, destinata a far discutere, come sta già avvenendo.
Il Tribunale di Roma, sezione V, con sentenza 12 - 15 marzo 2016, n. 5322, ha fatto chiarezza su un argomento sicuramente molto delicato e all´avanguardia.
La questione
Il Tribunale adito era stato adito, con atto di citazione, da una donna che aveva adottato un cane iscritto a suo nome all´anagrafe canina con regolare microchip, raccogliendolo dalla strada nel corso della propria relazione di convivenza con (OMISSIS).
Quest´ultimo, a seguito della rottura del rapporto sentimentale, aveva deciso di trattenere con sé il cane, non permettendo alla donna di vederlo con regolarità.
In seguito alla instaurazione della lite, si costituiva in giudizio, ritualmente e tempestivamente, l´ex convivente dell´attrice, eccependo che si era sempre occupato del cane, durante la sua convivenza con la donna, facendolo sottoporre alle necessarie cure e controlli sanitari, e chiedendo, per l´effetto, il rigetto della domanda.
La decisione
Il Tribunale, nel ricostruire la disciplina, ha rilevato che nel nostro ordinamento manca una norma di riferimento che disciplini l´affidamento di un animale domestico, in caso di separazione dei coniugi o dei conviventi.
Come spesso accade, il legislatore è in sensibile ritardo rispetto al mutamento del costume e delle problematiche sociali. Sempre più frequenti, infatti, i casi in cui coniugi o, comunque, persone che in regime di convivenza hanno posseduto un animale domestico, si rivolgono al giudice, costretto a creare un principio giuridico, per il suo affidamento.
Già in precedenti pronunce, a tal proposito, i Tribunali, in assenza di una norma di riferimento, hanno applicato, per analogia, la disciplina riservata ai figli minori. L´interesse privilegiato nelle pronunce, a prescindere dalle differenti statuizioni, legate al caso specifico esaminato, è stato esclusivamente quello materiale-spirituale-affettivo dell´animale.
Nel caso in esame, il giudice ha ritenuto di dover aderire a tale orientamento che, del resto, non fa che anticipare l´auspicabile approvazione ed entrata in vigore di una proposta di legge che "giace" in parlamento da molti anni, con cui si vorrebbe introdurre nel codice civile, l´art. 455-ter (affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi) che recita: "In caso di separazione dei coniugi, proprietari di un animale familiare, il Tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell´animale, sentiti coniugi, i conviventi, la prole e, se del caso, esperti di comportamento animale, attribuisce l´affido esclusivo o condiviso dell´animale alla parte in grado di garantire il maggior benessere. Il Tribunale è competente a decidere in merito all´affido di cui al presente comma anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio". Considerato anche che il regime giuridico in grado di tutelare l´interesse materiale-spirituale-affettivo dell´animale, contemperandolo, peraltro, con l´interesse affettivo sia di parte attrice che di parte convenuta, sia l´affido condiviso con divisione al 50% delle spese per il suo mantenimento (cibo, cure, ecc.).
Il giudice capitolino ha quindi disposto un affido condiviso, stabilendo che l´animale stia sei mesi l´anno con una parte e sei mesi con l´altra, con facoltà per la parte che nei sei mesi non lo avrà con sé, di vederlo e tenerlo due giorni la settimana, anche continuativi, notte compresa.
Sentenza allegata