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Con l'ordinanza n. 18071 depositata lo scorso 6 giugno, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, ha confermato lo stato di adottabilità di un minore per i comportamenti pregiudizievoli dei genitori, i quali avevano entrambi mostrato poco interesse circa la possibilità di incontrare la propria figlia.
Si è difatti precisato che "il prioritario diritto fondamentale del figlio di vivere, nei limiti del possibile, con i suoi genitori e di essere allevato nell'ambito della propria famiglia, può essere limitato solo nei casi in cui la sua famiglia non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessarie, con conseguente configurabilità di un endemico e radicale stato di abbandono, in quanto i genitori irreversibilmente siano incapaci di allevare ed educare i figli per totale inadeguatezza a prendersene cura".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso proposto dalla Procura della Repubblica affinché fosse dichiarato lo stato di adottabilità di una bambina.
L'istanza traeva origine dal comportamento abulico, non collaborativo e privo di progettualità dei genitori, che aveva fatto sì che non venissero colmate, neppure parzialmente, le carenze che i servizi sociali avevano individuato già all'inizio dell'osservazione della famiglia.
Alla luce di tanto, il Tribunale dei minori di L'Aquila dichiarava lo stato di adottabilità della minore e la decadenza dalla responsabilità genitoriale dei genitori, con divieto di qualsivoglia contatto, anche telefonico, con la figlia.
La decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di L'Aquila, avendo la stessa riscontrato l'incapacità genitoriale in concreto dei genitori, non recuperabile in tempi ragionevoli: nonostante l'adozione di tutte le misure assistenziali per evitare la recisione del legame tra la bambina e i genitori, non si era ottenuto l'esito sperato in quanto i diversi progetti di recupero delle capacità genitoriali non erano stati portati a termine da nessuno dei due genitori, avendo entrambi mostrato poco interesse circa la possibilità di incontrare la propria figlia.
Avverso la decisione, proponeva ricorso per Cassazione il papà della bambina, deducendo la violazione dell'articolo 15 della legge 184/1983, per aver dichiarato lo stato di adottabilità nonostante l' assenza dei presupposti espressamente previsti dalla legge e, nella specie, senza che fosse stato dimostrato in giudizio la mancanza di assistenza materiale o morale da parte dei genitori nei confronti della minore nonché l'assenza della dimostrazione della irrecuperabilità della capacità genitoriale.
La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente.
La Corte ricorda come il prioritario diritto fondamentale del figlio di vivere, nei limiti del possibile, con i suoi genitori e di essere allevato nell'ambito della propria famiglia, impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità, ai fini del perseguimento del suo superiore interesse, potendo tale diritto incontrare un limite solo nei casi in cui la sua famiglia non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessarie, con conseguente configurabilità di un endemico e radicale stato di abbandono, in quanto i genitori irreversibilmente siano incapaci di allevare ed educare i figli per totale inadeguatezza a prendersene cura.
Ciò chiarito, con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la Corte territoriale abbia ampiamente motivato la sua scelta di confermare lo stato di adottabilità, sulla scorta delle ampie indagini in fatto effettuate, insindacabili in sede di legittimità essendo la valutazione delle prove un'attività riservata al giudice del merito.
Secondo gli Ermellini, invece, il ricorrente intenderebbe chiedere alla Corte una lettura delle risultanze istruttorie e probatorie diversa da quella già fornita dal giudice di appello, laddove, all'esito dell'indagine svolta dal c.t.u., era emerso senza alcun dubbio la mancanza di assistenza morale e materiale e l'irrecuperabilità delle capacità genitoriale.
Difatti, proprio sulla base della relazione depositata dal c.t.u., la Corte aveva rilevato sia l'esistenza di un forte patimento psicologico della minore causato dai comportamenti dei genitori sia come non fosse ravvisabile alcun miglioramento che potesse rendere possibile una positiva previsione circa i tempi necessari ai genitori per il pieno recupero della genitorialità, stante l'assenza, da parte loro, di un effettivo affidamento ed una proficua collaborazione con i servizi del territorio.
In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso.
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