Lo ha stabilito la Cassazione Civile, a Sezioni Unite, con Sentenza 4 marzo 2016, n. 4252
Un iscritto all´Ordine degli Abogados di Madrid chiedeva nel 2012 l´iscrizione all´Albo degli avvocati stabiliti presso il COA di Milano. Poche settimane più tardi, veniva convocato dal COA perché dai certificati acquisiti risultava una condanna ex art. 445 cod. proc. pen., per reati di falsità materiale e contraffazione di pubblici sigilli, con la quale era stata applicata la pena di dieci mesi di reclusione. All´esito, con delibera dello stesso giorno, depositata il 3 aprile 2013, il COA rigettava la richiesta di iscrizione.
Da ciò, il suo ricorso al CNF che lo rigettava. In particolare, il CNF riteneva che la richiesta di iscrizione all´Albo degli avvocati stabiliti non escludeva affatto la necessità che il professionista fosse in possesso del requisito della condotta specchiatissima e illibata, prescritta dall´ordinamento forense (condotta irreprensibile ai sensi della legge n. 247 del 2012), anche per le sezioni speciali dell´albo degli avvocati, non potendosi limitare la possibilità di verifica del requisito alla mera segnalazione al consiglio dello Stato membro per i provvedimenti di competenza. Se così fosse stato, infatti, il COA nazionale non avrebbe potuto svolgere alcun accertamento sul rispetto, da parte dell´iscritto alla sezione speciale, delle regole deontologiche.
Nel merito, il CNF riteneva che il precedente penale fosse vincolante ai sensi dell´art. 653, comma 1 - bis, cod. proc. pen., e che i fatti accertati fossero incompatibili con il possesso del requisito della condotta specchiatissima. Il CNF escludeva, poi, che in materia di iscrizione agli albi professionali potesse operare l´istituto del silenzio assenso, e riteneva che i tempi di svolgimento del procedimento fossero comunque stati adeguati, tenuto conto della istruttoria svolta.
Avverso questa sentenza il legale soccombente proponeva ricorso sulla base di tre motivi, con il primo dei quali sosteneva che il COA era sprovvisto di ogni potere in ordine alla iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti, essendo la iscrizione un provvedimento vincolato; deducendo, inoltre, che le vicende considerate dal COA di Milano per revocare l´iscrizione erano relative a periodi precedenti alla iscrizione e quindi irrilevanti a fini disciplinari.
Orbene, la Corte di Cassazione ha premesso che il decreto legislativo n. 96 del 2001 ha dato attuazione alla direttiva 98/5/CE, volta a facilitare l´esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale; e che, in sintesi, la direttiva prevede un procedimento di "stabilimento/integrazione", avvalendosi del quale il soggetto munito di equivalente titolo professionale di altro Paese membro può chiedere l´iscrizione nella Sezione speciale dell´Albo italiano del foro nel quale intende eleggere domicilio professionale in Italia, utilizzando il proprio titolo d´origine (ad es., quello, spagnolo, di "abogado") e, al termine di un periodo triennale di effettiva attività in Italia (d´intesa con un legale iscritto nell´Albo italiano), può chiedere di essere "integrato" con il titolo di avvocato italiano e l´iscrizione all´Albo ordinario, dimostrando al Consiglio dell´Ordine effettività e regolarità dell´attività svolta in Italia come professionista comunitario stabilito.
La Suprema Corte ha poi fatto presente che l´´art. 6 del d.lgs. n. 96 del 2001, sotto la rubrica "Iscrizione", stabilisce, al comma 1, che «Per l´esercizio permanente in Italia della professione di avvocato, i cittadini degli Stati membri in possesso di uno dei titoli di cui all´articolo 2, sono tenuti ad iscriversi in una sezione speciale dell´albo costituito nella circoscrizione del tribunale in cui hanno fissato stabilmente la loro residenza o il loro domicilio professionale, nel rispetto della normativa relativa agli obblighi previdenziali»; al comma 2, che «L´iscrizione nella sezione speciale dell´albo è subordinata alla iscrizione dell´istante presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine»; al comma 3, che «La domanda di iscrizione deve essere corredata dai seguenti documenti: a) certificato di cittadinanza di uno Stato membro della Unione europea o dichiarazione sostitutiva; b) certificato di residenza o dichiarazione sostitutiva ovvero dichiarazione dell´istante con la indicazione del domicilio professionale; c) attestato di iscrizione alla organizzazione professionale dello Stato membro di origine, rilasciato in data non antecedente a tre mesi dalla data di presentazione, o dichiarazione sostitutiva».
Norma di chiusura, l´art. 12, che dispone poi che «1. L´avvocato stabilito che per almeno tre anni, a decorrere dalla data di iscrizione nella sezione speciale dell´albo degli avvocati, abbia esercitato in Italia, in modo effettivo e regolare, la professione con il titolo professionale di origine è dispensato dalla prova attitudinale di cui all´art. 8 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115. 2. Per esercizio effettivo e regolare della professione di cui al comma 1 si intende l´esercizio reale dell´attività professionale esercitata senza interruzioni che non siano quelle dovute agli eventi della vita quotidiana. Nel caso di interruzioni dovute ad eventi di altra natura, l´attività svolta è presa in esame se la stessa ha avuto una durata almeno triennale, senza calcolare il periodo di interruzione, e se non vi siano ragioni che ostino ad una valutazione dell´attività come effettiva e regolare. 3. L´avvocato stabilito che è stato dispensato dalla prova attitudinale, se concorrono le altre condizioni previste dalle disposizioni in materia di ordinamento forense, può iscriversi nell´albo degli avvocati e per l´effetto esercitare la professione con il titolo di avvocato».
Richiamata, a questo punto, la valutazione delle Sezioni Unite (le quali "hanno già avuto modo di rilevare che l´iscrizione nella sezione speciale dell´Albo degli avvocati comunitari stabiliti è, ai sensi dell´art. 3, comma 2, della direttiva 98/5/Ce e dell´art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 96 del 2001, subordinata alla sola condizione della documentazione dell´iscrizione presso la corrispondente Autorità di altro Stato membro (Cass. S.U., n. 28340 del 2011)", e considerato pertanto che "unici requisiti legittimanti l´iscrizione alla sezione speciale sono quelli specificamente elencati nell´art. 6, comma 2, citato" (mentre il CNF aveva ritenuto che l´iscrizione nella sezione speciale fosse comunque subordinata al possesso, da parte del richiedente, degli ulteriori requisiti prescritti per l´iscrizione all´Albo degli avvocati), la Suprema Corte non ha condiviso tale ultima valutazione.
Ciò, in quanto "l´art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 96 del 2001, del quale si è prima riprodotto il testo, prevede che la verifica degli altri requisiti previsti dalla legislazione nazionale per l´iscrizione all´albo degli avvocati debba essere effettuata, con riguardo agli avvocati iscritti alla sezione speciale degli avvocati stabiliti, solo nel momento in cui questi chiedano l´iscrizione all´albo degli avvocati, come è loro consentito fare dopo un triennio di effettivo svolgimento della professione in Italia con il titolo acquisito in altro Stato membro. Solo nel momento in cui il richiedente intenda abbandonare la qualifica acquisita in altro Stato membro per conseguire il titolo professionale previsto dalla legislazione italiana, sorge, dunque, l´obbligo, per il Consiglio dell´Ordine degli avvocati di verificare la sussistenza di tutti gli altri requisiti di iscrizione, ivi compresi quelli di onorabilità".
Avv. Pietro Gurrieri