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Un condòmino può oscurare un’apertura che dà luce al vano scala condominiale?

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Riferimenti normativi: Artt.900 – 1102 c.c.

Focus: I condòmini che con armadi o masserizie, apposti nel proprio balcone a ridosso delle finestre interne all'edificio, oscurano il corpo scale condominiale possono essere diffidati dall'amministratore a rimuovere gli ingombri per consentire l'ingresso della luce?

Principi generali: Le aperture insistenti nel muro di un edificio rivolto verso il fondo altrui sono qualificate finestre. Sono tali le aperture praticate nelle pareti esterne di un edificio al fine di consentire l'areazione e l'illuminazione degli ambienti interni (Cass., sez. 2, Sent. n. 1954 del 27/04/1989). Le finestre, ai sensi dell'art.900 del codice civile, possono essere di due specie: luci e vedute. Luci quando danno passaggio alla luce e all'aria ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino. Vedute o prospetti quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente. Secondo la definizione dell'art.901 codice civile, per "luci" si intendono le aperture munite di inferriate con maglie di cmq. 3 massimo, con il davanzale a non meno di m. 2,5 dal pavimento del piano terreno o a non meno di m. 2 dei piani superiori e a non meno di m. 2,5 dal fondo del vicino. Esse consentono solamente il passaggio della luce e dell'aria ma non un comodo e facile affaccio, poiché non presentano all'esterno alcun aggetto o sporgenza ma devono essere a filo della parete. 

Come precisato dalla Corte di Cassazionecon la sentenza n.1560 del 22 aprile 1975, in applicazione dell'art.1102 del codice civile, il condòmino non può compiere su beni di proprietà comune atti che mutino la destinazione economica della cosa o che impediscano agli altri condòmini di fare uso della cosa secondo il loro dirittoConseguentemente, non è consentito al condòmino oscurare un'apertura esistente nel muro condominiale che sia destinata, per la sua ubicazione, alla funzione di dare aria e luce ad un vano condominiale. Si deve tener conto, a tal proposito, delle linee guida contenute nel regolamento condominiale. Se da questo emerge una servitù condominiale, ad esempio di una finestra visibile che assoggetta l'area di proprietà del condòmino al servizio del vano condominiale per consentire ad esso di ricevere aria e luce, il condomìnio, tramite l'amministratore, può diffidare i condòmini a rimuovere dalla sua unità immobiliare i beni che oscurano la luce del vano scala. Infatti, rientra tra i compiti dell'amministratore disciplinare l'uso delle cose comuni, così da assicurarne il godimento a tutti i partecipanti al condomìnio e di prevenire danni o pericoli a persone che possano derivare da beni di proprietà privata dei condòmini (Cass. 21 febbraio 2013, n. 4338). 

In particolare, l'oscuramento delle finestre/luci, che sono beni comuni, comporterebbe un danno da parte di alcuni condòmini a discapito del godimento del bene comune da parte di tutti, oltre al venir meno della sicurezza nell'uso delle scale per eventuali incidenti in cui potrebbero incorrere condòmini e/o terzi. Di conseguenza, qualora i condòmini coinvolti non ripristinassero spontaneamente lo stato delle cose permettendo nuovamente alla finestra di dare luce al vano scale e non si trovasse un accordo con gli altri condòmini per risolvere bonariamente la questione, l'amministratore potrà adire le vie legali in rappresentanza del condomìnio, a seguito di delibera assembleare, al fine di ottenere la condanna dei condòmini a rimuovere le opere che hanno oscurato l'apertura. Il giudice di merito, avvalendosi della consulenza tecnica di ufficio, dovrà tener conto delle esigenze e degli interessi di tutti i partecipanti alla comunione e condannare i condòmini se ravvisa che questi, con la loro condotta e l'installazione dei loro manufatti, ostacolino o diminuiscano notevolmente la fruizione di luce da parte degli altri condòmini, oltre ad arrecare pregiudizio, ai sensi dell'art.1120 c.c., alla sicurezza del fabbricato (Cass. sent. n. 216/2022). Infatti, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, se si agisce in giudizio per ottenere l'ordine di rimozione di un manufatto realizzato sulle parti comuni " la liceità delle opere realizzate da altro condòmino, deve essere valutata dal giudice alla stregua di quanto prevede l'art.1102 c.c., rimanendo insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all'art.360 c.p.c., comma 1, n. 5 " (Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord.n.5809/2022). 

 

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