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L'Art. 106 comma 1 del TUIR recita:
Le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell'articolo 85, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. Nel computo del limite si tiene conto anche di accantonamenti per rischi su crediti. La deduzione non è più ammessa quando l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli
accantonamenti ha raggiunto il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.
Con la risoluzione 65/E del 2017, l'Agenzia delle Entrate ribadisce che per verificare il rispetto del plafond di deducibilità dell'ammontare complessivo delle svalutazioni dei crediti occorre confrontare il 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti con il totale delle svalutazioni e degli accantonamenti "dedotti" e non con quelli complessivamente imputati in bilancio. Ovvero, seguendo una linea molto prudenziale, in sede di redazione del bilancio, l'Amministratore decida di svalutare un credito solo ai fini civilistici, non riportandolo nelle variazioni in diminuzione in sede di dichiarazione dei Redditi. Pertanto in bilancio risulterà un fondo, magari superiore al 5% del totale dei crediti in questione, ma effettivamente quel fondo non ha apportato nessun beneficio fiscale.
L'Agenzia ha fornito chiarimenti sul comportamento da tenere, in sede di dichiarazione, laddove l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti ha raggiunto il limite del 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio.
Qualora l'accantonamento al fondo svalutazione crediti dovesse superare uno di tali limiti, l'eccedenza sarebbe fiscalmente indeducibile e, pertanto, si originerebbe una variazione in aumento in dichiarazione dei redditi. Il fondo, di conseguenza, potrebbe essere idealmente distinto in due componenti:
- una parte fiscalmente non rilevante (fondo dedotto), pari alla somma degli accantonamenti che rientrano nei limiti previsti dall'art. 106;
- una parte fiscalmente rilevante (fondo non dedotto), pari alla differenza tra gli accantonamenti imputati a Conto Economico in applicazione dei principi contabili e delle regole civilistiche (il cui approfondimento non è oggetto del presente articolo) e gli accantonamenti deducibili ai sensi del TUIR.
Qualora poi, in un esercizio successivo, si procedesse ad utilizzare il fondo a copertura di perdite su crediti effettivamente rilevate, da un punto di visto fiscale andrà prioritariamente utilizzato il fondo non dedotto, al fine di evitare di perdere definitivamente la quota di accantonamento non dedotta al momento dello stanziamento: in tale evenienza, si procederà alla rilevazione di una corrispondente variazione in diminuzione in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi.
A fronte della variazione temporanea in aumento rilevata nell'esercizio di accantonamento "incapiente", annullata nell'esercizio successivo da una corrispondente variazione in diminuzione, in occasione del relativo utilizzo, è necessario rilevare la fiscalità differita.
La base di calcolo dei limiti citati è rappresentata dai crediti risultanti in bilancio derivanti dalle cessioni di beni e prestazioni di servizi di cui all'art. 85, co. 1, TUIR, che non siano coperti da garanzia assicurativa.
In particolare, sono ricompresi nel totale in oggetto, tra gli altri, le ricevute bancarie, le cambiali attive e le fatture da emettere, mentre vanno conteggiate in diminuzione le note di credito da emettere ed i crediti derivanti da cessioni di beni strumentali, i quali determinano plusvalenze e minusvalenze, e non ricavi tipici e i quelli ceduti in factoring.
Trattata la parte fiscale, si passa alla trattazione civilistica della svalutazione dei crediti.
Il Principio Contabile 15 dell'OIC stabilisce che un credito deve essere svalutato nell'esercizio in cui si ritiene probabile che il credito abbia perso valore. Inoltre definisce gli indicatori secondo i quali un credito abbia perso valore. Tali indicatori sono i seguenti:
- significative difficoltà finanziarie del debitore;
- una violazione del contratto, quale un inadempimento o un mancato pagamento degli interessi o del capitale;
- il creditore, per ragioni economiche o legali relative alla difficoltà finanziaria del debitore, estende a quest'ultimo una concessione che il creditore non avrebbe altrimenti preso in considerazione;
- sussiste la probabilità che il debitore dichiari fallimento o attivi altre procedure di ristrutturazione finanziaria;
- dati osservabili che indichino l'esistenza di una diminuzione sensibile nei futuri flussi finanziari stimati per un credito, ivi incluso, condizioni economiche nazionali o locali sfavorevoli o cambiamenti sfavorevoli nelle condizioni economiche del settore economico di appartenenza del debitore.
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