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La denuncia di una Collega: "Io, violentata al palagiustizia di Napoli, ho sporto denuncia ma quanta indifferenza!"

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​Una collega, un giovane avvocato, è stata vittima di atti di violenza sessuale al palagiustizia di Napoli lo scorso 5 giugno. Lo ha denunciato oggi, con un comunicato su Facebook lei stessa, che ha reso anche noto di avere sporto denuncia all'autorità giudiziaria ed ha nello stesso tempo denunciato le condizioni di insicurezza nelle quali versa il palagiustizia. Ecco il post di T, un post carico di indignazione ed anche di rammarico per una ulteriore violenza che, come lei sostiene - e come in effetti è stato confermato a questo giornale da alcuni colleghi presenti al momento dei fatti che l'hanno anche soccorsa - è stata costretta a subire in concomitanza e subito dopo la prima. Ed è a lei, a T., che rivolgiamo, innanzitutto, la nostra piena ed incondizionata solidarietà. Riportiamo adesso il suo post:

"Questa volta" - è l'incipit - "parlo io. E non lo faccio per raccontare l'aggressione della scorsa settimana, per quello ci penserà un Giudice in un processo, ma parlo perché sono un Avvocato". Continua: "In questi giorni vi è stato un decoroso silenzio intorno a questa storia, solo perché io sono una qualunque, una che lavora, una che non fa politica forense, una che fa l'avvocato anche se non ha amicizie". Qui il rammarico, la delusione: "E allora non interessa a nessuno parlare di violenza, non interessa a nessuno dire in quali condizioni lavoriamo, non interessa a nessuno la situazione dell'avvocatura". Insicurezza, insomma, ma non per tutti: "Certo, tanto i magistrati hanno le loro scorte, i carabinieri che vigilano, controlli 24 h su 24, e noi? Noi invece siamo quelli che subiamo, subiamo e ancora subiamo. E ancora di più quando si è giovani, quando non sei uno dei principi del Foro, ma se uno 'nuovo' uno senza santi in paradiso". Poi, l'accusa alle buricrazie forensi: "Vi riempite la bocca e gridate di dover restare vicini alla giovane avvocatura, di tutelare quelli che vogliono fare questo lavoro, di lasciare qualcosa di positivo. E invece eccovi qui, senza palle, senza rispetto, perché parlare è facile, agire difficile". 

Ora lei, il giovane avvocato, è un fiume in piena e continua: "Non volevo solidarietà, non volevo comunicati, non volevo nulla, ma pretendevo rispetto e non solo perché sono Donna ma anche perché sono un Avvocato, e non solo per me ma per tutti noi. Questo non ci è stato e non solo perché nessuno è intervenuto al momento dei fatti ma nessuno è intervenuto dopo perché non ero 'conosciuta'". Insomma, in tanti avrebbero visto, ma nessuno ha fatto nulla: "Eppure, non serviva conoscermi, non serviva sapere il mio nome e cognome, ma bastava sapere che l'aggressione era avvenuta nei confronti di un avvocato per prendere provvedimenti, per urlare le condizioni in cui lavoriamo. Non fate convegni non parlate di violenza sulle donne, non dite di essere avvocati, perché non lo siete! Questo post servirà a poco lo so, ma finalmente avrò detto ciò che l'esperinza di questa disavventura mi ha lasciato!".

Il racconto di una violenza, impressionante, indelebile. Il racconto di un luogo non protetto, di una protezione a due velocità, I magistrati superscortati e gli avvocati alla mercé del primo a cui passa per la testa di avvicinare una donna e di usarle violenza. Ma anche il racconto di colleghi che avrebbero visto la scena e non sarebbero intervenuti. Una situazione ai limiti, un'ombra pesante sullo spirito di colleganza, ma anche di solidarietà umana. Se si trattasse di accuse inventate, campate in aria, sarebbe gravissimo. Eppure, subito dopo la pubblicazione del nostro post, i colleghi iniziano a parlare, a commentare, a raccontare la propria versione dei fatti. Ed ecco parlare un collega, che dà ragione alla vittima, conferma in toto la violenza ma anche, purtroppo, l'indifferenza di molti colleghi. È la nostra Daniela Nazzaro, che riporta il commento di Gennaro Ausiello, parole pesanti come pietre: "Io c'ero e sono immediatamente accorso in aiuto della collega, bloccando l'aggressore e impedendogli di dileguarsi indisturbato fra la folla indifferente. La collega ha ragione, ho visto tanta indifferenza, specie da parte di molti colleghi uomini lì presenti, che hanno preferito restare in disparte. Ma per fortuna non sono tutti così… Le colleghe del mio studio mi hanno dato una mano, ma gli uomini...lasciamo stare"

Insomma, in tanti avrebbero visto ma si sarebbero dileguati. Oppure si sarebbero fatti i fatti, appunto, propri. Un comportamento che appare dell'altro mondo, nel peggiore spirito della povertà umana, dell'omertà. Un comportamento indegno di esseri umani prima ancora che di avvocati. Sarà su questo che il Consiglio dell'Ordine prima ancora che la magistratura saranno chiamati a fare chiarezza. Il presidente dell'Ordine in particolare sarà chiamato a verificare questi comportamenti, e ad accertare se veramente alcuni colleghi presenti si sono voltati dall'altra parte. Per il resto, sarà la magistratura, con il contributo delle forze dell'ordine, a cercare di profondere ogni sforzo per assicurare alla giustizia il colpevole perché uomini del genere non devono poter girare a piede libero nelle strade, figuriamoci nei tribunali. Ed in ogni caso, alla collegava la piena ed incondizionata solidarietà di tutti gli avvocati italiani perché tutti non sono come coloro che hanno finto di non sentire, di non vedere, né di ascoltare la richiesta di aiuto. No, non tutti sono così, men che mai a Napoli. L'unione giovani avvocati penalisti del capoluogo partenopeo, che ha anche scritto al Consiglio dell'Ordine degli avvocati ed alla camera penale per chiedere un incontro urgente al fine di valutare le iniziative da assumere. Nello stesso tempo, i giovani penalisti hanno espresso la propria solidarietà alla collega, per la violenza che il 5 giugno si è abbattuta su di lei.

 

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