Elisa Marchetti, Coordinatrice nazionale dell´UDU (Unione degli Universitari Italiani) interviene a proposito del dibattito di questi giorni sulla situazione dell´avvocatura, sulle proposte del ministro Guardasigilli Andrea Orlando, sulla proposta di equo compenso.
"Ci rendiamo conto che, se gli avvocati diventano poveri, chi tutela i diritti rischia di non riuscire più a farlo?" Queste le parole del ministro Andrea Orlando in un´intervista di questi giorni a Tagadà su La7. Che dire, noi ce ne siamo resi conto da tempo, ci siamo accorti che la battaglia in difesa dei diritti degli studenti di giurisprudenza, dei praticanti avvocato o aspiranti tali, dei giovani avvocati costretti a stare per anni sotto un dominus con compensi da fame e pochissimi diritti è una battaglia di civiltà per tutta la società.
Ci siamo resi conto che se gli avvocati stessi sono ridotti quasi a dei livelli di schiavitù è la collettività stessa che subisce un danno: chi dovrebbe lavorare per garantire il riconoscimento dei diritti è il primo a non averne e a essere sfruttato.
Sempre lo stesso ministro ha proposto "una legge sull´equo compenso per evitare che assicurazioni e banche strozzino dei ragazzi che cercano di fare la professione". Bene, anzi benissimo! Ma non fermiamoci qui.
Da mesi si sta lavorando all´attuazione della riforma del percorso di giurisprudenza, che vada da una revisione del percorso di studi, a nuovi metodi per il tirocinio e il praticantato, fino all´accesso al mondo del lavoro sempre più flessibile e precario.
Per mesi abbiamo chiesto di essere ascoltati, perché abbiamo molto da dire. Non vogliamo che il percorso di formazione dei futuri giuristi diventi una continua e inutile corsa a ostacoli, perché nessuno beneficerebbe di questo modello: né gli studenti né i cittadini.
Vogliamo un corso di laurea al passo con i tempi, che permetta agli studenti stessi di scegliere sin da subito in che ramo della giurisprudenza specializzarsi, che permetta di affiancare alla didattica frontale dei momenti "più pratici" in cui lo studente mette in campo tutto ciò che ha appreso e si misura con la professione che ha scelto per il suo futuro.
Dopo aver ottenuto la possibilità di anticipare il praticantato nell´ultimo anno di università, ricominceremo a batterci affinché questo sia realmente accessibile a tutti: non vogliamo un praticantato a numero chiuso, non vogliamo corsi di formazione a pagamento, non vogliamo inutili ripetizioni dell´esame di abilitazione finale.
Per questo, non abbiamo potuto esentarci dal sostenere la campagna, anche contribuendo alla raccolta firme, promossa dalla Consulta della professioni e dalla CGIL, con l´appoggio di ANF, Filcams, MGA e Nidil per far decadere l´incompatibilità tra professione forense e lavoro subordinato/parasubordinato in studi legali.
Sono troppi, ormai, specie nei grandi centri, gli avvocati costretti a lavorare in monocommittenza per il dominus, spesso per compensi al limite della dignità, lavoratori formalmente autonomi a cui viene tuttavia richiesta l´esclusività dell´attività, autonomi che emettono 12 fatture all´anno per lavorare 9/10 ore al giorno sempre nello stesso luogo ma a cui, per legge, è negata la possibilità del riconoscimento di una subordinazione che è nei fatti evidente. Avvocati che dei dipendenti hanno gli obblighi ma non i diritti.
Avvocati che dei professionisti hanno i costi e i rischi, ma non l´autonomia reale. Per questo saremo alla presentazione della proposta lunedì prossimo, 6 marzo alle 12.00 a Roma alla Corte d´appello.
Abbiamo visto in questi anni come lasciare tutto nelle mani del libero mercato non sia un bene, ma piuttosto un danno. Lo stesso presidente del CNF Andrea Mascherin ha richiamato la necessità di un "provvedimento che punta a contrastare lo strapotere dei grandi committenti" che vada nella direzione di "restituire equilibrio a un mercato senza regole che rischia di travolgere persino il diritto alla difesa, tra i cardini di ogni democrazia degna di questo nome".
E allora si riparta da qui, dall´ascolto di tutte le parti interessate; si riparta dal riconoscere tutele ai più deboli, a chi rischia di essere schiacciato dai più forti; si riparta dall´ascolto degli studenti, dei praticanti, dei giovani avvocati, dei piccoli avvocati, dei corpi intermedi.
Noi ci siamo, non chiediamo molto: vogliamo diritti!"