Con l´ordinanza in commento,
Sez. VII, n. 16223 del 20.03.2018, i giudici della Corte di Cassazione hanno precisato
gli elementi necessari della motivazione di una sentenza di patteggiamento, con particolare riferimento all´
obbligo di immediata declaratoria di una causa di proscioglimento di cui all´art. 129 c.p.p. escludendo che sia sempre necessaria una motivazione esplicita e specifica sul punto.
Nel caso affrontato, i giudici della settima sezione hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, teso ad ottenere l´annullamento della sentenza di applicazione della pena su richiesta, per violazione dell´obbligo di motivazione in relazione a cause di proscioglimento.
I Fatti
La vicenda processuale involge un imprenditore che aveva deciso di accedere al rito alternativo di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell´art. 444 c.p.p. per una serie di reati bancarotta (art. 216, 217, 219 223 e 224 d.p.r. 267/1942) dei quali risultava accusato.
Il giudice aveva accolto la richiesta di patteggiamento e lo aveva condannato alla pena concordata.
Successivamente, veniva proposto dall´imputato, ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo con cui si lamentava la violazione dell´obbligo di motivazione in relazione alla assenza di circostanze di cui all´art. 129 c.p.p.
Il ricorrente rilevava come il giudice, al momento del suo pronunciamento, infatti, non avesse fornito motivazione alcuna in ordine alla assenza di elementi per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento.
L´art. 129 del codice di procedura penale impone al giudice, in ogni stato e grado del processo, di pronunciare immediatamente e d´ufficio una sentenza di proscioglimento in favore dell´imputato non appena ravvisi il verificarsi di una causa di non punibilità.
Nel caso di specie, tuttavia, il ricorrente non aveva allegato la circostanza per cui il giudice avesse erroneamente valutato la presenza di una causa di proscioglimento, ma proprio la mancata valutazione della loro presenza.
Ragioni della decisione
Rispetto a tale censura la Corte riaffermava quindi il principio per cui la motivazione del giudice che riguardi la assenza di cause di non punibilità può ben essere implicita rappresentando il naturale presupposto logico della mancata assoluzione. I giudici della settima sezione hanno sottolineato infatti come sia necessaria una specifica motivazione solo nel caso in cui, dagli atti o dalle deduzioni delle parti, emergano concreti elementi circa la applicabilità di una causa di non punibilità, circostanza che non si era verificata nel procedimento de quo.
A tale riaffermazione di principio è seguita la declaratoria di inammissibilità del ricorso con spese di procedura a carico del ricorrente e applicazione di una sanzione pecuniaria da versare alla Cassa per le Ammende.
Giulia Zani