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Peculato e imposta di soggiorno: abolitio criminis o successione di norme extrapenali?

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Con la sentenza in commento, la n. 30227 depositata lo scorso 30 ottobre, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della recente modifica che il D.L. 19 maggio 2020, n. 34, art. 180, convertito nella L. 20 luglio 2020, n. 77 ha apportato alla materia del versamento dell'imposta di soggiorno da parte dei gestori delle strutture alberghiere e ricettive.

Ai sensi della novella il gestore della struttura viene ad essere individuato, per il futuro, quale responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno e sottoposto alle sanzioni amministrative derivanti dal mancato versamento della stessa.

Diversamente, nella precedente normativa, l'albergatore svolgeva una attività ausiliaria di responsabile della riscossione e del versamento. Da ciò derivava la sua qualifica di incaricato di pubblico servizio poiché gli era sostanzialmente demandata la materiale riscossione dell'imposta.

Il problema che si pone è dunque quello di verificare se con la novella legislativa intervenuta si assiste ad una vera e propria abolitio criminis che, come tale, è in grado di travolgere anche i fatti precedenti alla sua entrata in vigore.

La Cassazione in questa pronuncia ha ritenuto però che il Decreto Rilancio avrebbe modificato solo i compiti affidati al gestore della struttura ricettiva nella riscossione del tributo: "da ausiliario del soggetto tenuto alla riscossione (ente locale) a soggetto responsabile del pagamento dell'imposta e del contributo di soggiorno con diritto di rivalsa sul fruitore del servizio".

Da ciò deriverebbe che ci si troverebbe di fronte solo a una successione nel tempo di norme extrapenali, posto che sono rimasti invariati sia il precetto dell'art. 314 c.p. (peculato) che quello dell'art. 358 c.p. (che detta la nozione di incaricato di pubblico servizio).

La disposizione normativa, infatti, avrebbe solamente trasformato gli obblighi del gestore che non è più incaricato del servizio di riscossione, ma è destinatario dell'obbligo tributario: prima infatti il gestore "raccoglieva e custodiva il denaro (pubblico) versato dai clienti a titolo di imposta di soggiorno", d'ora in poi, invece "deve versare il tributo a prescindere dal pagamento da parte opera degli ospiti della struttura ricettiva, sui quali può esercitare diritto di rivalsa secondo modalità tipiche della figura del responsabile d'imposta di cui all'art. 64 TUIR e in particolare del suo comma 3". 

La trasformazione degli obblighi si ripercuoterebbe, dunque, secondo la Corte, solo per il futuro in quanto si tratterebbe di una modifica della normativa extrapenale in materia di imposta di soggiorno che non può essere considerata in senso stretto norma integratrice di un precetto penale, secondo lo schema della c.d. interferenza applicativa.

Questa la decisione della Corte sul punto.

Tuttavia, nelle Corti di merito è possibile osservare decisioni difformi che, in ottica di giustizia sostanziale, ravvisano una illegittima disparità di trattamento nel fatto che situazioni identiche abbiano delle conseguenze così differenti tra di loro (sanzione penale o sanzione amministrativa) a seconda di quando si sono realizzate le condotte. 

Si attende quindi che la questioni torni all'esame della Corte e che sul punto si esprimano, se del caso, anche le Sezioni Unite. 

 

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