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Clava della Cassazione sui "furbetti" dell´allaccio abusivo: "Energia elettrica non indispensabile a vita, no a stato di necessità"

Una sentenza sicuramente storica, quella depositata il 4 settembre 2017 dalla Suprema Corte di Cassazione, che, affermando che chi si allaccia abusivamente alla rete elettrica sostenendo di non disporre delle risorse economiche per pagare i consumi, e pertanto assumendo di essere spinto da uno stato di necessità non può in alcun modo essere scusato in quanto l´energia elettrica non è un bene «indispensabile alla vita», ha introdotto un principio di assoluto rigore nei confronti dei frequentissimi furti di energia elettrica che spesso sulla base di giustificazioni di questo genere, si consumano ai danni della collettività.
Nel caso in questione, nel quale era stata tratta giudizio una donna pugliese dichiaratasi sfrattata, senza lavoro e con una figlia incinta, la Corte è stata chiara: il godere dell´elettricità procura «agi e opportunità» ma se non se ne dispone, questa situazione pur essendo precaria e certamente infelice non giustifica affatto il poter invocare uno stato di necessità in quanto non mette a rischio la vita.
Infatti, hanno scritto i giudici, «la esimente dello stato di necessità postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non scongiurabile se non attraverso l´atto penalmente illecito, e non può quindi applicarsi a reati asseritamente provocati da uno stato di bisogno economico, qualora ad esso possa comunque ovviarsi attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti».
Quindi, e ancora scritto nella sentenza n. 39884/2017 qui in commento, «la mancanza di energia elettrica non comportava nessun pericolo attuale di danno grave alla persona, trattandosi di bene non indispensabile alla vita, nel senso sopra specificato (infatti, l´energia elettrica veniva utilizzata anche per muovere i numerosi elettrodomestici della casa): semmai idoneo a procurare agi e opportunità, che fuoriescono dal concetto di incoercibile necessità», condizione richiesta, come noto, per combinare una condanna in sede penale, con conferma piena della sentenza impugnata dalla donna che era stata emessa dalla Corte di Appello di Lecce il 28 settembre 2016 con cui la pena combinata in primo grado dal tribunale era stata leggermente attenuata pur essendo stata mantenuta a carico dell´imputato la aggravante di aver agito fraudolentemente dal momento che anche quando l´allaccio avviene «senza rompere o trasformare la destinazione del cavo», si tratta sempre di un allaccio abusivo
In definitiva, quella appena depositata dalla Suprema Corte è una sentenza esemplare, una di quelle che sembrano destinati ad incidere profondamente sulla cultura civica.
Seppure non mancano sentenze che abbiano affermato l´insussistenza del reato, nel caso di indebito allaccio alle reti idriche a causa della qualificazione dell´acqua come bene primario, qui la Corte ha enunciato un principio diverso, facendo presente che della energia elettrica si può anche fare a meno, come in definitiva facevano a meno i nostri nonni.
Avv. Giovanni Di Martino

 

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