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L´adottato ha diritto a conoscere le proprie origini, segreto identità incompatibile con Costituzione

Il principio, su una questione particolarmente delicata, è stato affermato dalla Corte di Cassazione, sezione I Civile con sentenza n. 22838 del 9 novembre 2016.
I Supremi Giudici hanno statuito, discostandosi da orientamenti precedenti, che il diritto all´oblio del genitore che ha scelto l´anonimato nei confronti del figlio dato in adozione, trova un limite nel diritto del figlio a conoscere le proprie origini, soprattutto, quando come nel caso di specie, la madre è deceduta.
In tal senso, il Supremo Collegio ha enunciato il seguente principio di diritto:
"Il diritto dell´adottato - nato da donna che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata ex art. 30, comma 1 d.p.r. n. 396 del 2000 - ad accedere alle informazioni concernenti la propria origine e l´identità della madre biologica sussiste e può essere concretamente esercitato anche se la stessa sia morta e non sia possibile procedere alla verifica della perdurante attualità della scelta di conservare il segreto, non rilevando nella fattispecie il mancato decorso del termine di cento anni dalla formazione del certificato di assistenza al parto o della cartella clinica di cui all´art. 93, commi 2 e 3 del d.lgs. n. 196 del 2003, salvo il trattamento lecito e non lesivo dei diritti di terzi dei dati personali conosciuti".
L´antefatto
Nel caso in esame i Giudici sia in prime cure che in Appello, rigettavano la domanda proposta da una donna volta ad ottenere l´accesso alle informazioni relative alle generalità della propria madre naturale la quale aveva esercitato il diritto a rimanere nell´anonimato, alla nascita della ricorrente e, nel corso dell´istruttoria, era deceduta. Si trattava, secondo i Giudici, di bilanciare interessi contrapposti costituzionalmente garantiti, quello della madre al suo anonimato e quello della figlia a conoscere le proprie origini biologiche. Il diritto della madre all´anonimato non viene meno con la morte della madre stessa, considerato l´interesse a mantenere nei confronti dei familiari superstiti un´immagine di sé non caratterizzata dall´abbandono di un figlio alla nascita.
In senso analogo si esprimevano anche i Giudici d´Appello, secondo i quali né dalla sentenza della Corte costituzionale né dalla sentenza della Corte Europea dei diritti umani (caso Godelli contro Italia) attinenti alla problematica in questione, poteva trarsi la conclusione dell´equiparazione tra decesso e revoca dell´anonimato in quanto questa soluzione può essere solo frutto di una scelta legislativa.
La decisione della Cassazione
Gli Ermellini, chiamati a dirimere la controversia, sono giunti invece a conclusioni diverse.
Infatti i Supremi Giudici hanno precisato che il diritto dell´adottato a conoscere le proprie origini deve essere garantito anche nel caso in cui non sia più possibile procedere all´interpello della madre naturale. A tale inevitabile conclusione, imposta dal delineato quadro costituzionale e convenzionale, erano già pervenuti i Giudici di Piazza Cavour con la recentissima sentenza n. 15024 del 2016.
L´irreversibilità del segreto sull´identità della madre naturale non è più compatibile con l´attuale configurazione del diritto all´identità personale così come desumibile dall´interpretazione integrata dell´art. 2 Cost. e dell´art. 8 Cedu, nella parte in cui tutela il diritto alla vita privata. Lo sbarramento temporale imposto dall´art. 93 del d.lgs. n. 196 del 2003 alla rivelabilità dell´identità della donna che ha scelto l´anonimato al momento della nascita del figlio, non è temperato, nella specie, dalla possibilità di verifica della eventuale sopravvenuta volontà di revoca della scelta compiuta alla nascita.
L´interpretazione della norma che identifichi nell´intervenuta morte della donna, un ostacolo assoluto al riconoscimento del diritto a conoscere le proprie origini da parte dell´adottato, determinerebbe infatti un´ingiustificata disparità di trattamento tra i figli nati da donne che hanno scelto l´anonimato ma non sono più in vita e i figli di donne che possono essere interpellate sulla reversibilità della scelta operata alla nascita. Tale opzione ermeneutica sarebbe, inoltre, viziata di irragionevolezza perché sottoporrebbe il riconoscimento e l´esercizio di un diritto della persona di primario rilievo ad un fattore meramente eventuale quale quello del momento in cui si chiede il riconoscimento del proprio diritto.
Deve, pertanto, perseguirsi, secondo la Sezione, un´interpretazione della norma compatibile con il diritto a conoscere le proprie origini che, pur conservando il vincolo temporale, ne attenui la rigidità quando non sia possibile per irreperibilità o morte della madre naturale procedere all´interpello e alla verifica della volontà di revoca dell´anonimato. L´assolutezza e l´irreversibilità del segreto sulle origini sono irrimediabilmente contrastanti con il diritto all´identità personale dell´adottato, nella declinazione costituita dal diritto a conoscere le proprie origini.
Nella concreta fattispecie, in mancanza della possibilità d´interpello, il bilanciamento degli interessi, hanno affermato i Giudici, deve essere desunto dal sistema di protezione dei dati personali relativi all´identità della donna che ha esercitato il diritto all´anonimato, tenendo conto della rilevanza di tali dati anche per i discendenti familiari. Nel nostro sistema normativo si deve, pertanto, ricorrere al regime giuridico di protezione dei dati personali nella fattispecie in esame.
Pertanto, così come l´interpello della madre naturale in vita deve avvenire in modo da "cautelare in termini rigorosi il diritto all´anonimato", deve ritenersi che l´accesso alla medesima informazione dopo la sua morte, debba essere circondata da analoghe cautele e l´utilizzo dell´informazione non possa eccedere la finalità, ancorché di primario rilievo costituzionale e convenzionale, per la quale il diritto è stato riconosciuto. Non si ritiene, pertanto, che ogni profilo di tutela dell´anonimato, si esaurisca alla morte della madre naturale, in quanto da collegarsi soltanto alla tutela del diritto alla salute psicofisica della madre e del figlio al momento della nascita.
Il diritto all´identità personale del figlio, da garantirsi con la conoscenza delle proprie origini, anche dopo la morte della madre biologica, non esclude la protezione dell´identità "sociale" costruita in vita da quest´ultima, in relazione al nucleo familiare e/o relazionale eventualmente costituito dopo aver esercitato il diritto all´anonimato. Il trattamento delle informazioni relativo alle proprie origini deve, in conclusione, essere eseguito in modo corretto e lecito senza cagionare danno anche non patrimoniale all´immagine, alla reputazione, ed ad altri beni di primario rilievo costituzionale di eventuali terzi interessati (discendenti e/o familiari).
Il ricorso, in conclusione, è stato accolto.
Sentenza allegata
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