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Commette reato di falso chi dichiara cose non vere nell´atto notorio

I giudici della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25927 del 24 maggio 2017, hanno ribadito il principio secondo cui commette il reato di falso il soggetto che nell´autodichiarazione resa ai sensi degli artt. 46 e 76 del D.lgs. n. 445 del 2000 abbia falsamente dichiarato stati, fatti e qualità personali finalizziate ad ottenere gli assegni familiari.
Il Tribunale aveva assolto l´imputato chiamato a rispondere del reato p. e p. dall´art. 483 c.p. perché il fatto non è previsto come reato dalla norma incriminatrice. Il GUP infatti con la sentenza impugnata aveva assolto l´imputato in quanto il D.P.R. n. 445 del 2000, art. 76, comma 1, conterrebbe, una norma di mero rinvio alle fattispecie previste dal codice penale e da leggi speciali, ponendosi in caso di diversa interpretazione un problema di costituzionalità per difetto di tassatività e determinatezza. Per altro verso la falsa asserzione in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio non integrerebbe il delitto ex art. 483 c.p., per mancanza del requisito di essere rilasciata in atto pubblico.
Tale asserzione invece non è stata condivisa dai giudici della Corte di Cassazione che investito dal ricorso proposto dal Procuratore Generale, hanno affermato che la decisione del giudice di merito è da considerare in difformità del consolidato orientamento di Corte, che ha considerato come il D.P.R. n. 445 del 2000, art. 76, comma 1, delinei autonomamente una condotta penalmente rilevante, facendo rinvio al codice penale ed alle leggi speciali al solo fine di individuare la sanzione applicabile.
I giudici della Corte hanno così formulato la loro motivazione:" va osservato che da lungo tempo si è formato e consolidato l´orientamento di questa Corte secondo il quale il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) è configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all´atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, così collegando l´efficacia probatoria dell´atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero. Sez. U, Sentenza n. 28 del 15/12/1999 Ud. Rv. 215413. Tale principio è stato ripreso e confermato da una pluralità di pronunzie: N. 17363 del 2003 Rv. 224750, N. 5365 del 2008 Rv. 239110, N. 4970 del 2012 Rv. 251815, N. 23587 del 2013 Rv. 256259, N. 18279 del 2014 Rv.259883;Sez. 5, Sentenza n. 39215 del 04/06/2015 Ud.(dep. 28/09/2015)Rv. 264841. Tra queste alcune hanno preso in considerazione la fattispecie oggetto di ricorso D.P.R. n. 445 del 2000, ex art. 76, in relazione all´art. 483 c.p. Così Sez. 5, Sentenza n. 16275 del 16/03/2010 Ud. (dep. 26/04/2010) Rv. 247260: integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 47, allegata ad istanza preordinata ad ottenere il passaporto, attesti falsamente di non avere mai riportato condanne penali."
Per tali motivazioni ha annullato la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale
Si allega testo sentenza
Avv. Pietro Gurrieri
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