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Lo statuto autonomo dei delitti tentati: la confisca

CASS15

Con la sentenza n. 40985 del 2018, le Sezioni Unite hanno affrontato il tema della applicabilità del sequestro c.d. "allargato" ai delitti tentati, sebbene non siano espressamente nominati nell'elenco di cui al co. 1 dell'art. 12 sexiesd.l. 306/92 e s.m.i.

Nel caso di specie la corte si è trovata a decidere sul ricorso di un imputato rispetto ad un decreto di sequestro in relazioni al delitto di concorso in tentata estorsione, aggravato ai sensi dell'art. 7 l. 203 del 1991.

Hanno colto l'occasione per ribadire la natura autonoma del delitto tentato rispetto a quello consumato.

Il tribunale di Napoli aveva accolto solo parzialmente la richiesta di riesame del sequestro disposto in via preventiva sul rilievo della mancata dimostrazione del presupposto della sproporzione tra il valore dei beni sequestrati e la capacità reddituale dell'imputato.

Il sequestro veniva mantenuto solo su due acquisti ritenuti non giustificabili alla luce del reddito complessivo della famiglia dell'indagato.

Ricorrevano in cassazione i difensori degli imputati chiedendo l'annullamento della predetta ordinanza deducendo la erronea applicazione della legge penale nonché l'assenza di motivazione con riferimento al reato contestato.

L'autonomia del delitto tentato non consentirebbe, secondo la ricostruzione della difesa, qualsiasi conseguenza sfavorevole prevista dalla legge espressamente solo per il delitto consumato.

La seconda sezione, di fronte alla quale era pendente il procedimento, rimetteva i ricorsi alle sezioni unite prospettando l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione, ovvero sulla possibilità di applicare la confisca ex art. 12 sexies anche ai delitti tentati aggravanti ai sensi dell'art. 7 d.l. 152/1991.

La sezione rimettente segnalava che, non avendo il legislatore specificato se la confisca allargata dovesse essere applicata anche nel caso di delitti rimasti entro la soglia del tentativo, erano rinvenibili in giurisprudenza 3 orientamenti contrastanti.

Il primo orientamento negava la possibilità di disporre la confisca tout court per i reati tentati.

Un secondo orientamento lo ammetteva sempre mentre, infine, un terzo orientamento, intermedio, lo ammetteva solo per i delitti tentati aggravanti ai sensi dell'art. 7 d.l. 152/1991, ma non per i delitti tentati elencati nominativamente tramite il rinvio all'articolo che disciplinava il reato consumato.

La questione risulta ulteriormente complicata dalla successione di leggi nel tempo.

La confisca allargata infatti è stata oggetto di diverse riforme negli ultimi anni, di cui l'ultima con il d.lgs. 21 del 2018.

Ai fini della soluzione del caso di specie, quindi, la Corte prendeva le mosse dall'esame della questione come risultante dal testo ante riforma, salvo poi verificare se tale soluzione potesse tuttora trovare applicazione alla luce dello ius superveniens, stante il suo ruolo spiccatamente nomofilattico. 

Premettiamo che la Corte ha ritenuto di aderire all'orientamento intermedio, ma vediamo l'iter argomentativo dei giudici del supremo consesso.

L'interpretazione che nega la applicabilità della confisca allargata in caso di delitto tentato fa leva sul principio di legalità presente in costituzione all'art. 25 Cost. e 199 c.p. per le misure di sicurezza che impedisce di estendere in malam partem la applicazione di una disposizione sanzionatoria ai delitti tentati, dovendo prediligersi il criterio ermeneutico della stretta interpretazione.

Secondo il primo orientamento sunnominato, questa preclusione rispetto alla applicazione in malam partemdella disposizione lato sensusanzionatoria impedirebbe di disporre la confisca sia con riguardo ai delitti tassativamente nominati (al co. 1 art. 12 sexies) sia a quelli aggravati dalla c.d. circostanza del metodo mafioso ovvero "ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare le associazione ex art. 416 bis c.p.".

Peraltro tale interpretazione è ritenuto conforme ai principi CEDU a tutela della proprietà.

L'orientamento opposto, invece, si fonda sulla interpretazione della volontà legislativa che non avrebbe autorizzato l'interprete a distinguere tra delitto tentato e consumato. I suoi sostenitori sottolineano come tale scelta, peraltro, sarebbe stata razionale in quanto la confisca non è collegata in questo caso al provento e al profitto, ma ai beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza, indipendentemente dalla loro fonte, che si presume derivante dalla complessiva attività illecita del soggetto.

È chiaro dunque che sia l'omessa espressa menzione ai delitti consumati e ai delitti tentati da parte del legislatore a produrre due interpretazioni antitetiche della norma.

Vi è però un terzo ordinamento, intermedio, che ritiene che si possa disporre la confisca allargata anche in caso di delitti tentati, se aggravati ai sensi dell'art. 7 d.l. 152 del 1991, escludendo i reati rimasti allo stadio di tentativo solo se individuati con l'espressa indicazione delle norme incriminatrici e non aggravati ai sensi del secondo comma dalla c.d. aggravante del metodo mafioso.

Come accennato, le Sezioni unite ritengono di aderire a questo terzo orientamento. 

 La Corte riafferma l'autonomia dei delitti tentati e osserva come tale principio venga rispettato solo dal terzo orientamento.

Quando il legislatore si riferisce ad un reato in particolare citando l'articolo che lo disciplina, infatti, è chiaro che faccia riferimento solo al reato consumato e non anche alla sua forma tentata, non avendola espressamente menzionata.

Non è però possibile affermare che, anche quando viene evocato il delitto commesso con le condizioni previste dall'art. 416 bisc.p., il riferimento non sia anche ai delitti tentati.

Proprio perché i delitti tentanti hanno una vita propria e autonoma, non si può non ritenere che non siano ricompresi nel secondo comma che individua i delitti cui applicare il sequestro considerando la natura del delitto (elemento oggettivo) e l'essere stato commesso avvalendosi delle condizioni dell'art. 416 bis.

La soluzione individuata, peraltro, appare coerente e applicabile anche alla luce della normativa sopravvenuta con il d.lgs. 21/2018 a seguito del quale l'art. 12 sexies ha trovato la sua collocazione nell'art. 240 bis c.p.

Neppure l'art. 240 bis, infatti, fa riferimento in maniera specifica ai delitti tentati.

Tuttavia, il rinvio ai delitti previsti dall'art. 51 co 3 bis c.p.p. introduce l'indicazione di una categoria generale di delitti rispetto ai quali trova applicazione il ragionamento appena svolto.

In conclusione, i delitti tentanti hanno uno statuto autonomo rispetto ai delitti consumati cui accedono per il meccanismo richiesto dall'art. 56 c.p., tuttavia, se sono aggravanti ai sensi dell'art. 7 d.l. 152/1991 e s.m.i., giustificano l'applicazione della confisca allargata anche ai sensi del vecchio secondo comma dell'art. 12 sexies.

 

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