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Addebito della separazione: bisogna valutare la condotta di entrambi le parti.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1 con ordinanza 21 ottobre 2016 – 16 gennaio 2017, n. 894.
I Supremi Giudici nella fattispecie in esame hanno avuto modo di precisare, nell´ipotesi in cui il matrimonio sia già in crisi da tempo, e si verificano fatti successivi scatenanti la rottura del vincolo coniugale, posti in essere tra l´altro nel caso in esame da entrambi i soggetti, non sia possibile parlare di "addebito" della separazione, diventando del tutto "neutri" tale episodi, rilevando , piuttosto la precedente inclinazione del rapporto.
Antefatto
Il Tribunale di Monza dichiarava la separazione giudiziale dei coniugi A. R. e M. B.; accoglieva la domanda del R. di addebito della separazione alla moglie, respingendo quella svolta da quest´ultima contro il marito.La sentenza, appellata dalla B., veniva parzialmente riformata dalla Corte d´appello di Milano che escludeva che la crisi del matrimonio fosse stata determinata dalla relazione extraconiugale dell´appellante
Infatti una fondamentale importanza e rilevanza avrebbe assunto anche la condotta del marito violento e particolarmente aggressivo nei confronti della donna.
Motivi della decisione
Ad avviso della Corte tutti i motivi, sia del ricorso principale sia di quello incidentale, sono inammissibili.
I motivi, anche laddove denunciano violazione di articoli del codice civile, risultano comunque volti a censurare la sentenza sotto l´esclusivo profilo del vizio di motivazione.
Ricondotte tutte le doglianze a tale, corretto, profilo, è agevole rilevare che né quelle illustrate dal R. né quelle prospettate dalla B. specificano quale sia il fatto storico decisivo che il giudice a quo avrebbe omesso di esaminare: le censure di entrambi i ricorrenti, che sembrano aver dimenticato che il giudizio di legittimità non costituisce un terzo grado di mento, si risolvono, in buona sostanza, nella richiesta di un´integrale riesame degli clementi istruttori al fine di ottenerne un´interpretazione diversa da quella operata dalla corte territoriale.
Il vizio di motivazione consiste esclusivamente nell´omesso esame di un fatto storico decisivo, che sia stato oggetto di contraddittorio fra le parti, mentre, il ricorrente si è limitato a dolersi della contraddittoria e insufficiente motivazione del capo della sentenza che ha stabilito la misura dell´assegno da lui dovuto per il mantenimento della figlia.
In definitiva, entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
Si allega ordinanza.



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