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Franco Enna e Nino Savarese Due scrittori siciliani dimenticati

rizzo

Ho conosciuto, qualche tempo fa ad Enna, città al centro della Sicilia e di origine normanna, una nobildonna di stampo antico, in età avanzata, dai modi gentili e dalla memoria fervida: Donna Rachele.

Siamo stati accolti, nel suo vetusto palazzo al centro della città, assieme ad un amico comune.

Donna di letture interessanti, affabile e grande affabulatrice.

Mi chiede se conosco l'opera di Nino Savarese, uno scrittore di Enna (1882-1945) e che oggi ai più apparirà sconosciuto.

Avevo letto, da giovane, alcuni suoi libri, ma a Lugano me ne aveva parlato con toni entusiastici Adriano Soldini, direttore della Biblioteca Cantonale, anch'egli scrittore e saggista.

Così ho riscoperto uno dei più prolifici scrittori del primo Novecento.

Un fiume in piena, questa Donna Rachele, che continuava a stupirmi per la quantità di informazioni. A stento riuscivo a piazzare qualche argomento.

Ad un tratto le chiesi se conosceva l'opera di Franco Enna. Mi è sembrato di coglierla di sorpresa. Ricordava il vero nome, Franco Cannarozzo. Aveva letto qualcosa, ma non rientrava tra gli autori suoi preferiti.

Così ho trovato un piccolo spazio per parlare di uno scrittore di cui conoscevo lo spessore culturale. Sue numerosissime commedie trasmesse dalla Televisione della Svizzera Italiana, lo avevano reso  popolare. E non erano pochi gli intellettuali ticinesi che ne parlavano un gran bene, di questo siciliano trapiantato in Canton Ticino.

Franco Enna è nato a Enna nel 1921 ed è morto, il 19 luglio 1990, a Lugano,dove ha vissuto fin dal 1948, sposando Angela Tamburini e dalla quale ha avuto tre figli.

Era figlio di un maresciallo dei carabinieri, rimasto vedovo quando il figliolo aveva solo quattro anni.

Scoppiata la guerra , nel 1941 venne arruolato in aviazione e assegnato al tribunale militare di Bari, dove conobbe il giovane Aldo Moro, con il quale mantenne sempre rapporti amicali ed affettuosi.

 Personalità eclettica di vasti interessi culturali. Ha scritto moltissime commedie, romanzi, libri di poesie, sceneggiature di film sia per la Televisione Italiana sia della Televissione Svizzera italiana.

Ha  pubblicato in Ticino, le prime raccolte di poesie: "Il mare aspetta le mie strade" e "Dove le nuvole hanno ombra di miele".

Partecipò, assieme ad altri 288 scrittori, ad un concorso teatrale della "Fondazione Borletti" di Milano nel 1953 e risultò tra i primi tre premiati con il testo "Appuntamento nel Michigan" che, dopo, venne interpretato da Giancarlo Sbragia.

Ebbe un successo di critica meritato. E' un'opera che affronta la pena di morte dalla parte dei condannati.

Nel 1956 Franco Enna trova lavoro a Milano all'Ufficio Stampa della Mondadori e, grazie all'amicizia e all'interessamento di Alberto Tedeschi, direttore della famosissima collana dei "Gialli", cominciò a pubblicare i suoi primi romanzi "Gialli".

Una definizione che non gli andava bene.

Infatti una sua testimonianza, pubblicata sul giornale del pomeriggio milanese, la "Notte",il 10 luglio 1959, ci sembra di grande interesse per la definizione di buona parte della sua opera: "Continuo a dire 'giallo', ma preferirei dire 'romanzo drammatico', a indicare il dramma che si suole vedere nella vita dell'uomo dove c'e' sempre un colpevole, un innocente e dove c'e' sempre una vittima. Dov'e' l'uomo c'e' una problematica che va risolta. E, a ben guardare, ogni romanzo contiene sempre un intreccio 'giallo', anche se il colpevole può essere la vita, può essere Dio, può essere chiunque. In questo senso anche Shakespeare, anche Dostoevskij sono scrittori di gialli". Ha collaborato a numerose riviste e ai maggiori quotidiani, italiani ed esteri. Ha tradotto moltissimi testi stranieri.

Sicuramente nei romanzi "Gialli" Franco Enna si è avvalso della sua stessa storia personale. Il padre, ricordato come un militare rigoroso e puntiglioso, si è trovato durante la sua carriera a districare moltissime situazioni delittuose in una terra, la Sicilia, dove sono ambientate alcuni suoi romanzi.

 Ma per chi volesse saperne di più, credo sia opportuno riportare alcune parti di un testo critico di Gisella Padovani, docente all'Università di Catania, appareso su "Novecento Siciliano", Tifeo, Catania, 1986, veramente illuminante sull'opera di questo scrittore.

"… Dotato di una vena narrativa straordinariamente feconda, impegnato in molteplici direzioni di ricerca, motivato da un'ampia gamma di sollecitazioni culturali, Franco Enna […] deve il suo vasto e consolidato successo all'intensa produzione di ''gialli d'arte' che gli hanno meritato l'appellativo di 'Simenon italiano'. L'etichetta di 'giallista', tuttavia, appare decisamente riduttiva in rapporto alla complessa varietà di forme, di modulazioni e di livelli qualitativi in cui l'opera di Enna si articola, con un duttilità poliforma che sfugge a ogni schematica classificazione.

Lo scrittore ha agito con sicurezza tecnica e con esuberanza creativa su tutti i tasti dell' 'inventio letteraria', spaziando dal romanzo di costume e di ambiente a quello introspettivo e memoriale, dalla biografia al 'pamphlet' storico-politico, dal racconto per l'infanzia alla 'space-story', 'al poliziesco'. Poeta, drammaturgo, giornalista brillante. […] Alla luce delle recenti acquisizioni critico-metodologiche, anche la lettura dei libri 'gialli ' di Enna ( più di cento ) rivelerà l'insospettata presenza di diversi 'livelli' e 'gradi' di fruizione. Sarà possibile distinguere tra prodotti di 'routine', che nella fretta della stesura denotano un interesse essenzialmente commerciale ( numerosi romanzi pubblicati con vari pseudonimi stranieri nelle collane […] ed altri elaborati con molta raffinatezza, anche se legati a certi moduli correnti dell' 'hard-boiled'. […] testi ancorati allo schema della 'detective-story', funzionalizzati esclusivamente ad esigenze di svago e di risarcimento psicologico […] e racconti in cui l'autore apporta originali innovazioni alla formula classica del giallo".

[…] La Sicilia, presenza ossessiva nell' 'imagerie' di Enna non è naturalità felice e rifugio rassicurante, paradiso dell'infanzia perduta o luogo privilegiato di una personale mitologia. Recuperata alla contemporaneità storica, la realtà isolana è assunta con il rigore dello studioso, con la preoccupazione di mantenere i problemi sul piano politico evitando ripiegamenti intimistici ed evasioni idilliache (…)".

 

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