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George Floyd, martire del pregiudizio nel paese della libertà

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Lui, un papà normale, lei una creatura più che deliziosa. Capelli ben sistemati, uno sguardo dolcissimo, incuriosito. Occhiali da sole più grandi di lei. Quell'aria vanitosa tipica delle bambine. Stanno bene insieme, Sembrano fatti l'uno per l'altra, da sempre.

 Quando lei crescerà, le racconteranno del suo papà ucciso brutalmente, nel paese della Libertà, da un altro uomo di pelle diversa dalla sua. Le racconteranno che, nel paese di Abraham Lincoln, di George Washington, di Martin Luther King e di Malcolm, esiste una piaga atavica che si chiama razzismo. Un'antica legge del più forte che stabilisce, sopra ogni Costituzione e sopra ogni legge, che non tutti gli uomini, pur creati dallo stesso Dio, sono uguali. Non sempre, certo, ma molto spesso.

George è morto il 25 maggio 2020. Quslche giorno dopo, i poliziotti si sono inginocchiati, in Suo onore, ma non ci sarà gesto, specie se simbolico, che potrà riconciliare questa bambina e tante altre come lei con il proprio paese, se non una pena esemplare per quegli assassini, e un profondo cambiamento culturale. Perchè un paese nel quale avvengono queste cose o in cui può essere comminata ed eseguita la condanna a morte di un quattordicenne sol perché di pelle nera, tutto è meno che civile, tutto meno che libero.

 

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