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Assunzione diretta alle Forze di Polizia, no per i congiunti superstiti di agenti e funzionari vittime di cause di servizio

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Con sentenza n. 11054 del 15 novembre 2018, il TAR Lazio ha confermato il pacifico orientamento giurisprudenziale, secondo cui i benefici riconosciuti agli agenti e funzionari della Polizia di Stato "vittime del dovere" devono essere tenuti distinti dalle norme che prevedono un ristoro economico per i pregiudizi patiti per "cause di servizio". Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione dei Giudici amministrativi. Il ricorrente è figlio di un appartenente alla Polizia di Stato, deceduto per infarto del miocardio. È stato riscontrato che l'infermità del padre del ricorrente è dipesa da causa di servizio. In conseguenza di tale evento dannoso, il ricorrente, ritenendosi una "vittima" del dovere, ha presentato l'istanza di nomina diretta quale allievo operatore tecnico ex art. 5, d.P.R. 24 aprile 1982, n. 337 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica), come modificato dall'art. 4, d.lgs. 28 febbraio 2001, n. 53 e dall'art. 37 della legge 16 gennaio 2003, n. 3. Il Ministero dell'interno, Dipartimento di Pubblica Sicurezza si è espresso negativamente per carenza dei requisiti prescritti dalla normativa invocata. Il caso è giunto dinanzi al TAR Lazio. Quest'ultimo, innanzitutto, parte dall'esame dell'art. 5 su richiamato. Secondo tale disposizione, commi 4 e 5, possono essere nominati allievi operatori tecnici:

  • il coniuge ed i figli superstiti, nonché i fratelli, qualora unici superstiti, degli appartenenti alle Forze di Polizia deceduti o resi permanentemente invalidi al servizio, con invalidità non inferiore all'ottanta per cento della capacità lavorativa, a causa di azioni criminose;
  • il coniuge ed i figli superstiti, nonché i fratelli, qualora unici superstiti, degli appartenenti alle Forze di Polizia deceduti o resi permanentemente invalidi al servizio, con invalidità non inferiore all'ottanta per cento della capacità lavorativa, per effetto di ferite o lesioni riportate nell'espletamento di missioni internazionali di pace.

Dalla lettura di tale norma, appare evidente che i soggetti su indicati, qualora presentino i requisiti previsti, possono essere assunti nelle Forze di Polizia direttamente, senza dover partecipare ai relativi concorsi. E ciò in considerazione del fatto che essi sono riconosciuti "vittime del dovere" per aver patito la perdita del proprio congiunto:

  • a causa di un'azione criminosa;
  • durante l'espletamento di una missione internazionale di pace.

Da tali casi si differenzia quello in cui le persone su citate perdono un congiunto, sempre appartenente alle Forze di Polizia, per un'infermità dipendente da causa di servizio. In tali ipotesi, il congiunto superstite avrebbe diritto solo al risarcimento dei danni. E ciò in considerazione del fatto che il riconoscimento di una infermità o lesione dipendente da causa di servizio non costituisce elemento sufficiente per l'attribuzione di quel beneficio ulteriore (assunzione diretta) che, invece, spetta al congiunto superstite in conseguenza di decesso o di invalidità dell'appartenente alle Forze di Polizia, dipendente da eventi dannosi eccezionali. L'infermità o la lesione per causa di servizio è, infatti, caratterizzata da un rapporto di mera occasionalità, ossia è caratterizzata dal fatto che il danno è insorto "in occasione" dello svolgimento del servizio ordinario. La norma su citata, invece, richiede che il rischio affrontato dall'agente vada oltre quello ordinariamente inerente l'attività dallo stesso svolta (cfr. da ultimo, Cons. di Stato, sez. III, 16 dicembre 2016 n. 5362). Orbene, tornando al caso in esame, i Giudici amministrativi ritengono che il ricorrente non rientra tra i soggetti aventi diritto del beneficio di cui all'art. 5 su menzionato atteso che l'evento che ha causato la morte del padre è privo di quel carattere di eccezionalità su esposto. 

Ne consegue che l'assunzione diretta richiesta dal ricorrente non troverebbe alcuna legittimazione, non sussistendo ragioni straordinarie che giustificherebbero una deroga al principio sancito dall'art. 97 cost., ossia al principio dell'accesso al pubblico impiego mediante concorso. Una deroga, questa, che, ove fosse estesa a casi diversi da quelli espressamente disciplinati, costituirebbe un'illegittimità costituzionale. Né d'altronde la norma in esame si presta ad un'interpretazione estensiva o analogica in tal senso, in quanto il legislatore stesso, quando ha voluto estendere il beneficio di cui stiamo discorrendo ad altri eventi dannosi diversi da quelli criminosi, l'ha fatto espressamente. Si pensi al comma 5 della disposizione in questione: il legislatore, qui, ha incluso in modo esplicito, tra i presupposti idonei all'assunzione diretta del congiunto superstite, gli eventi dannosi occorsi durante l'espletamento di missioni internazionali di pace. Orbene, tornando alla fattispecie in esame, essa  non rientra in tali casi in quanto è stato appurato che:

  • il padre del ricorrente è deceduto per arresto cardiocircolatorio;
  • detta infermità è stata riconosciuta dipendente da causa di servizio perché determinata, nella sua insorgenza, da un insieme di fattori occorsi nell'arco dell'espletamento ordinario delle mansioni assegnate al proprio congiunto.

Con l'ovvia conseguenza che, nel caso di specie, non può trovare applicazione la norma in questione. Alla luce di tali argomentazioni, pertanto, il TAR, pronunciandosi sul ricorso, ha ritenuto le richieste del ricorrente infondate e ha rigettato la sua impugnazione. 

 

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