Del delicato tema in questione si è occupato il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza del 24 settembre 2015 n. 148, pubblicata nel sito istituzionale del Consiglio il 17 giugno 2016.
La vicenda culminata con la pronuncia del CNF traeva origine da sette diversi esposti e relativi procedimenti disciplinari aperti dal COA di Milano nei confronti di un legale, così riassumibili:
1) Per il primo procedimento esponevano i Clienti di averlo incaricato di procedere giudizialmente nei confronti del Condominio, cui faceva parte il loro appartamento, corrispondendogli un acconto. Il legale non solo non dava corso ai mandati ma, in più, negli anni, si premurava di rassicurare genericamente i propri clienti sul buon andamento delle cause. Successivamente, dopo la revoca dei mandati, si rifiutava di restituire la documentazione, né restituiva gli acconti.
2) Il secondo procedimento atteneva invece all´esposto di altro Cliente nei confronti del medesimo professionista. Il primo deduceva di averlo incaricato di proporre opposizione avverso una cartella esattoriale, conferendogli un anticipo. Anche in questa circostanza il legale non dava corso al mandato e non forniva alcun riscontro nonostante numerose richieste di chiarimenti a fronte delle quali rassicurava il cliente
affermando che il ricorso era stato depositato.
3) Il terzo procedimento riguardava altro esposto per un incarico conferito al legale di agire nei confronti del condominio ed in merito al quale il legale aveva richiesto ed ottenuto una serie di acconti senza dar corso al mandato ricevuto, ma assicurando il cliente dell´esistenza di un giudizio e poi – una volta scoperto che nulla era stato fatto – rifiutandosi di restituire la somma percepita.
4) Il quarto procedimento era aperto d´ufficio dal COA in relazione alla condanna inflittagli dal Tribunale di Milano a mesi due di reclusione per la mancata corresponsione della somma stabilita dal Tribunale di Milano a titolo di alimenti alla moglie divorziata.
5) Il quinto procedimento era conseguente all´esposto presentato nei confronti del legale con il quale la stessa rappresentava di avergli conferito un mandato per assisterla in un procedimento penale. Il legale gli aveva chiesto di nominare anche un collega ove doveva tenersi il procedimento e che la Cliente aveva acconsentito alla richiesta. In seguito, chiedeva e otteneva dalla Cliente una somma per le proprie competenze ed altra per quelle del collega. Ma dopo qualche tempo, la Cliente veniva a conoscenza che non solo il legale non aveva intrapreso alcuna attività difensiva nel suo interesse ma anche che aveva trattenuto l´intera somma a lui corrisposta, compresa la quota richiesta come da destinare al collega. Disattesa la domanda di restituzione degli acconti.
6) Il sesto procedimento atteneva ad esposto con il quale la Cliente assumeva di aver conferito al legale mandato professionale per assisterla in una vertenza di lavoro e di avergli versato un fondo spese, aggiungendo che non era stato dato corso al mandato e che il legale aveva trattenuto l´acconto ricevuto.
Citato in giudizio in sede disciplinare in ordine ai predetti procedimenti, a seguito dell´istruttoria, il COA riteneva che i fatti addebitati al legale concretassero un comportamento reiterato nel tempo, e senza alcuna indicazione di ravvedimento, tenuto conto che alcuna restituzione degli importi trattenuti era stata mai da lui offerta.
Dato atto che il legale era stato condannato con sentenza della Corte d´Appello di Milano per il reato di peculato, il COA gli infliggeva la sanzione della radiazione, ed avverso tale decisione il professionista proponeva ricorso al CNF.
Con la sentenza in commento, il CNF ha ritenuto il ricorso infondato e lo ha pertanto rigettato.
In disparte le ragioni di rito, il Consiglio ha evidenziato:
-che era corretta la valutazione del COA secondo cui "i comportamenti del legale ripetuti in danno di numerosi soggetti, avevano ingenerato un forte discredito non limitato alla persona dell´incolpato ma esteso all´intera classe forense", e che quindi "i comportamenti quali sopra
descritti risultavano incompatibili con i principi di correttezza e probità che devono caratterizzare la vita professionale e che "....dunque si rende necessario troncare con fermezza questo stato di cose".
-che inoltre, il percorso logico – giuridico che aveva condotto al provvedimento di radiazione adottato dal COA di Milano si era basato sulle
vicende oggetto dei capi di incolpazione, sulla piena conferma dibattimentale delle stesse e sulla valutazione in termini estremamente negativi dei comportamenti posti in essere dal legale individuati anche come reiterati e privi di qualsiasi forma di resipiscenza, per cui anche sotto tale profilo la decisione del COA appariva immune da censure.
Da ciò il rigetto del ricorso e la conferma della radiazione.
Sentenza allegata
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