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Giuseppina Torregrossa è una 'interessantissima scrittrice siciliana che vive tra Roma, dove ha esercitato la professione di ginecologa, e Palermo, sua città di origine. L'Università di Palermo le ha conferito la laurea honoris causa in Italianistica.
Da sempre impegnata in prima linea nel campo del volontariato. È vicepresidente del Comitato romano dell'Associazione per la lotta ai tumori al seno, oltre che responsabile del programma di prevenzione dei tumori dell'apparato riproduttivo nel carcere femminile di Rebibbia e di Termini Imerese.
Ha all'attivo numerose pubblicazioni con le Case editrice che vanno per la maggiore: Rubettino, Mondadori, Nottetempo, Rizzoli, Feltrinelli a conforto della sua bravura e del suo meritato successo.
Ora è fresca di stampa questa ultima opera, "Al contrario", edizione Feltrinelli, godibilissima come tutte le opere precedenti.
Partiamo dal titolo, "Al contrario". Un titolo che incuriosisce. Di norma, quando si usa questo termine, per comprenderlo bene, bisogna conoscere il termine che rappresenta il suo contrario.
Scopriamolo assieme.
"Allo scoppio della seconda guerra mondiale, il tempo governato dagli uomini - costretti a partire per il fronte – cede il passo al tempo delle donne che, prive di mariti e padri prepotenti, vivono nonostante il conflitto un periodo di fioritura. Le mani si graffiamo e le schiene dolgono, ma i campi danno i loro frutti e le bestie vengono munte, portate al pascolo, castrate. E soprattutto senza i maschi il controllo sociale si attenua, e al pettegolezzo si sostituisce la confidenza, si stringono nuove alleanze. Dalla fine degli anni Venti, alla caduta di Mussolini, Giuseppina Torregrossa dà vita con il suo stile inconfondibile, sapido, sensuale e arguto, alla saga di tutto un paese attraverso le sue ferite, i segreti, le amicizie, i conflitti e gli amori", come possiamo leggera nella terza di copertina.
La donna che sostituisce l'uomo in tutti i settori della vita sociale: dal lavoro all'amministrazione delle risorse, poche o tante che siano. E, in questa nuova veste, riesce a dimostrare, soprattutto a se stessa, le su competenze, il suo amore per quella terra che, anche se le costa fatica e sudore, la ricompensa con la conquista del quel suo ruolo sociale che ha visto sempre mortificato dall'ingiusta intrusione della prepotenza dell'uomo.
Siano nell'agosto del 1927, il medico Giustino Salonia lascia il posto al Policlinico di Palermo, la moglie Gilda e la figlioletta, appena nata, per andare a ricoprire il ruolo di medico condotto a Malacavata nell'agrigentino, un "ammasso di casupole, sporcizia e miseria".
Mentre Gilda ".. si gode un insperato intervallo di libertà e di indipendenza", e rifletteva sul fatto che "L'assenza di Giustino, anziché addolorarla si rivelò una benedizione. L'insperata libertà era la ricompensa per tutte le amarezze della sua vita di giovane sposa, si diceva, mentre cercava una soluzione ai problemi economici".
Invece Giustino, arrivato alla stazione di Malacavata comincia ad avere qualche ripensamento. "Bah, disse a denti stretti. Accettare di fare il medico condotto a Malacavata gli era sembrata una buona idea, ma di fronte a tanta desolazione. […] Che coglione sono stato!, considerò il dottore ed ebbe pena di se stesso. Alcune gocce trasparenti affiorarono agli occhi, si incanalarono nei solchi del naso e gli zigomi, scesero fino alle labbra, avevano un sapore amaro, come bile, e forse venivano su dritte dal fegato".
Riconosceva di esser stato molto impulsivo nel prendere quella decisione di lasciare Palermo, su suggerimento di un compagno di università, l'avvocato Puleo, è andarsi a segregare in un posto di frontiera.
Ma passarono i mesi e il lavoro a Giustino non mancava, come non mancavano le malattie infettive. Nonostante tutte le raccomandazioni di Giustino le persone facevano orecchi da mercante. "Le mosche perciò continuarono a camminare indisturbate sulle facce appiccicose dei bambini e tra le rughe degli adulti, intanto il tracoma prosperava".
Una notte, Giustino viene chiamato d'urgenza pe una giovane, Concetta, che avendo abortito clandestinamente, stava per morire. Concetta si salva e Giustino si innamora di lei perdutamente.
Tantissimi i personaggi che animano questo romanzo e gli anni che vanno dal 1927 al 1943: Giustino Gilda, Concetta, Ignazio Fichera, il federale, don Ettore, che "… si appropriava dei finanziamenti pubblici, l'avvocato Puleo, Primarosa …!
Bellissimo questo racconto, pagina per pagina, convulsi gli anni di questo periodo che vede le donne protagoniste di un'esperienza, per quell'epoca, felicissima, nonostante le difficoltà economiche, la miseria, le malattie, la mancanza di ogni e qualsiasi servizio.
Un'epoca descritta da Giuseppina Torregrossa con una scrittura felicissima. Ma questa non è una novità.
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Rosario Antonio Rizzo
Dopo il conseguimento del diploma di insegnante di scuola elementare all’Istituto magistrale “Giuseppe Mazzini” di Vittoria, 1962, si reca in Svizzera, dove insegna, dal 1964 al 1975, in una scuola elementare del Canton Ticino.
Dal 1975 al 1999 insegna in una scuola media, sempre nel Canton Ticino e, in corso di insegnamento dal 1975 al 1977 presso l’Università di Pavia, acquisisce un titolo svizzero, “Maestro di scuola maggiore” per l’insegnamento alla scuola media. Vive tra Niscemi e il Canton Ticino. Ha collaborato a: “Libera Stampa”, quotidiano del Partito socialista ticinese; “Verifiche” bimensile ticinese di scuola cultura e società”; “Avvenire dei lavoratori”; “Storia della Svizzera per l’emigrazione”“Edilizia svizzera”. In Italia: “Critica sociale”; “Avanti”; Annali” del Centro Studi Feliciano Rossitto; “Pagine del Sud”; “Colapesce”; “Archivio Nisseno”.