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La Festa del Primo Maggio, al tempo del Covid-19, cade in un momento particolarissimo, presente nel nostro Pianeta Terraqueo, come si sarebbe detto in epoca remota, nel senso di lontana nel tempo, che ha poco da spartire con il neologismo "remoto", di recente coniazione nel senso di "attività di lavoro caratterizzata dalla compresenza in uno spazio fisico condiviso di più liberi professionisti che collaborano tra di loro anche in remoto…".
Quindi un Primo Maggio nelle nostre case in attesa di saperne di più sulla fase 2, sui parenti che si possono, o non si possono andare a visitare, senza scampagnate e "Concertone" a Roma e, puntualmente alle ore 18 davanti al televisore in attesa di ascoltare le cifre quotidiane dei decessi, degli infettati e dei posti liberi in terapia intensiva.
Però non possiamo non tenere conto delle speranze che, al di là della retorica, tale o pseudo che sia, ci infondono, con scadenza puntuale, i filosofi, gli immunologi, gli infettoligi, i virologi, i tuttologi, veri o presunti, nel senso che dopo la"tempesta" tornerà il sereno, anche se non saremo mai più come prima!
Ma il Primo Maggio non poteva passare, così, quasi inosservato.
Allora ci hanno pensato le tre Confederazioni sindacali: Cgil, Cisl e Uil ad organizzare un Primo Maggio unitario con tutta una serie di iniziative mirate al futuro prossimo.
A partire dal Manifesto: "Il lavoro in sicurezza per costruire il futuro".
Penso che in questi ultimi decenni a nessuno sia sfuggito il numero, da virus vero e proprio, dei morti di lavoratori sul posto di lavoro per mancanza di ogni di forma di sicurezza. Vere stragi che, recentemente, hanno costretto il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ad intervenire richiamando la necessità di ogni e qualsiasi forma di protezione per i lavoratori nell'espletamento delle loro funzioni lavorative.
Continua il Manifesto sindacale, "… il prossimo Primo Maggio cadrà nel contesto di un Paese ancora impegnato a contrastare un'emergenza sanitaria difficile e drammatica. Non avremo, come tutti sappiamo, la possibilità di essere, come sempre, nelle piazze italiane e non potrà svolgersi la trentesima edizione del Concertone in piazza San Giovanni a Roma. Abbiamo in queste settimane lavorato unitariamente per costruire le condizioni che, nel pieno rispetto delle disposizioni vigenti, consentissero di celebrare la Festa dei Lavoratori, dando forza ai temi e alle proposte che in queste settimane dominate dalla pandemia sono state il cardine delle posizioni espresse in ogni sede da parte di CGIL CISL UIL".
Segue un programma che i Sindacati hanno concordato con la Rai per la giornata odierna: "… abbiamo definito all'interno del palinsesto di RAI 3… due appuntamenti di grande rilevanza:dalle ore 12,20 alle 13 edizione straordinaria del TG3 dedicata alla Festa dei Lavoratori, con intervista ai nostri tre Segretari generali, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo; dalle 20 alle 24, sempre su RAI 3, edizione straordinaria del Concertone con un evento televisivo, da Ambra Angiolini, che terrà insieme le riflessioni dei Segretari generali CGIL CISL UIL, di altre personalità italiane e internazionali, di una decina di testimonianze di lavoratrici e lavoratori ed il contributo musicale di un cast di artisti di altissimo livello...". Quindi la Festa ci sarà, ed è un bene che ci sia. Ma soprattutto rappresenta una straordinaria occasione affinchè i Sindacati, dopo anni di , di litigi, e di scelte in ordine sparso, abbiano trovato, (grazie all'imminente dopo virus?") un cammino comune.
Forse vale la penna ricordare che una marea di disoccupati è in arrivo, oltre quella già gravissima in tutti i paesi occidentali.
E in periodo di crisi sappiamo esattamente, su indicazione della storia, passata e recente, più o meno, cosa potrebbe accadere.
Quante volte, negli ultimi decenni abbiamo sentito parlare di diritti inalienabili dei lavoratori. Diritti che sono sempre stati sacrificati, e mortificati, sull'altare delle eterne "emergenze".
Durante la Festa del Primo Maggio del 1886 negli Stati Uniti d'America , ci ricorda il compianto Francesco Renda, nella sua "Storia del Primo Maggio": "La parola d'ordine comune fu lo slogan dei tre otto: 'A partire da oggi primo maggio nessun operaio dovrà lavorare oltre le otto ore al giorno. Otto di lavoro, Otto di riposo., Otto di educazione'".
Sappiamo che non tutto filò liscio. Ci furono lotte, a volte anche cruenti, tra lavoratori, crumiri, organizzazioni malavitose e polizia corrotta.
E per tornare in Italia, sappiamo benissimo le battaglie fin dall'inizio del Novecento,tra il nascente sindacato e le organizzazioni padronali.
Lo schema americano si realizza anche in Italia.
Come dimenticare quel tragico 8 maggio 1898,, a Milano, quando il generale Bava Beccaris, spara con i cannoni addosso ad una massa ingente di operaie e di operai per lo "sciopero del pane", come verrà dopo ricordato. Alcuni operai rimasero uccisi e moltissimi altri imprigionati Era un'epoca in cui un operaio guadagnava 18 centesimi l'ora, mentre un chilogrammo di pane, ne costava 40.
Con l'arrivo del fascismo, l'allora ministro di grazia e giustizia Alfredo Rocco, con la legge 3.4.1926 no. 563 scrive il nuovo ordinamento sindacale corporativo fascista, mettendo fuori legge gli altri sindacati esistenti.
Bisogna arrivare, nell'agosto 1943, dopo la caduta del fascismo, affinchè il nuovo ministro delle corporazioni del governo Badoglio, Leopoldo Piccardi decide di nominare i commissari dei sindacati: il socialista Bruno Buozzi, che sarà ucciso dai nazifascisti il 3 giugno 1944 si occuperà dell'indussrria; il comunista Giuseppe Di Vittorio a quello dei braccianti; il cattolico Achille Grandi all'agricoltura. Mentre dell'organizzazione degli industriali se ne occuperà Giovanni Mazzini.
Cominciano alcune attività organizzative, ma, dopo l'8 settembre 1943, con la firma dell'armistizio di Vittorio Emanuele III, si ricomincia nella clandestinità, fino alla liberazione di Roma, 4/5 giugno del 1944.
Nell'immediato dopo guerra, si organizza il Sindacato Unitario e le feste del Primo Maggio si svolgono tutte sotto l'unica bandiera. Almeno fino al 1948. Poi avviene la rottura.
E, all'inizio degli Anni Cinquanta, ci troviamo tre sindacati: la Cgil, la Cisl e la Uil e, di conseguenza, le celebrazioni avvengono separatamente. E qualche volta, anche in maniera conflittuale.
Ora, certo sono passati parecchi decenni, ma non possiamo dimenticare la solennità di quelle Feste, organizzate, condivise, sentite …!
E chissà, se questa Festa Unitaria di oggi, non possa rappresentare un inizio di percorsi virtuosi, capaci di delineare una visione di futuro dove nel riconoscimento della dignità del lavoro in sicurezza, nella giusta retribuzione, nell'emersione del lavoro nero, nel rispetto di un ambiente eco-compatibile, non possano rappresentare le cifre di un domani condiviso.
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Rosario Antonio Rizzo
Dopo il conseguimento del diploma di insegnante di scuola elementare all’Istituto magistrale “Giuseppe Mazzini” di Vittoria, 1962, si reca in Svizzera, dove insegna, dal 1964 al 1975, in una scuola elementare del Canton Ticino.
Dal 1975 al 1999 insegna in una scuola media, sempre nel Canton Ticino e, in corso di insegnamento dal 1975 al 1977 presso l’Università di Pavia, acquisisce un titolo svizzero, “Maestro di scuola maggiore” per l’insegnamento alla scuola media. Vive tra Niscemi e il Canton Ticino. Ha collaborato a: “Libera Stampa”, quotidiano del Partito socialista ticinese; “Verifiche” bimensile ticinese di scuola cultura e società”; “Avvenire dei lavoratori”; “Storia della Svizzera per l’emigrazione”“Edilizia svizzera”. In Italia: “Critica sociale”; “Avanti”; Annali” del Centro Studi Feliciano Rossitto; “Pagine del Sud”; “Colapesce”; “Archivio Nisseno”.