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Termine a quo per impugnazione, conoscenza provvedimento, chiarimenti CdS

Lo ha affermato il Consiglio di Stato, Sezione VI, con sentenza (qui allegata) 4/7/2016 n. 2965.
Il termine per impugnare un provvedimento lesivo - ha affermato la Sezione dichiarando infondato il motivo d´appello, mosso nei confronti della sentenza di prime cure che aveva dichiarato inammissibile il ricorso sulla base della tardività della sua proposizione - decorre dalla piena conoscenza di esso, che si realizza, come nel caso di specie, con la piena consapevolezza del suo contenuto.
La sentenza impugnata correttamente, a giudizio del giudice d´appello, aveva infatti sottolineato che nel giudizio instaurato innanzi all´autorità giudiziaria ordinaria gli odierni appellanti non solo avevano indicato gli estremi degli atti (data e numero di protocollo) ma anche le ragioni di illegittimità, in parte coincidenti con i vizi articolati nel ricorso giurisdizionale amministrativo.
In tale concreta situazione non v´era ragione di attendere, prima di proporre il ricorso, il rilascio della copia integrale degli stessi a seguito dell´esercizio del diritto di accesso.
Da qui il rigetto.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6046 del 2014, proposto da:

M.M. e V.M., rappresentati e difesi dall´avv. Simona Scatola, con domicilio eletto presso Antonio Palma in Roma, Foro Traiano, 1/A c/o Studio Palma;

contro

Comune di Pompei, rappresentato e difeso dall´avv. Gennaro Barbato, con domicilio eletto presso Paolo Di Feo in Roma, via Ottaviano, 105;

nei confronti di

L.B., F.B. e F.B., rappresentati e difesi dall´avv. Andrea Mariconda, con domicilio eletto presso Antonio Inzerillo in Roma, via Romeo Romei, 23;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione III n. 5944/2013, resa tra le parti, concernente permesso di costruire.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pompei e dei signori B.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza del giorno 10 novembre 2015 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati Biamonte per delega di Scatola, e Mariconda;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Gli odierni appellanti hanno impugnato in primo grado i seguenti provvedimenti:

- permesso di costruire in sanatoria n. 110 del 6 dicembre 2010 rilasciato dal Comune di Pompei alla sig.ra L.B. avente ad oggetto "la realizzazione di un primo piano e di parte del piano seminterrato in un fabbricato per civile abitazione composto da piano seminterrato, piano rialzato e piano primo, sito in via C. 55, identificato nel N.C.E.U. al foglio (...), particella (...), impegnante una superficie complessiva (Sc) pari a mq. 190,17 ed un volume vuoto per pieno (vol.v.p.p.) pari a mc. 557,50";

- permesso di costruire in sanatoria, n. 111 del 6 dicembre 2010 rilasciato dal Comune di Pompei al signor F.B. avente ad oggetto "la realizzazione di un piano rialzato e di parte del piano seminterrato in un fabbricato per civile abitazione composto da piano seminterrato, piano rialzato e piano primo, sito in via C. 55, identificato nel N.C.E.U. al foglio (...), particella (...), sub 6, impegnante una superficie complessiva (Sc) pari a mq. 175,13 ed un volume vuoto per pieno (vol.v.p.p.) pari a mc. 527,50, così come rappresentati negli elaborati grafici vistati dalla Soprintendenza BB.AA. di Napoli, che si allegano come parte integrale e sostanziale".

2. La sentenza qui impugnata ha dichiarato irricevibile il ricorso.

La sentenza ha rilevato che i ricorrenti, con atto di citazione a giudizio avanti al Tribunale civile di Torre Annunziata, notificato in data 2 marzo 2011, nel denunciare la violazione delle distanze legali dell´immobile di cui è causa, avevano espressamente menzionano i due provvedimenti rilasciati in sanatoria, dei quali avevano indicato il numero di protocollo e le ragioni di illegittimità, in parte coincidenti con i vizi articolati nel ricorso giurisdizionale amministrativo.

Appare chiaro come la conoscenza dei provvedimenti, risalenti al 2010, del loro contenuto, della loro efficacia lesiva e del tipo di patologia che asseritamente li affliggeva, imponeva ai ricorrenti di impugnarli nel termine di 60 giorni decorrente, quantomeno, dal 2 marzo 2011, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti all´esito della conoscenza integrale degli stessi.

Il ricorso, invece, è stato notificato, il 31 maggio 2011, ossia oltre il menzionato termine decadenziale.

3. Propongono ricorso in appello gli interessati deducendo, tra l´altro: error in procedendo; violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 41 c.p.a. sulla ricevibilità del ricorso introduttivo.

Gli appellanti sostengono che il termine per impugnare i titoli edilizi decorre, per i terzi, dalla data di piena conoscenza del provvedimento, che si intende avvenuta alternativamente al momento del rilascio della copia degli stessi (inclusi i documenti di progetto), ovvero al completamento delle opere (Consiglio di Stato sez. V, 27 giugno 2012, n. 3777).

Non può sostenersi, quindi, che l´esercizio del diritto di accesso agli atti sia stato utilizzato al solo fine strumentale di essere, a dir così, rimessi in termini.

Ne discende, quindi, la tempestività del ricorso notificato in data 31 maggio 2011 atteso che soltanto in data 8 aprile 2011 i ricorrenti hanno ottenuto copia dei permessi in sanatoria n. 110/2010 e n. 111/2010 rilasciati dal Comune di Pompei in favore dei sig.ri B.L. e B.F..

4. La censura non può essere condivisa.

Il termine per impugnare un provvedimento lesivo decorre dalla piena conoscenza di esso, che si realizza, come nel caso di specie, con la piena consapevolezza del suo contenuto.

La sentenza impugnata ha infatti sottolineato che nel giudizio instaurato innanzi all´autorità giudiziaria ordinaria gli odierni appellanti non solo avevano indicato gli estremi degli atti (data e numero di protocollo) ma anche le ragioni di illegittimità, in parte coincidenti con i vizi articolati nel ricorso giurisdizionale amministrativo.

In tale concreta situazione non v´era ragione di attendere, prima di proporre il ricorso, il rilascio della copia integrale degli stessi a seguito dell´esercizio del diritto di accesso.

5. L´infondatezza della censura, attinente alla questione di rito affrontata dalla sentenza di primo grado, esime il giudice d´appello dall´esaminare gli ulteriori motivi formulati nel ricorso in trattazione.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna gli appellanti al pagamento delle spese della presente fase del giudizio in Euro 1.000,00 (Euro mille/00), oltre accessori, sia nei confronti del Comune di Pompei, che nei confronti dei signori B..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2015 con l´intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere, Estensore

Maddalena Filippi, Consigliere

 

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