Si può procedere all´ annullamento del testamento per incapacità naturale del testatore, solo quando sia certa l´ assoluta assenza di coscienza degli atti o della capacità di autodeterminarsi, data da un´infermità che sia permanente o transitoria.
In questi termini si è pronunciata la II sezione Civile della Cassazione con ordinanza n. 12691/17 depositata il 19 Maggio.
Una donna impugnava un testamento olografo, di cui evidentemente non condivideva il contenuto, contestando che in capo alla testatrice ci fosse la capacità di intendere di volere, perché affetta da disturbo bipolare della personalità.
Effettivamente la donna, poco tempo dopo la redazione del testamento aveva tentato il suicidio, e il procedimento di interdizione non si era completato a causa del suo decesso.
La Corte d´Appello di Genova riformava la pronuncia del giudice di primo grado, e così respingeva la domanda di annullamento di detto testamento, dato che a seguito di CTU medico-legale e contrariamente alla convinzione dell´attrice, veniva accertata la mancanza dell´incapacità di intendere e di volere della de cuius, e quindi accertata una lucidità mentale tale da rendere le sue ultime volontà coerenti, ragionevoli e pertanto plausibili.
Una volta coinvolta anche la Cassazione, questa ribadiva i principi in tema di annullamento del testamento per incapacità naturale del testatore. E infatti per procedere all´ annullamento non si può prescindere da un controllo il cui esito si sostanzi nella certezza di una assoluta assenza della coscienza degli atti del testatore e della capacità di autodeterminarsi, causata da un´infermità transitoria o permanente, o qualsiasi altra causa che al momento della redazione dell´atto abbia "disturbato" il testatore.
Una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche o intellettive non può essere considerata sufficiente in questo senso. Menzionando giurisprudenza risalente, peraltro, la Corte ha ricordato che, eccezionalmente, spetta a chi impugna il testamento dimostrare l´ incapacità, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacità totale e permanente. In tal caso, l´onere di provarne la lucidità grava su chi, condividendo il contenuto del testamento, intenda avvalersene e così provare che lo stesso è stato scritto in un momento di lucido intervallo. (Cass. 27351/2014).
Ora, quanto alla valutazione della sussistenza della capacità di intendere e di volere del testatore, il giudice di merito ha tratto le sue conclusioni vagliando le disposizioni contenute nell´ atto e considerandole ragionevoli per la "serietà, normalità e coerenza, nonché i sentimenti e i fini che le hanno ispirate" (Cass. 230/2011). Pronunciandosi la sentenza d´appello coerentemente con i principi appena esposti, risultava assolutamente immune da vizi logici. Il giudice del merito, come ha confermato la Cassazione, ha proceduto ad una valutazione del contenuto testamentario da cui risulta la coerenza dello stesso in relazione alla volontà che più volte, in vita, la testatrice aveva manifestato. Tale convincimento è rafforzato da un referto medico, precisamente a seguito di visita psichiatrica, avvenuta proprio all´ epoca in cui il testamento veniva redatto.
Tale atto è testimone dell´assenza di disturbi psichici o alterazioni della coscienza e della memoria, e che quindi il disturbo bipolare non avrebbe inciso sulle volontà testamentarie, non essendo compromesse le capacità cognitive e volitive. Al contrario, la donna ha mostrato una nitidezza nel ragionamento e nelle scelte, che altro non potevano lasciar intendere se non un precisa volontà della stessa nell ´avvantaggiare qualcuno a scapito di qualcun altro, nella fattispecie, la ricorrente riluttante ad attuare il testamento.
Condannandola quindi al pagamento delle spese di giudizio, la Suprema Corte rigettava il suo ricorso.
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015