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Controversie internazionali di lavoro tra datore di lavoro italiano e lavoratore straniero, S.C.: è competente il Giudice italiano se il dipendente ha scelto di adire tale Giudice

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Con ordinanza n. 26597 del 22 ottobre 2018, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, hanno confermato l'orientamento ormai consolidatosi in giurisprudenza, secondo cui, in riferimento alle controversie internazionali aventi ad oggetto contratti di lavoro stipulati tra datore di lavoro italiano e lavoratore straniero, sussiste la competenza giurisdizionale del Giudice italiano, qualora il dipendente abbia scelto di adire tale Giudice. Tale giurisdizione resta ferma anche in presenza di una clausola compromissoria derogatoria di essa. Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità. Il ricorrente è straniero e ha lavorato sempre all'estero alle dipendenze di una società con sede in Italia. È accaduto che il ricorrente ha chiamato in giudizio detta società, chiedendo che fosse dichiarata la nullità, l'inefficacia o l'invalidità del termine apposto ai numerosi contratti di lavoro intercorsi fra le parti, con loro conversione in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nonché chiedendo dichiararsi l'illegittimità della sua risoluzione. La convenuta ha eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice italiano e il ricorrente ha proposto il regolamento preventivo di giurisdizione. Il caso è giunto dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. Quest'ultima, innanzitutto, parte dall'esame della peculiarità del rapporto di lavoro intercorso tra le parti. Tale rapporto è caratterizzato dal fatto che il lavoratore, ricorrente, è straniero e ha lavorato all'estero, alle dipendenze della società con sede in Italia. Con riferimento a questo tipo di rapporto, è necessario richiamare il seguente quadro normativo:

  • l'art. 3, comma 1, Legge n. 218/1995 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) secondo cui sussiste la giurisdizione italiana quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art. 77 Cod. Proc. Civ.;
  •  l'art. 19 del Regolamento CE n. 44/2001(concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale), secondo cui il datore di lavoro domiciliato nel territorio di uno Stato membro può essere convenuto davanti ai giudici dello Stato membro in cui è domiciliato o davanti al giudice del luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività o a quello dell'ultimo luogo in cui la svolgeva abitualmente. Nel caso in cui il lavoratore non svolga o non abbia svolto abitualmente la propria attività in un solo paese, il datore di lavoro può essere chiamato davanti al giudice del luogo in cui è o era situata la sede d'attività presso la quale è stato assunto;
  • l'art. 21 del predetto regolamento, secondo cui è possibile derogare la competenza giurisdizionale come su indicata, da una convenzione posteriore al sorgere della controversia.

Fatta questa breve premessa normativa, appare evidente che le suddette norme trovano applicazione anche al caso in cui il dipendente sia straniero. Con l'ovvia conseguenza che quest'ultimo avrebbe la possibilità di adire il Giudice italiano, ove il datore di lavoro fosse domiciliato in Italia.

Orbene, tornando alla fattispecie di cui stiamo discorrendo, le peculiarità del rapporto di lavoro soddisfano i requisiti di cui alle disposizioni suddette, con l'ovvia conseguenza che bene ha agito il ricorrente, chiamando in giudizio la datrice di lavoro, con sede in Italia, dinanzi alle autorità giudiziarie italiane. 

D'altro canto, la soluzione scelta dal ricorrente trova conferma nell'orientamento consolidato della giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in virtù del quale assume rilevanza, quale criterio generale di radicamento della giurisdizione del giudice italiano, il dato oggettivo del domicilio o della residenza in Italia del convenuto, a prescindere dalla nazionalità (cfr. Cass. S.U. n. 12907/11; Cass. S.U. n. 25275/06; Cass. S.U. n. 4807/05). Orientamento, questo, condiviso dai Giudici di legittimità nel caso di specie. A parere di questi ultimi, inoltre, nella questione in esame, non osta alla giurisdizione del giudice italiano neppure l'esistenza della clausola compromissoria derogatoria di detta giurisdizione, contenuta nel contratto di lavoro stipulato tra le parti del giudizio. E ciò in considerazione del fatto che:

  • la clausola convenzionale derogatoria della giurisdizione, pattuita tra soggetto italiano e straniero (come nel caso di specie), attribuisce a quest'ultimo la facoltà di avvalersene;
  • il lavoratore straniero, in presenza di tale clausola, non è privato della possibilità di optare per la giurisdizione italiana a norma dell'art. 3, comma 1, della legge n. 218 del 1995 su richiamata (cfr. Cass. n. 22992/15);
  • nella vicenda processuale in esame il ricorrente, soggetto straniero, ha scelto di avvalersi di tale giurisdizione.

Alla luce di tali argomentazioni, pertanto, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che la scelta del lavoratore straniero non si è posta in contrasto con quanto statuito dal combinato disposto delle disposizioni su richiamate, con l'ovvia conseguenza che, nella fattispecie in oggetto:

  • detta scelta deve reputarsi corretta;
  • va dichiarata la giurisdizione del giudice italiano.

 

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