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Emanuele, poco più di 30 anni, di Scampia e orfano di padre, ha scritto questa lettera al "signore" in foto, pubblicata da Napoli Today e riportata da Andrea Scanzi. Una lettera che è un monumento, eccola:
"Iniziavo alle 6.30 e se tutto andava bene finivo alle 17.00. Ho iniziato guadagnando 120 euro a settimana, che moltiplicati per 4 settimane totalizzano 480 euro. Dopo quasi 8 anni, la mia paga è salita a 180 euro a settimana che moltiplicati per 4 totalizzavano 730 euro al mese.
Nessun contratto, se mi ammalavo era un mio problema, le ferie erano solo 7 giorni in estate, contributi mai versati, forse solo 2 anni. E dopo 8 anni di sangue versato per imparare, di psicologia applicata per relazionarti al pubblico, di pianti fatti di nascosto perché ero stanco ma non potevo mollare, ero arrivato a guadagnare 200 euro in più rispetto all'inizio senza nessun riconoscimento.
Sai cosa è successo poi? È successo che avevo un sogno, quello di aprire un bar tutto mio e ci ho provato in tutti i modi, dio solo sa quanto volte ci ho provato, quante notti non ho dormito per i progetti i disegni l'arredamento.
Ma dopo 12 anni, ho preso il mio bel sogno e l'ho chiuso in un cassetto, mi sono diplomato ho lasciato Napoli e ora sono un tecnico che lavora sulla fibra ottica a Bologna e tutte le volte che entro in un bar a prendere un caffè provo odio e tanto rancore verso chi mi ha spezzato il cuore non permettendomi di inseguire il mio sogno, solo mio.
Vedi caro chef (Borghese) per poter vivere occorrono i soldi, eh sì, occorrono proprio i soldi. Occorrono soldi quando devi mangiare, perché nessuno ti regala nulla e in virtù di questo nessun giovane deve regalare il suo tempo perché non gli tornerà mai più indietro. Ti do un consiglio, sfrutta la tua popolarità insieme al tuo sapere per ottenere altri tipi di obiettivi".
Io, Emanuele, ti dico solo grazie. Perchè lettere come questa aiutano tutti noi a capire con chi abbiamo a che fare, e quanto sia ingiusta la nostra società.
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