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Nino Di Matteo, il pm del processo "Trattativa" non fa più parte del Pool sui "delitti eccellenti" dopo la decisione del procuratore nazionale Cafiero De Raho, che lo ha escluso con effetto immediato ritenendolo responsabile di aver diffuso, con una sua intervista rilasciata ad Andrea Purgatori di La7, importanti acquisizioni istruttori (circostanza, questa, che tuttavia appare quantomeno dubbia, essendo contraddetta dal video dell'intervista). Tra le prime attestazioni di solidarietà nei confronti di Di Matteo, quella di Mario Michele Giarrusso, capogruppo del MoVimento 5 Stelle in commissione Antimafia, di Azione Civile dell'ex pm Ingroia e di Salvatore Borsellino e Agende Rosse. Anche Antimafia Duemila, con un editoriale di Saverio Lodato ha fatto scudo intorno al pm.
Mario Michele Giarrusso: "La rimozione del Dott. Di Matteo dal gruppo di lavoro sulle stragi e i mandanti esterni istituito presso la Direzione nazionale antimafia, appare un fatto davvero molto grave. Ho subito chiesto al Presidente della commissione antimafia di intervenire per verificare se la questione possa rientrare ed essere chiarita. Da tempo si dice che le Procure Distrettuali antimafia, in violazione della legge istitutiva della Direzione nazionale antimafia, omettano di comunicare a quest'ultima le indagini più importanti in corso. Per queste ragioni, avevo visto con grande favore ed interesse, la costituzione dei tre gruppi di lavoro da parte della Direzione nazionale antimafia. Adesso invece, questo colpo di scena, riporta all'attenzione di tutti ed anche del legislatore, il problema dell'effettivo coordinamento delle indagini sui più importanti delitti accaduti nel nostro paese. Se qualcuno, colpendo il Dottor Di Matteo, ha inteso colpire la possibilità che vi sia un effettivo coordinamento nazionale nella lotta alla mafia, ha sbagliato i suoi calcoli, perché ha solo reso più impellente e non più procastinabile, l'esame in sede legislativa, della questione.
In qualità di Capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione antimafia, auspico che la vicenda che riguarda il Dott. Di Matteo possa essere rapidamente chiarita, col suo rientro nel gruppo di lavoro della Direzione nazionale antimafia che si occupa delle stragi".
Ed anche il Coordinamento di Azione Civile e il Presidente del Movimento Antonio Ingroia esprimono la loro solidarietà e sostegno al pm Nino Di Matteo:"Stupisce e amareggia che un magistrato serio, esperto e coraggioso, artefice di importante inchieste e processi, come il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero de Raho, abbia preso un provvedimento del genere sottraendo a Di Matteo la possibilità di approfondire temi di indagine come quelli sulla Trattativa Stato-Mafia e gli altri misteri ancora irrisolti, spesso legati a quella scellerata trattativa. Secondo le notizie di stampa, il provvedimento di rimozione sarebbe motivato dal fatto che l'intervista televisiva di Di Matteo avrebbe fatto venir meno il "rapporto fiduciario" con i colleghi della DNA e delle altre Procure competenti per le stragi. Ed anche questo - se vero - sorprende non poco, visto che nell'intervista non è stato rivelato nulla che non fosse già pubblico e documentato. Quindi, qual è il vero problema? C'è dell'altro? Occorre fare chiarezza, e ci auguriamo che il CSM contribuisca a diradare le nebbie. I cittadini italiani hanno diritto di sapere, di conoscere la verità su questa vicenda, così come sui misteri della Trattativa, delle stragi e degli altri delitti - di mafia, ma anche di Stato - collegati. Così come ha fatto Nino Di Matteo, nel rispetto del segreto investigativo. E ricordiamo che ogni uomo dello Stato, nessuno escluso, ha questo obbligo di chiarezza e trasparenza verso i cittadini e noi da cittadini ne rivendichiamo il diritto.
In attesa che la vicenda sia chiarita, e con l'augurio che a Di Matteo sia restituito il ruolo che merita, non possiamo non dichiararci al fianco della sua battaglia per Verità e Giustizia. Una ricerca che va sostenuta e difesa da ogni autentico democratico, non combattuta".
Saverio Lodato ha firmato un editoriale durissimo su Antimafia Duemila: "Tremano i Palazzi del Potere. Come non mai. Perché Antonino Di Matteo appare sempre più agli italiani come il nuovo Giovanni Falcone. Inutile girarci attorno. E a noi stessi, che le scriviamo, queste parole suonano quasi lapalissiane e scontate. Vediamo perché.
E' il nervosismo spasmodico, covato per anni sotto pelle, che questa volta tradisce i denigratori di Di Matteo. E' un gran passo falso, il loro. E' il passo falso di chi è accecato dall'odio. E che non sappiamo, al momento, quali meccanismi potrà innescare e quali conseguenze determinare. Si addensano nuvoloni.
Per estromettere il giudice Nino Di Matteo dalla neocostituita "commissione stragi" della Procura Nazionale antimafia, non si è cercato un pretesto. E' stato inventato un pretesto. A freddo, appigliandosi a ghirigori da galateo, il che fa una gran bella differenza.
Il pretesto viene firmato dal Procuratore antimafia, Federico Cafiero de Raho, e la scelta sorprende. E non poco, visto che lui stesso, appena pochi giorni fa, aveva intelligentemente istituito il nuovo organismo, e aveva deciso che Di Matteo ne facesse parte a pieno titolo, per esperienza e curriculum. A cosa è dovuta un'inversione di marcia che suona, nei fatti, come una precipitosa, clamorosa, inspiegabile ritirata? Cosa è accaduto di cui non ci siamo accorti? Cosa ci eravamo persi?
Ognuno può farsi una sua opinione in merito a questa apparente incongruenza.
Resta il fatto che sulle stragi di Capaci, via D'Amelio, Roma, Firenze e Milano, i misteri che vanno ancora scoperti sono tantissimi. Diversamente sarebbe stato inutile creare nuovi organismi di indagine. Gli italiani lo sanno e lo hanno capito. E non da ora (...) Ma è stranissimo, inquietante, che ciò accada all'indomani delle commemorazioni di Giovanni Falcone e della strage di Capaci. Mentre è ancora vivo il ricordo della schierata di tante personalità istituzionali pronte a brandire i vessilli dell'antimafia. Ma anche - ce lo si lasci dire - il ricordo del sangue.
Sorge il sospetto - legittimissimo, verrebbe da dire - che qualcuno che si muove in alto, e molto in ombra, avesse una gran fretta di chiudere la partita investigazioni Stragi '92 - '94 e di archiviare la "pratica Di Matteo".
E che sia riuscito - inspiegabilmente, o molto spiegabilmente: giudichi il lettore - a trovare porte spalancate per i suoi desiderata.
Ma ci permettiamo di dire che chi aveva paura prima, ha più paura adesso. È facile il mestiere dell'apprendista stregone, che però poi, molto spesso, è costretto a fare i conti con le forze che ha voluto evocare. Purtroppo si dà il caso che stiamo parlando del magistrato più a rischio vita in Italia.
Si percepisce in tutta questa storia un forte elemento di censura.
Di Matteo, nella sua intervista a Andrea Purgatori, per la puntata di Atlantide dedicata alla strage di Capaci, non ha svelato neanche lo straccio di un Segreto di Stato. Neanche una virgola, un dettaglio che già non fossero pubblici. Tutto ciò che ha detto, è contenuto in atti processuali e sentenze. Guardare per credere. Leggere per capire, e convincersi dell'inaudita gravità di quanto sta accadendo. Ecco perché più che di pretesto cercato, parliamo di pretesto inventato.
Certo. Non siamo ingenui. C'è un livore sordo rispetto al modo in cui si è concluso il primo grado del processo sulla Trattativa Stato-Mafia (Corte d'Assise presieduta da Alfredo Montalto, giudice a latere Stefania Brambille). Si ritiene Di Matteo il responsabile n°1, in quanto Pm simbolo dello stesso processo, delle condanne inflitte a Antonio Subranni (12 anni), Mario Mori ( 12 anni), Giuseppe De Donno (8 anni), carabinieri d'eccellenza, insieme a famigerati capi di Cosa Nostra.
D'altra parte, lo stesso Mori non aveva fatto mistero di "augurare la morte" ai suoi nemici con chiaro riferimento ai suoi accusatori. Ma sarebbe ingeneroso "tirare" su Mario Mori, come fosse l'unico "pianista" dell'orchestrina della vergogna. E' inaccettabile (infatti) "augurare la morte" a qualcuno. Soprattuto quando l'augurio viene da un uomo che è stato in divisa ed alamari. In questo, siamo all'antica. Giusto per non dimenticare.
Né lo fa diventare meno vergognoso il silenzio della grande stampa e delle grandi tv che di fronte a quelle parole non alzarono un sopracciglio. Convinte come sono che quando una cosa, da loro, non viene scritta non esiste. Dunque: l'orchestrina, a voler chiamare le cose con il giusto nome, è un'orchestrona.
Nino Di Matteo mette paura perché è diventato il nuovo Giovanni Falcone. È il pubblico ministero che riparte da lontano. Che sembra venire da un passato che molti speravano seppellito dalle macerie di Capaci e Via D'Amelio.
Di Matteo continua a cercare le Menti Raffinatissime che stavano dietro Cosa Nostra cui fece riferimento Giovanni Falcone dopo il fallito attentato contro di lui all'Addaura.
Questo non piace. Dà fastidio. Mette paura, accieca la vista.
Non fosse così, non si spiegherebbero i provvedimenti a lui sfavorevoli del Csm, la campagna denigratoria contro la sua persona di alcune testate giornalistiche, lo stillicidio al quale viene sottoposto da mesi e mesi, anni e anni, complice involontario persino qualche familiare di vittima di mafia.
Tutto quanto accadde a Falcone si sta ripetendo con Nino Di Matteo.
Né si perdona, infine, a Di Matteo di avere concesso un'intervista per un libro - "Il Patto Sporco" - dove sono riassunti, né più né meno che nell'intervista ad Andrea Purgatori che oggi gli viene contestata, i punti fermi già acquisti in materia di rapporti fra Stato e Mafia.
Si vuole cioè impedire che all'opinione pubblica arrivi un segnale forte e chiaro. Si capisce cosa intendiamo? Tutto qui.
La7 - ma è solo una nostra modestissima opinione - forse dovrebbe rimandare in onda la puntata di Andrea Purgatori. Nel giornalismo anglosassone si farebbe così.
È bene che se decidiamo di mandare al patibolo Nino Di Matteo gli italiani conoscano bene il "reato" che aveva commesso"
Solidarietà, ancora, da Salvatore Borsellino e dal Movimento Agende Rosse: "Secondo il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, nelle dichiarazioni rilasciate al giornalista Andrea Purgatori nella trasmissione "Atlantide", il sostituto procuratore nazionale antimafia avrebbe diffuso notizie coperte da segreto in merito all'inchiesta incaricata, facendo venire meno il "rapporto di fiducia all'interno del gruppo e con le direzioni distrettuali antimafia".
Pur stimando la personalità del PNA, riteniamo che in questa situazione, abbia compiuto una scelta non condivisibile ma soprattutto potenzialmente pericolosa nei riguardi dell'incolumità dello stesso Di Matteo, che in questo modo si ritrova ulteriormente emarginato e delegittimato.
Ricordiamo infatti, che secondo alcune testimonianze di collaboratori di giustizia, vi sarebbero 200 kg di tritolo pronti ad assassinare il togato a seguito di un ordine operativo di attentato assegnato dall'allora capo di cosa nostra, Salvatore Riina durante l'ora d'aria con il mafioso della SCU Alberto Lorusso, presso il carcere di Opera (MI).
Inoltre, dalle parole rilasciate dal magistrato su "LA 7"non abbiamo riscontrato nessun nuovo elemento che non fosse già stato da noi ribadito nel corso degli anni.
Negli anni abbiamo compreso che non si muore solo attraverso le armi da fuoco; il Movimento delle Agende Rosse e il suo presidente Salvatore Borsellino quindi, esprimono la propria estrema e convintissima vicinanza ad Antonino Di Matteo che riteniamo tra i migliori professionisti ed esperti della mafia stragista e dei suoi sistemi criminali.
Ci auguriamo altresì, che il CSM respinga questo provvedimento e che lo stesso Cafiero de Raho di cui abbiamo apprezzato la scelta e le nomine per questo team d'inchiesta sulle stragi, possa rivedere la sua posizione, riaccogliendo Di Matteo e le sue elevate competenze all'interno dei queste delicate indagini".
L'esclusione di Di Matteo.
Clamoroso scontro ai vertici dell'antimafia. Mentre i riflettori dei grandi media italiani ed internazionali sono puntati sui risultati elettorali che saranno resi noti tra poche ore, si consuma una frattura del tutto imprevedibile tra il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho e il pm Nino Di Matteo che è stato rimosso d'imperio dal primo con effetto sostanzialmente immediato dal Pool antimafia, e ciò per aver compromesso - secondo la tesi di De Raho - delicate indagini in corso rivelando in TV "elementi di indagini aperte". Il magistrato, che in passato aveva istruito il processo "Trattativa", era stato inserito dal procuratore nazionale, insieme a due altri magistrati, all'interno del pool sulle "Stragi eccellenti". Ciò fino a poche ore fa, perché con il provvedimento adesso assunto, Di Matteo può considerarsi ormai fuori dal nucleo, essendo stata adottata una sanzione punitiva a suo carico "per aver interrotto il rapporto di fiducia nel gruppo". Dal 28 maggio prossimo, pertanto, Di Matteo non potrà occuparsi delle indagini al centro del lavoro del pool tra le quali gli omicidi di Carlo Alberto Dalla Chiesa, allora prefetto di Palermo, e di Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Siciliana e fratello dell'attuale Capo dello Stato. Ciò in quanto, secondo De Raho, "non avrebbe dovuto parlare in televisione di indagini che sono state di recente riaperte e quindi sono ancora riservate".
Sotto accusa, in particolare, le dichiarazioni rilasciate da Nino Di Matteo ad Andrea Purgatori di La7 in un programma andato in onda alcuni giorni prima del XXVII anniversario della strage di Capaci. Il giornalista aveva rivolto al pm palermitano alcune domande, in particolare riguardo l'identità dei potenziali mandanti della stessa strage. Come è possibile constatare rivedendo quell'intervista, Di Matteo rispose che "è molto probabile che non ci fosse solo Cosa Nostra dietro l'attentato, ma anche altri uomini estranei all'organizzazione criminale". Così come, esprimendosi in ordine al boss Matteo Messina Denaro, tuttora latitante, aggiunse che "sa molte cose ed è in grado di ricattare lo Stato. La sua latitanza, come quella di Provenzano, è protetta da qualcuno".
Il provvedimento di destituzione dal pool del magistrato palermitano sta suscitando in queste ore molteplici reazioni, quasi tutte di solidarietà a Di Matteo. Sono in tante le associazioni della società civile, ma anche giornalisti e perfino magistrati che, con interventi alle agenzie di stampa ed anche nei social, ritengono inspiegabile la censura del procuratore nazionale antimafia, alla luce soprattutto della circostanza che le dichiarazioni rese da Di Matteo non potrebbero essere considerate nuove, né tali da danneggiare in alcun modo il corso delle indagini. Si tratterebbe, in altre parole, di acquisizioni ormai conclamate, sicché il provvedimento risulterebbe del tutto immotivato e abnorme.
Il caso finirà certamente al CSM e gli esiti dell'esame saranno imprevedibili. Il quotidiano "La Repubblica" ha anticipato, riportando indiscrezioni, che numerosi consiglieri dell'organo di autogoverno della magistratura nutrirebbero forti perplessità in ordine al carattere di novità delle dichiarazioni del magistrato palermitano, oggetto dell'intervento contestato dal superprocuratore. Di Matteo avrebbe insomma parlato solo di "elementi già noti", "cose che si trovano facilmente anche su Google".
Uno scontro, pertanto, che riserverà certamente numerose sorprese, ma che, obiettivamente, non fa che lacerare ulteriormente un fronte antimafia già scosso da numerose polemiche, come quelle che si sono registrate in occasione dell'anniversario della strage, quando numerosi protagonisti dell'antimafia, tra i quali il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il presidente della commissione regionale Antimafia Claudio Fava e il Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, ritennero di disertare i due fondamentali momenti della giornata, quello della riflessione commemorazione nell'aula bunker e quello, pomeridiano, del ricordo delle vittime davanti l'albero Falcone
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