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Mariano Salerno è nato a Niscemi, cittadina siciliana, che si affaccia sul Mediterraneo, l'8 gennaio 1941 e vive, dal 1960, a Varese, ridente città lombarda che si adagia sulle pre Alpi, nel centro storico varesino.
E' una notizia biografica dalla quale non possiamo prescindere se vogliamo entrare nel mondo emozionale di questo pittore che, a Ottant'anni, è ancora lontano dal presentare bilanci definitivi.
Una vita, quella di Salerno, trascorsa tra il Mediterraneo e le Alpi; tra il mare e la montagna; tra il fragore del Sud e la serena tranquillità del Nord; tra i fasci di luce irruenti e dirompenti del Mediterraneo e i bagliori tiepidi, chiari, leggermente soffusi e, a volte, scuri della Pianura Padana. Un pendolare tra Nord e Sud, tra Occidente ed Oriente, che si porta appresso una tavolozza di colori, un taccuino dove annotare sensazioni ed emozioni da trasferire, dopo, sulla tela.
E sulla tavolozza di Mariano Salerno troviamo questa mescolanza cromatica, sapientemente elaborata e dosata, che irrora le sue tele, impregnate, ora di delicati cromatismi ora di violenti ed abbaglianti masse coloristiche, ma sempre pennellate con delicatezza, spatolate con competenza, costruite con amore e dedizione come se, Salerno, avesse qualche debito intellettuale da saldare con qualcuno, con qualcosa di già visto e sentito.
E tanti sono i debiti, alcuni in maniera cosciente altri depositati in memorie lontane, che Mariano Salerno ha contratto durante il suo percorso artistico.
Niscemi occupa una collina a 295 metri sul livello del mare nell'estremo confine sud-orientale della provincia di Caltanissetta, confinante ad est e a nord est con il territorio di Caltagirone, la città della ceramica e delle "Opere dei pupi", in provincia di Catania; a sud e ad ovest con il comune di Gela, oggi la città del petrolio, ma nelle cui origini scorre sangue greco.
Le uniche figure dipinte che hanno inquietato l'animo del giovane Mariano erano quelle che arricchiscono le navate delle chiese o gli affreschi di qualche cappella. Poche, pochissime le testimonianze di pittori o scultori che hanno operato, nella breve storia del Comune di origine. Pochi, pochissimi gli stimoli che il giovane Salerno può ricevere dall'ambiente dove è nato e cresciuto.
Salerno, dopo gli studi alla Scuola d'arte di Catania, nel 1960, prende la via del Nord Italia. Si stabilisce in Lombardia e Varese diventa la sua città di adozione.
Il ricordo della memoria. Ed è questo continuo viaggio che porta Salerno dal presente al passato attraverso le sue opere e la sua biografia di eterno viaggiatore dal Sud al Nord, dall'Oriente all'Occidente. Un viaggio che trova riscontro in quell'eterno peregrinare di quell'eterno viaggiatore dell'omerico Ulisse: attento alle insidie del presente per ritornare, liricamente, al passato.
Comincia il viaggio della memoria. Interessanti le tappe, anche se canoniche: dall'astrattismo al genere figurativo; dall'impressionismo al simbolismo di carattere metafisico, al surrealismo fino al cubismo, al futurismo…! Ed è a questa corrente sicuramente che Mariano Salerno deve molto, moltissimo. Ne condivide i canoni tecnico-formali, ne ha introiettato l'ideologia e la filosofia che sottendono le scelte del movimento artistico immortalato, nel 1910, da Marinetti con la pubblicazione del "Manifesto del futurismo".
E non è un caso che lo stesso Salerno, inducendo a qualche riflessione il lettore delle sue opere, oggi parla di "neo futurismo". Salerno, dopo l'apprendistato di rito, opera una scelta intellettuale, prima che culturale: decide di correre il rischio, deliberatamente scommettendo con il suo essere uomo storico e del suo tempo, di riproporre e di ripercorrere strade già battute, ma procedendo per un cammino, quasi, alla rovescia: partendo dai corpi, dagli oggetti, dagli ambienti per arrivare alla loro anima. La ragione che gli presta lo spirito di geometria, la poesia che esalta la creazione e la fantasia.
Così Salerno, all'inizio degli Anni Ottanta, va alla riscoperta del mondo epico e cavalleresco consegnato alle tele con sintassi e grammatiche che risentono, come tutti i periodi precedenti e futuri, delle influenze cubiste e surrealiste.
Ma la novità consiste nel recupero della storia dei Paladini di Francia, battaglie, cavalieri, cavalli.
Ricordi che Salerno ha vivi nella memoria per averli osservati da piccolo, incantato e stupefatto, sulle pale dei carretti siciliani o assistendo a qualche spettacolo dell' "Opera dei Pupi": una profusione di colori, sapientemente dosati, per essersi emozionato davanti a spettacoli affascinanti, pur nella loro crudeltà. E Salerno, come tutti gli artisti, è testimone del suo tempo. Se una delle componenti del movimento futurista è la volontà di voler celebrare i tumulti di piazza dell'inizio del secolo scorso, non dobbiamo dimenticare l'inizio dei nostri anni Ottanta in cui altri, e non gli intellettuali e non gli artisti, mettevano a soqquadro le piazze d'Italia. E la sua diventa una razionale forma di protesta contro ogni forma di violenza.
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Rosario Antonio Rizzo
Dopo il conseguimento del diploma di insegnante di scuola elementare all’Istituto magistrale “Giuseppe Mazzini” di Vittoria, 1962, si reca in Svizzera, dove insegna, dal 1964 al 1975, in una scuola elementare del Canton Ticino.
Dal 1975 al 1999 insegna in una scuola media, sempre nel Canton Ticino e, in corso di insegnamento dal 1975 al 1977 presso l’Università di Pavia, acquisisce un titolo svizzero, “Maestro di scuola maggiore” per l’insegnamento alla scuola media. Vive tra Niscemi e il Canton Ticino. Ha collaborato a: “Libera Stampa”, quotidiano del Partito socialista ticinese; “Verifiche” bimensile ticinese di scuola cultura e società”; “Avvenire dei lavoratori”; “Storia della Svizzera per l’emigrazione”“Edilizia svizzera”. In Italia: “Critica sociale”; “Avanti”; Annali” del Centro Studi Feliciano Rossitto; “Pagine del Sud”; “Colapesce”; “Archivio Nisseno”.