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Lui era Delfino, se n'è andato il 17 giugno 2020. Omen nomen, il nome è un presagio. Quando il 16 dicembre 1929, quasi un secolo fa, a Catania, a casa Siracusano, fu festa grande per la nascita di un bambino, e fu deciso di imporgli il nome Delfino, nessuno pensò che, oltre ad un araldo della libertà, sarebbe diventato un principe, come i figli dei re francesi chiamati con quel nome. Non sono in molti ad avere stile, non in molti a mantenerlo, scrisse Charles Bukowski. Il Professore, come tutti da tempo immemore lo chiamavano chinando il capo in segno di riverenza, prima ancora che di dottrina giuridica e di oratoria, di stile è stato riconosciuto Maestro. Di quella particolare attitudine di vita che fa sì che i più grandi, e dotati, si facciano piccoli e dimessi non per apparir tali ma per non sentirsi, intimamente, superiori all'interlocutore, chiunque fosse.
Delfino, Maestro di umiltà, nemico di ogni superbia e alterigia. Lui che, laureatosi in breve tempo in Giurisprudenza a Catania, era diventato poco più che trentenne professore ordinario di procedura penale. Lui che aveva insegnato per oltre un ventennio nell'ateneo catanese e poi, dagli anni Ottanta, diritto processuale penale alla Sapienza di Roma, incantando generazioni di studenti, facendoli innamorare del diritto penale, della procedura e della libertà. Lui, che quando, Toga sulle spalle, chiedeva di parlare a difesa dei suoi assistiti, taceva ogni chiacchiericcio e distrazione e giudici, avvocati, imputati ascoltavano, sapendo di imparare, ogni Sua parola, che quasi non aveva bisogno di richiamarsi a dottrina perché dottrina era lui stesso. Lui che, quando in aula o nei corridoi di un Tribunale incontrava un avvocato che era stato suo allievo e che lo salutava ossequiandolo, d'istinto si burlava di tante formalità, sorridendo nel chiedere, Lui Maestro, un consiglio tecnico all'imberbe interlocutore. Lui, autore di numerosissime pubblicazioni, fin quasi a confondersi il diritto penale con "il Siracusano", il manuale più celebre, a Sua firma. Lui, con il Suo impegno civile di baluardo dei diritti e delle garanzie, nella quotidianità e nelle grandi imprese. Come quando lo fecero vice presidente della commissione per la riforma del codice di procedura penale, e presidente dell'Associazione fra gli studiosi del processo penale, ed assolse ogni incarico con scrupolo e stile impareggiabile.
Delfino Siracusano, Presidente emerito dell'Unione nazionale delle "Camere penali", manca agli Avvocati, e a molti altri. Ricordando, in un convegno recente, la figura di Giovanni Conso, disse di sentirsi uno dei pochi testimoni rimasti di quella straordinaria generazione di testimoni e Maestri. Di stile e correttezza, prima ancora che di scienza giuridica. Non la dimenticheremo, Mastro!
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