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Lui è Hassan, 11 anni. "Cresci un bambino indicandogli la via da percorrere" scrisse Josh Billings dedicando il pensiero a tutte le madri. Yulia Pisetskaya era tutto per lui, lui tutto per lei. Erano rimasti soli, dopo la morte del papà di Hassan. Inseparabili, per amore e per costrizione: Yulia era impossibilita a muoversi, camminare, quel bambino la sua unica risorsa.
Si scatena la guerra, i russi si prendono la centrale nucleare di Zaporizhzhia, loro abitano a due passi. Tu devi lasciarmi, Hassan, qui sei in pericolo" Yulia è dolce mentre gli parla, ma ferma. "Tu salirai su un treno, poi camminerai fino a raggiungere la Slovacchia, poi chiamerai i nostri parenti, ti prenderanno con loro, sarai al sicuro. Stai tranquillo e non pensare a me, andrà tutto bene, me la caverò".
Hassan si è sempre fidato della mamma, l'abbraccio, parte, il treno, poi a piedi fino al confine, mille chilometri, tra le bombe, in testa un pensiero. "Il ragazzo è arrivato tutto solo con un sacchetto di plastica, passaporto e un numero di telefono scritto sulla sua mano", hanno scritto i funzionari dell'ambasciata slovacca in un post su Facebook. Ciò che ci ha colpito di più di Hassan è stato "il suo sorriso, l'impavidità e la determinazione di un vero eroe". Ora è al sicuro signora, non ha niente da temere, l'abbiamo portato noi a destinazione, hanno detto alla madre.
"Vi sono molto grata per aver salvato la vita a mio figlio", le parole di Yulia in un video. Una mano a tenere il telefonino, l'altra appoggiata al cuore, mentre piangeva. Si rivedranno, sarà più bello di prima.
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