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Cassazione: assistenza a disabile può essere prestata di notte, norme su congedi retribuiti non stabiliscono orari

Una sentenza della Suprema Corte di Cassazione fa definitiva chiarezza in materia. Siccome non esiste alcun orario per l´assistenza da prestare a familiari in gravi condizioni di disabilità, tale assistenza può essere prestata, all´occorrenza, anche solo durante la notte, per cui, in presenza di un accertamento sulla adeguatezza di tale modalità assistenziale alle condizioni psicofisiche del disabile, è del tutto irrilevante il fatto che, durante la giornata, il lavoratore sia intento ad altre attività, dovendo peraltro lo stesso anche recuperare pienamente le energie per lo stress cui è sottoposto la notte.
Sintetizzabile in questi termini la sentenza con cui La Suprema Corte di Cassazione ha accolto le tesi di un metalmeccanico, dichiarando definitivamente illegittime le sanzioni disciplinari assunte ai suoi danni, ma soprattutto enunciando un principio di diritto che non mancherà di assumere delle refluenze nella giurisprudenza di merito in ordine ad una materia assai contrastata.
Chi usufruisce dei congedi retribuiti per assistere un familiare con grave disabilità ha quindi diritto ad avere "spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita e di riposo" e basta essere presenti anche solo di notte, se di ciò il disabile ha bisogno.
"Non si può ritenere - afferma la Cassazione con la sentenza n. 29062/2017 - che l´assistenza che legittima il beneficio del congedo straordinario possa intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, quali la cura dei propri interessi personali e familiari, oltre alle ordinarie necessità di riposo e di recupero delle energie psico-fisiche, sempre che risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile".
Bocciata la tesi della datrice che insisteva per licenziare in tronco il dipendente sostenendo che "durante le giornate oggetto di accertamento investigativo si era dedicato ad attività di proprio personale interesse e non risultava aver assistito la madre disabile". presso il Comune di residenza della quale il lavoratore aveva spostato la residenza per usufruire della legge 151 del 2001 sui congedi parentali.
I supremi giudici hanno osservato che "pur risultando materialmente accaduto che si trovasse in talune giornate del giugno 2013 lontano dall´abitazione della madre ciò non è sufficiente a far ritenere sussistente il fatto contestato - la violazione del dovere di fedeltà e correttezza - perché una volta accertato che, ferma la convivenza, il lavoratore comunque prestava continuativa assistenza notturna alla disabile, alternandosi durante il giorno con altre persone, con modalità da considerarsi compatibili con le finalità dell´intervento assistenziale, tanto svuota di rilievo disciplinare la condotta tenuta".
Avv. Pietro Gurrieri

 

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