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Perché la Corte Costituzionale ha bocciato i referendum su eutanasia legale e cannabis

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 È stata una settimana impegnativa per la Corte Costituzionale chiamata a esprimersi sui quesiti referendari che riguardano la giustizia, l'eutanasia legale e la legalizzazione della cannabis.

Per quanto riguarda la riforma della giustizia sono stati approvati cinque quesiti, in ordine: incandidabilità, custodia cautelare, separazione delle carriere di PM e giudici, elezioni del Csm, consigli giudiziari. Bocciato invece il quesito riguardante la responsabilità civile dei giudici. Con molta probabilità, dunque, i cittadini saranno chiamati alle urne in primavera per esprimere le loro preferenze; tuttavia, non troveranno sulla scheda due proposte referendarie di iniziativa popolare: legalizzazione e coltivazione della cannabis ed eutanasia legale. 

 Depenalizzazione Cannabis

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum che riguarda la depenalizzazione della coltivazione della cannabis. 

Il presidente della Consulta, Giuliano Amato, ha dichiarato che "il referendum non era sulla cannabis ma sulle sostanze stupefacenti". La bocciatura dei giudici è giustificata dal fatto che nel testo si faceva riferimento ad altre sostanze ritenute droghe pesanti. Questo passo entra in conflitto con gli accordi internazionali plurimi che il nostro paese ha siglato e che sono un limite indiscutibile dei referendum.

Il quesito era articolato in tre sotto quesiti: "il primo relativo all'articolo 73 comma 1 della legge sulla droga prevedeva che scomparisse tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, quelle che includono il papavero e la coca, le cosiddette droghe pesanti, mentre la cannabis è alla tabella 2" (fonte: MicroMega).

Per Riccardo Magi (+Europa) la decisione della Corte rappresenta un colpo durissimo alla democrazia poiché come spiega il deputato "non potevamo che intervenire sul comma 1 (che comprende anche lo droghe pesanti, ndr) semplicemente perché il comma che riguarda la cannabis (comma 2, ndr) dice 'per le stesse condotte di cui al comma 1′". 

 Eutanasia legale

Anche nel caso dell'eutanasia dovremmo attendere le motivazioni della Consulta per comprendere meglio la decisione presa dai giudici. Intanto in un comunicato uscito negli scorsi giorni si legge: "La Corte costituzionale si è riunita in camera di consiglio per discutere sull'ammissibilità del referendum denominato Abrogazione parziale dell'articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente). In attesa del deposito della sentenza, l'Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell'abrogazione, ancorché parziale, della norma sull'omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili. La sentenza sarà depositata nei prossimi giorni".

Il quesito referendario presentato mira secondo i giudici all'abrogazione dell'articolo 579 del Codice Penale che regola l'omicidio del consenziente. Così come posto nel quesito l'omicidio legale, secondo il presidente Amato, sarebbe stato lecito in casi "ben più numerosi e diversi da quelli dell'eutanasia".

Il comitato promotore del referendum guidato da Marco Cappato ha espresso la propria delusione parlando di 'politicizzazione' della vicenda da parte della Corte che ha prontamente risposto definendo i due quesiti come 'mal posti'. 


Cosa succederà

La parola passa adesso al Parlamento che non può ignorare la raccolta firme e il desiderio di milioni di italiani di intervenire su tematiche tanto attuali quanto importanti. In caso contrario assisteremmo all'ennesimo scostamento tra istituzioni e cittadini, agenda politica e bisogni sociali. 

I referendum di iniziativa popolare, seppur discutibili nella modalità di raccolta firme digitali (che come sostenuto dalla Corte non permetterebbero un dibattito nel merito delle norme), raccolgono soprattutto la voce di giovani tra i 20 e i 30 anni. È questo l'identikit fornito dal Sole 24 Ore nel suo InfoData che raccoglie i dati anagrafici dei firmatari regione per regione. 

L'attenzione dei media e quello dell'opinione pubblica potrebbe spingere finalmente deputati e senatori a occuparsi seriamente di questi argomenti per non deludere le aspettative dei cittadini (fortemente disillusi dopo il triste epilogo in Senato del DDL Zan). Sarebbe anche ora di contrastare il narcotraffico e le mafie tramite la depenalizzazione della cannabis e di poter decidere sulla propria vita in caso di malattie e incidenti gravi.

 

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