e gravissimo, anche se non imprevedibile.

Ed è altrettanto evidente, almeno per me, che il Presidente della Repubblica può rifiutare la nomina di Savona a Ministro dell´Economia non per ragioni personali o professionali (che nel caso in specie non si pongono) o di dissenso politico (che, ripeto, a lui non competono) ma se ritiene che ciò vada contro Costituzione.

In definitiva, come ben ha appena scritto Marco Olivetti (il cui post appena pubblicato consiglio di leggere) il punto, alla radice è se tale nomina segni un radicale mutamento d´indirizzo politico rispetto ai governi precedenti però pur sempre nella cornice costituzionale oppure ne segni una gravissima rottura.

Nel primo caso, il Presidente della Repubblica deve accettarne la nomina. Nel secondo, no.

Quali sono gli interessi costituzionali in gioco cui il Capo dello Stato potrebbe appellarsi? L´appartenenza dell´Italia all´Europa; il rispetto degli impegni internazionali sottoscritti; la tutela del risparmio.

Ma, se così fosse, per coerenza se ne dovrebbe concludere che M5S e Lega sono partiti antisistema che perseguono finalità contrarie a Costituzione.

Ma siamo così sicuri che la Costituzione impone un modello di politica economica?

E, in ogni caso, voler ridiscutere tale modello - senza che ciò debba necessariamente implicare l´uscita dall´euro - è già di per sé eversivo dell´ordine costituzionale?

E ancora: sollevare una simile obiezione preventiva di fronte alla semplice nomina di un Ministro non è, come ha giustamente osservato Filippo Pizzolato, già di per sé eccessivo, se non addirittura lesivo delle competenze del Presidente del Consiglio?

Io ritengo che per quanto non condivisibile - e io non lo condivido affatto, sia chiaro - un radicale mutamento d´indirizzo politico riguardo alle scelte di politica economica e al rapporto con l´U.E. sia almeno sinora nell´ambito delle scelte costituzionalmente compatibili.

Ritenere incostituzionale ciò che non ci piace è un vecchio vizio che ora potrebbe coinvolgere e travolgere lo stesso ruolo del Capo dello Stato.
Salvatore Curreri
Ordinario di Diritto Costituzionale pubblico Comparato all´Università Kore di Enna

 

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