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Cessione di studi professionali e clientela

GEN4

Riferimenti normativi: Artt. 17, 50, 51, 54 T.U.I.R. - R.M.n.108/E del 29/3/2002 – R.M. 30/E/2006, Circolare n.11/E del 16/02/2007.

Focus: Il fenomeno economico, sempre più crescente, di cessione di uno studio profes-sionale comporta problematiche fiscali scaturenti dalla coesistenza di elementi comuni tra le libere professioni e il mondo imprenditoriale. La normativa generale sembra equiparare i due settori: il trattato UE, all'art.50, inserisce le libere professioni intellettuali tra i servizi, ponendo sullo stesso piano le libere professioni e le attività di carattere imprenditoriale, stabilendo che entrambe sono finalizzate alla produzione di servizi. Il codice del consumo, all'art.33, disciplinando le clausole vessatorie, accomuna le due tipologie di attività, e l'art.34 del trattato di Maastricht considera congiuntamente le attività professionali e imprenditoriali. I due settori, però, si distinguono sul piano fiscale nel momento in cui si effettua una cessione dell'attività professionale. Infatti, tenuto conto che le attività professionali si contraddistinguono per il patrimonio intellettivo, frutto di competenze ed esperienze professionali, e per le relazioni di fiducia con la clientela, ci si chiede se è ravvisabile, nella cessione degli studi professionali, un valore di avviamento tra gli "ele-menti immateriali".

Principi generali: In termini aziendali, l'avviamento rappresenta il valore di un'impresa, che riflette la posizione della stessa sul mercato ed è elemento rilevante nella determinazione del prezzo dell'azienda al momento del trasferimento di proprietà. La cessione di azienda è un'operazione unitaria finalizzata a permettere ad un terzo la continuazione dell'impresa e può riguardare l'intera azienda o più aziende possedute dallo stesso imprenditore o un solo ramo dell'azienda oggetto di cessione. Il concetto di azienda, che si riferisce al com­plesso di beni organizzati dall'imprenditore, mal si presta a rappresentare l'atti­vità professionale, nel cui ambito è più complicato stabilire esattamente in cosa consista l'avviamento.

Nello studio professionale, secondo la dottrina, poiché prevale sempre l'attività svol­ta dal professionista stesso non può ravvi­sarsi un'autonomia dell'organizzazione di beni. Di conse-guenza, nel caso di cessione dello studio professionale non può attribuirsi un valore a titolo di avviamen­to. 

Non è di norma attribuibile nemmeno un mag­gior valore all'organizzazione posta in essere dal professionista, in quanto non è detto che, in segui­to al mutamento del professionista, permanga la stessa capacità reddituale. Non essendo, perciò, assimilabile la cessione di uno studio professionale alla cessione dell'azienda dell'imprenditore, le somme percepite dal professionista non possono essere assoggettate alle norme che disciplinano la tassazione delle plusvalenze da cessione d'azienda.

I concetti sopra delineati, però, sembrano superati dal fatto che attualmente l'attività professionale viene sempre più spesso esercitata nell'ambito di studi organizzati, di studi anche certificati ai fini della qualità, in cui le dotazioni informatiche e la ripartizione dei compiti svolti tra i diversi soggetti fanno sì che la struttura assuma una "certa autono­mia" rispetto alla figura del professionista. In buona sostanza, l'orga­nizzazione sta diventando un elemento rilevante, intesa non come organizzazione di beni ma come metodo, come coordinamento di rapporti, come prestazioni, e di clientela. 

Cessione di studio professionale e sua tassazione: La cessione dello studio professionale comporta la cessione di una pluralità di beni e di posizioni contrattuali. In relazioni ad essi viene ceduto anche il valore del portafoglio clienti, definito come "avviamento professio-nale", che genera reddito e, perciò, è sottoposto a tassazione ordinaria, secondo il principio di cassa, ai sensi dell'art. 54, comma 1 quater ,T.U.I.R. Quest'ultimo stabilisce che "concorrono a formare il reddito i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all'attività artistica o professionale". 

Anche in caso di rateazione del corrispettivo tutte le rate concorrono a formare il reddito professionale.Tuttavia, l'art.17, lett.g-ter, T.U.I.R., introdotto con D.L.n.223/2006, prevede la possibilità di assoggettare a tassazione separata i corrispettivi percepiti a seguito della cessione di uno studio professionale, se incassati in unica soluzione. Ciò per evitare che i corrispettivi derivanti dalla cessione della clientela professionale si cumulino con gli altri redditi percepiti nell'anno, determinando l'applicazione in capo al contribuente di scaglioni ed aliquote più elevate.

L'Agenzia delle Entrate, intervenuta su tale problematica, ha chiarito con la Circolare n.11/E del 16/02/2007 che tale modalità può essere, comunque, applicata nel caso in cui il corrispettivo della vendita dell'attività professionale venisse percepito in più rate ma nello stesso periodo d'imposta.Ai fini Iva, il professionista cedente, organizzato in forma individuale, che intende cessare l'attività, poiché è obbligato ad emettere parcella per le rate incassate, deve conservare la partita Iva fino al-l'incasso dell'ultima rata.

Costi del professionista acquirente e trattamento fiscale: Per quanto riguarda il trattamento fiscale della spesa sostenuta dal professionista acquirente è necessario fare riferimento a quanto indicato nella Risoluzione n.108/E/2002 dell'Agenzia delle Entrate.

L'Agenzia ha confermato che per il professionista che sostiene la spesa per l'acquisizione della nuova clientela, vi è un costo inerente all'esercizio dell'attività professionale, come tale deducibile, in sede di determinazione del reddito, nei limiti ed alle condizioni previste dall'articolo 50 del D.P.R. n. 917/86, in quanto i costi sostenuti sono stati considerati dall'Amministrazione finanziaria pari alle consulenze professionali rese. Ciò è stato ribadito dalla stessa anche con Risoluzione n. 30/E/2006, in risposta ad un interpello avente ad oggetto l'acquisto, da parte di un avvocato, del "marchio" di un noto studio legale caratterizzato da un'ottima e consolidata reputazione. L'Agenzia "riqualifica" l'operazione, sostenendo trattarsi di un "contratto di natura obbligatoria nel quale a fronte del corrispettivo pagato, al contribuente istante viene consentito l'utilizzo del predetto segno grafico sulla carta intestata del proprio studio professionale, sull'elenco telefonico, sulla propria targa professionale, in occasione dei convegni, ecc., al fine di apparire nei confronti dei clienti come uno studio associato o comunque collegato allo studio titolare del segno grafico in questione nella prospettiva di aumentare la visibilità e la credibilità del proprio studio professionale". Ancora una volta, viene rifiutato ogni collegamento con la disciplina della cessione dell'azienda e dei suoi elementi distintivi. Ad ogni modo, per la cifra corrisposta per l'acquisto, secondo la risoluzione citata "tale costo deve essere portato integralmente in deduzione nel periodo d'imposta in cui lo stesso è stato effettivamente sostenuto".

 Giurisprudenza in materia: La Cassazione con la pronuncia n. 2860/2010 osserva che, "pur essendo vero che il professionista non è un imprenditore e che lo studio professionale non è di per sé un'azienda e pur tenendo conto che non è possibile il <<trasferimento>>, in senso tecnico, della clientela (Cass. 5848/1979), è comunque configurabile la cessione dello studio con il relativo valore di avviamento". In particolare, i giudici di legittimità affermano che "i fattori organizzativi potrebbero prevalere sull'attività professionale o porsi come entità autonoma e distinta; ma, in ogni caso, la cedibilità dello Studio prescinde dal requisito della detta prevalenza". <<Il trasferimento della clientela avviene in modo indiretto, assumendo il cedente obblighi di fare, consistenti nello svolgimento di una attività promozionale verso il cedente, e di non fare, consistenti nel divieto di concorrenza del cedente nello stesso luogo in cui egli esercitava l'attività. Alla luce di questi principi, non può invocarsi la nullità del contratto che contempli la cessione dello studio professionale laddove ricorrano i requisiti sopra indicati; né in tal caso potrà sostenersi l'assenza di un avviamento, con i conseguenti effetti sugli accertamenti emessi dagli Uffici finanziari>>.

Nella sentenza n. 10178/2017 la Corte di Cassazione ha ribadito che "anche gli studi professionali in genere possono essere organizzati sotto forma di azienda tutte le volte in cui al profilo personale dell'attività svolta si affianchino un'organizzazione di mezzi e strutture, un numero di titolari e dipendenti, un'ampiezza dei locali adibiti all'attività, tali che il fattore organizzativo e l'entità dei mezzi impiegati sovrasti l'attività professionale del titolare, o quantomeno si ponga, rispetto ad essa, come entità giuridica dotata di una propria autonomia strutturale e funzionale che, seppur non separata dall'attività del titolare, assume una rilevanza economica tale da essere suscettibile di una propria valutazione, divenendo, per sé stessa, oggetto di possibile contrattazione (Cass.n. 11896/2002)".

In conclusione, quindi, deve ritenersi che il trasferimento di azienda può riguardare anche gli studi professionali tutte le volte in cui l'organizzazione e l'entità dei mezzi impiegati "sovrastino l'attività del titolare" (Cassazione, n. 14641/2006), con effetti sull'applicazione dell'art. 51 T.U.I.R.

 

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