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Lui è Luca, lo dice l'alloro, è un dottore da due anni esatti, si è laureato in Scienze della Comunicazione all'università Aldo Moro di Bari, la tesi sulla "società liquida" di Zygmunt Bauman. Quella di un individualismo sfrenato, nessuno che riesca a farsi compagno di strada di un altro. Luca ha 28 anni, è tetraplegico e non vedente, quanto la società sia stata liquida con lui e con i suoi lo sa solo Dio, anche se mentre ne senti raccontare la storia ti sembra di sprofondare nell'abisso del male assoluto.
Duemiladue, un bambino di sette anni, felice di far le capriole e tirar palle di neve con papà, mamma, il fratellino in un paesino sui monti svizzeri. Che gioia, non siamo ricchi, non qui per affari, siamo italiani ma, così mi raccontano, ci hanno dato una valigia e detto provate altrove. Ora sono solo, sta scendendo la sera, il candore della neve, le ombre della notte, il chiarore della luna sembrano quasi una fiaba, e anche no. Ci sono altre ombre, su di me. Grida, le botte. Sono grandi, e mi stanno uccidendo. Ora non potrò più giocare, e neppure camminare e neppure guardarli in faccia, se li prendessero. Da vent'anni aspetto questi momento, chissà se ci sarà.
Mi hanno ridotto così perché ero un italiano, un figlio di emigrati, e perché ero piccolo e da solo. Ma poi i giudici svizzeri hanno detto che era stato il mio cane, eppure non hanno trovato sul mio corpo nemmeno un morso, e poi il mio cane mi amava, e scodinzolava se lo accarezzavo, e i cani non fanno questo. Ma io, Luca Mongelli, non mi sono mai rassegnato, ho studiato la mia luce contro la loro ignoranza. Ora sono dottore, nella mia Italia. Un giorno mi piacerebbe fare il giornalista, è questo ora il mio sogno nel cassetto. Questo dice Luca, che non ha ancora avuto giustizia.
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