I Giudici della
Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 48315 del 16.11.2016 chiariscono quando è possibile applicare l´istituto della non punibilità per la tenuità del fatto ex art 131 bis c.p.
Il Fatto.
L´imputata era stata condannata dal Tribunale di Napoli, quale giudice di appello, alla pena di euro 100,00 di ammenda, oltre al risarcimento dei danni alle parti civili costituite, perchè ritenuta responsabile del reato di i disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone di cui all´art. 659 c.p. Nel corso del giudizio di merito era stato infatti accertato che l´imputata aveva posto in essere condotte inurbane che fin dalle sei del mattino litigava con la figlia, accendeva la radio ad alto volume ed urlava, e ciò faceva in una zona popolosa e reiteratamente, impedendo il riposo e lo svolgimento delle normali occupazioni dei vicini.
Motivi del ricorso ed esame degli artt. 659 e 131 bis c.p.
La difesa dell´imputata proponeva ricorso in Cassazione fondando lo stesso su diversi moti, tra questi anche la censura della decisione del giudice di merito che aveva ritenuto non applicabile la causa di non punibilità della tenuità del fatto ex art. 131 bis.
Tralasciando in questa sede di analizzare gli altri motivi del ricorso e volendoci soffermare sul dettato normativo dell´art. 131 bis c.p., non possiamo preliminarmente non analizzare gli elementi costitutivi del reato contestato all´imputata di cui all´art. 659 c.p.
La contravvenzione di cui all´art. 659 c.p. intende punire "1. Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l´arresto fino a tre mesi o con l´ammenda fino a 309 euro .
2. Si applica l´ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell´Autorità.
La fattispecie che interessa il caso di specie è quella prevista al primo comma. Il legislatore ha con questa disposizione inteso tutelare il riposo delle persone ed il tranquillo svolgimento delle loro occupazioni .
Gli elementi costitutivi della fattispecie di reato sono: 1) Condotta, che essere idonea a determinare il disturbo delle occupazioni o del riposo.2) Dolo E´ cioè necessario che l´agente si renda conto di porre in essere una condotta lesiva del bene costituito dalla quiete pubblica e privata. La norma richiede, perché si integri il reato, che la condotta deve essere idonea a generare un disturbo diffuso che abbia interessato una moltitudine di persone
A questo punto occorre soffermarsi in maniera sintetica sulla norma (art. 131 bis c.p.) che ha introdotto nel nostro ordinamento l´istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Tale causa di non punibilità è stata introdotta nel nostro ordinamento dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 . Per potersi applicare è necessario che preliminarmente si verifichi nel caso concreto la presenza di una serie di presupposti e condizioni:
-la pena detentiva prevista per il reato per cui si procede non deve superare nel massimo i cinque anni
- la norma richiede inoltre che congiuntamente siano presenti la particolare tenuità dell´offesa e la non abitualità del comportamento.
Per verificare l´esistenza del primo requisito ( particolare tenuità) occorrerà analizzare la modalità della condotta e la esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall´art. 133 c.p. su cui fa riferimento il giudice ogni qual volta deve determinare una pena da applicare.
Una volta accertata l´esistenza del requisito della particolare tenuità il giudice dovrà accertare la coesistenza della non abitualità del comportamento.
Sui motivi della decisone
I Giudici della Terza Sezione della Corte dopo avere rigettato i primi motivi del ricorso su cui non si soffermeremo perché non oggetto di esame in questo commento, passavano ad esaminare l´ultimo motivo relativo alla mancata applicazione dell´art. 131 bis c.p.
Al riguardo hanno ritenuto infondato il motivo proposto dalla difesa della ricorrente, perché sulla scorta di quanto era emerso nel corso dei due giudizi di merito, non è stato possibile escludere il requisito della non abitualità del comportamento dell´imputata; infatti era emerso che la stessa avesse messo in atto"continui, reiterati e inurbani comportamenti..." A questo punto i giudici di legittimità dopo aver richiamato il terzo comma dell´art 131 bis, che definisce il comportamento abituale nel caso in cui l´autore del reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuità, nonchè nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate, hanno escluso la possibilità dell´applicazione dell´art. 131 bis del c.p., proprio per mancanza del requisito relativo alla non abitualità del comportamento A tal proposito, nella motivazione della sentenza, i giudici hanno richiamato una precedente pronuncia della stessa sezione (Sez. 3, n. 29897, Gau, Rv 264034) e la relazione illustrativa del D.Lgs. n. 28 del 2015.
Il ricorso pertanto veniva dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell´art. 616 c.p.p..
Si allega testo sentenza