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100.000 mila Avvocati in difficoltà : CF promuove bonifiche e welfare attivo, ma serve una Riforma Previdenziale

È a tutti noto che nell´Avvocatura italiana ci sono circa 100mila colleghi in difficoltà per via della crisi economica di questi ultimi anni e del mutamento genetico dell´Avvocatura stessa.
Riprova ne sia che i crediti per contributi non versati, vantati da Cassa Forense verso gli iscritti, sono in costante aumento.
C´è quindi un disagio sociale che deve essere affrontato. Per farlo ci sono due modalità: o si può usare la leva previdenziale per incentivare l´esodo, oppure si possono trovare delle soluzioni inclusive.
Il passaggio d´epoca che ci attraversa è uno stimolo per un serio ripensamento delle politiche forensi che permettano a un numero sempre maggiore di avvocati di stare bene e di stare meglio.
Il sistema di previdenza forense si è sviluppato in un contesto storico e socio economico che oggi non esiste più.
I radicali mutamenti socio – economici in corso (invecchiamento demografico, nuovi modelli di famiglia, flessibilità del lavoro, crescita delle disuguaglianze, migrazioni, debito pubblico, debito previdenziale ecc...) caratterizzano l´odierno sistema di welfare per la sua insostenibilità, in particolare sotto l´aspetto economico – finanziario, sia per la sua inadeguatezza che significa l´incapacità di dare risposte efficaci alle nuove tensioni sociali che per il ricorso, oggi ancora più evidente, a un approccio di tipo assistenzialistico, il cd. welfare attivo, tanto sbandierato dai vertici di Cassa Forense.
Inadeguatezza e insostenibilità sono due cose tra loro connesse in un perverso circolo vizioso, perché considerare gli avvocati in difficoltà semplici consumatori passivi di servizi significa creare dipendenza anziché benessere e alimenta un insostenibile rincorsa tra bisogni e costi sempre crescenti.
Credo sia evidente a tutti come le politiche del cd. welfare attivo servano solo a distogliere l´attenzione dai reali problemi che attanagliano l´Avvocatura italiana.
È necessario quindi muoversi in una nuova ottica che ponga al centro l´avvocato e la sua rete di relazioni anziché le tipologie di servizi di cui necessita, sposando una logica di inclusione e coesione sociale.
Questo obiettivo può essere raggiunto con la Riforma della Previdenza Forense: abolendo la contribuzione minima obbligatoria, rendendo la contribuzione previdenziale progressiva e proporzionale al reddito e volume d´affari conseguito e con l´inserimento, accanto alla pensione minima, anche dell´assegno sociale forense.
In buona sostanza, di fronte ad un andamento demografico dell´Avvocatura italiana che si è sviluppato, colpevolmente, con una progressione di tipo geometrico, si tratta di decidere se tutti gli avvocati in difficoltà economica vanno espulsi dal sistema o se, piuttosto, non si debba modificare il sistema per renderlo inclusivo.
Il Presidente di Cassa Forense, nel suo intervento a Venezia, ha detto con estrema chiarezza che l´Avvocatura italiana si dovrà ridurre nei numeri.
È in atto una sorta di bonifica degli Albi su base reddituale perché molti avvocati, titolari di redditi molto bassi e aggrediti da spese, ivi compresa quella previdenziale, insostenibili, si stanno cancellando.
La cosa che lascia quantomeno perplessi è che la legge professionale 247/2012 doveva favorire l´ingresso alla professione di avvocato e l´accesso alla stessa, in particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito (art. 1, comma 1, lettera d) ... con modalità di accertamento dell´esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione con esclusione di ogni riferimento al reddito professionale (art. 21, comma 1).
Come sempre accade fatta la legge, trovato l´inganno! Attualmente la contribuzione previdenziale non è informata ai principi di progressività e proporzionalità rispetto al reddito e questo si pone in clamoroso contrasto con gli artt. 23 e 53 della nostra Carta Costituzionale.
Da tempo vado scrivendo che l´attuale assetto della previdenza forense era stato organizzato, e nel tempo modificato, sulla base di un´Avvocatura completamente diversa da quella attuale, sia nei numeri sia nella redittività.
Oggi i numeri sono esplosi con progressione geometrica e la redditività si è contratta.
Ordunque in base all´art. 2 dello Statuto, Cassa Forense deve assicurare a tutti gli avvocati che abbiano esercitato la professione con continuità e ai loro superstiti un trattamento previdenziale in attuazione dell´art. 38 della Costituzione.
Oggi per motivi demografici, reddituali e di sostenibilità di lungo periodo Cassa Forense non è in grado di adempiere ai propri obblighi statutari e s´impone quindi una riforma strutturale dell´attuale assetto.
Senza una riforma strutturale del sistema previdenziale forense molti contributi minimi oggi versati resteranno silenti, cioè non daranno diritto ad alcuna prestazione previdenziale se non quel minimum di pensione contributiva esattamente calcolata sul montante contributivo versato.
Cassa Forense, insieme agli altri organismi a ciò preposti e cioè il Consiglio Nazionale Forense e i Consigli dell´Ordine (ed anche l´ Organismo Congressuale Forense), deve attuare una politica inclusiva dal punto di vista previdenziale.
Dobbiamo partire da un progetto complessivo di adeguamento dell´Avvocatura del XXI secolo, con l´obiettivo di migliorare l´organizzazione, allargare gli orizzonti e le rese professionali e riqualificare gli avvocati a tal fine.
Gli Albi vanno bonificati ma su altre basi, certamente non su base reddituale.
Ci vuole una nuova politica sociale forense con la Riforma della Previdenza Forense, informata ai principi della progressività e proporzionalità della contribuzione e legame equo tra montante contributivo versato e prestazione, ma questo si potrà fare solo con le nuove elezioni del Comitato dei Delegati di Cassa Forense. Sarà il momento fondamentale per selezionare finalmente la classe dirigente che andrà a Roma sulla base di stringenti requisiti di professionalità, come il Codice Deontologico impone a ciascun Avvocato prima di accettare un incarico, quindi un management competente non nel diritto della navigazione a vista, ma nella previdenza e nella finanza e soprattutto lungimirante.
Avvocato Paolo Rosa

 

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