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Crediti formativi, due avvocati si autodenunciano: "Basta, sono illegali, processateci tutti"

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Lo sappiamo tutti. La legge sull'ordinamento professionale forense, la n. 147 del 2012, ha introdotto, tra gli altri obblighi, quello della formazione continua degli avvocati, disciplinato dall'art. 11. 

Ad eccezione di alcune categorie di iscritti, determinate per lo più sulla base di criteri anagrafici o legati a particolari situazioni di impegno professionale che lascerebbero presupporre la formazione come attività ex se fisiologica, l'attuazione degli obblighi formativi, ulteriormente disciplinata dal regolamento del 16 luglio 2014 numero 6, è considerato dal Consiglio Nazionale Forense uno dei principali presupposti per la permanenza dell'iscrizione negli Albi e, di conseguenza, dell'esercizio della professione forense. Un obbligo che, salva deroga in situazioni particolari, riguarda tutti gli iscritti ed è rilevante anche sotto il profilo disciplinare.

Come si sa, molteplici sono le modalità per l'acquisizione di quei crediti formativi, al momento 60 nell'arco del triennio, di cui 9 dedicati  alla deontologia, necessari a soddisfare gli obblighi di formazione continua. Modalità elencate nell'articolo 13 del regolamento, che vanno dalla tradizionale partecipazione a corsi  e convegni accreditati dal Consiglio Nazionale Forense a molte altre iniziative di carattere formativo, come  anche  l'attività editoriale, cioè la redazione di articoli o saggi di contenuto giuridico su riviste giuridiche, anche online, iscritte al registro nazionale della Stampa e di rilievo nazionale, come, tra le tante, quella dalla quale stiamo scrivendo. Ci sono poi i corsi a distanza, che riconoscono un certo numero di crediti formativi a quegli iscritti che, per varie ragioni non intendano o non possano frequentare i corsi oppure tenere lezioni o redigere articoli e saggi giuridici. Proprio nei mesi che precedono la conclusione dell'anno, le pec degli avvocati sono letteralmente inondate da una sorta di annunci che invitano ad acquistare in saldo decine di corsi di e-learning. Una modica spesa per soddisfare almeno sulla carta un obbligo formativo. Una modica spesa pro capite, perchè se moltiplicata per le decine di migliaia di avvocati che acquistano questi pacchetti, in saldo o meno,  la quantità di denaro complessivamente così investita diventa assolutamente apprezzabile.

Questo, ma non solo questo, ma soprattutto un giudizio generalizzato, tranne poche eccezioni, sulla inadeguatezza di iniziative così congegnate, a soddisfare un dovere di aggiornamento che prima ancora di essere imposto dalle norme dovrebbe essere avvertito da ogni professionista come un ineludibile dovere etico, ha condotto molti iscritti a non tenere conto, in alcun modo, dell'esistenza di un obbligo siffatto, e molti consigli dell'ordine ad evitare, benevolmente, di calcare la mano, andando per esempio ad aprire procedimenti disciplinari in capo a tutti gli iscritti che non abbiano dimostrato un corretto adempimento.

Adesso, però, apprendiamo che due avvocati hanno deciso di autodenunciarsi. Si tratta di Salvatore Lucignano, già segretario nazionale di Nuova Avvocatura Democratica ed adesso leader di Arde, e di Debora Scognamiglio.

Il primo l'autodenuncia l'ha già fatta, sulla base dello slogan "I crediti formativi sono illegali". L'avvocato Lucignano è adesso atteso, come comunica lui stesso, dalla udienza disciplinare. Ecco il suo racconto:

"Il 19 dicembre, dopo una serie di rinvii, questioni procedurali e schermaglie di carattere politico, si terrà l'udienza disciplinare che riguarda il procedimento azionato a mio carico dall'Ordine Forense per l'autodenuncia in merito al mancato conseguimento dei crediti formativi. Sono particolarmente fiero di questo procedimento disciplinare, che dimostra in concreto cosa io pensi del concetto di "radicalità". Sulla scia delle mie lotte infatti, un certo numero di avvocati ha deciso, negli ultimi anni, di uscire allo scoperto, con modalità più o meno "soft", facendosi scudo della mia persona, utilizzandola, vendendola, ma raramente trovando il coraggio di assumere su di sé i rischi personali e professionali delle denunce sollevate. Io credo che i radicali che non rischiano nulla per creare lo scomodo nel sistema che dicono di voler combattere non sono radicali, neanche un pò. Credo che la credibilità di una lotta si ottenga solo con la volontaria accettazione dei pregiudizi che essa crea.

Un ringraziamento particolare in questo senso va alla collega Debora Scognamiglio, unica che si è autodenunciata, insieme al sottoscritto, per il mancato conseguimento dei crediti, attuale componente del coordinamento direttivo di ARDE - Avvocati Radicali Democratici. Il procedimento in oggetto si è concluso con un provvedimento che provvederemo a rendere pubblico all'esito del mio procedimento, in modo da mostrare tante cose, e farvi capire che "il cattivo", non è cattivo come gli altri, ma molto più cattivo degli altri. Un cattivo "particolare", insomma.

Nel corso di questi anni l'Ordine Forense ed alcuni avvocati ostili alle mie denunce contro il comune concetto di "decoro", mi hanno fatto oggetto di numerosi esposti disciplinari e svariate querele per diffamazione a mezzo facebook. A mio parere tutto ciò è stato fatto per rifiutare la logica politica sottesa al mio "scandalo", in modo da usare la deontologia e il diritto penale come strumenti capaci di eliminare e zittire un avvocato "scomodo". Questa logica del resto è stata di recente utilizzata anche da persone che avrebbero dovuto essere "teoricamente" vicine alle mie battaglie, quindi non faccio fatica ad identificare in questo modo di agire il tratto comune dell'autoritarismo vigliacco che ho sempre orgogliosamente combattuto.

Informo i colleghi liberi non per ottenere una solidarietà pelosa, ma perché sia chiaro a tutti che le vicende che sto vivendo non hanno nulla a che vedere con il decoro e con la dignità, ma esclusivamente con l'autoritarismo e la viltà".

Debora Scognamiglio, il suo procedimento  sembra quindi, dalle parole di Lucignano, averlo subito, anche se ancora non ne conosciamo l'esito.

Ma sono in tanti che potrebbero nei prossimi mesi subire uguale sorte, e che, anche a prescindere da una autodenuncia formale, pacificamente ammettono nel web e con i colleghi, di non aver partecipato e di non intendere partecipare ad alcuna iniziativa formativa. Riportiamo, tra i tanti, il commento postato proprio in risposta alla autodenuncia di Lucignano, da un'altra Collega, Angela La Marca, che ha scritto: "Io non ho un solo credito formativo per varie ragioni: 1) non partecipo a convegni perché attribuiscono crediti, ma esclusivamente in ragione dell'interesse personale che nutro per l'argomento trattato; 2) non ho crediti formativi perché non ho tempo di raccogliere punti ma preferisco dedicarmi allo studio delle controversie che mi si presentano in maniera autonoma, tanto che partecipo ai convegni che mi interessano senza mai aver passato il badge; 3) non ho crediti perché non accetto che la mia preparazione professionale possa essere giudicata sulla base di punti, nella stragrande maggioranza dei casi raccolti senza aver ascoltato neppure una parola di quanto detto all'evento formativo. Se avessimo istituzioni serie che sanno benissimo che come me, centinaia di colleghi non hanno crediti formativi, dovrebbero archiviare il tuo procedimento disciplinare senza neppure farti una domanda".

Sarebbe, a parer nostro, e aldilà di ogni specifica situazione personale, che ci si interroga se seriamente sulla reale adeguatezza di un sistema così congegnato a soddisfare la giusta esigenza di aggiornamento o non, piuttosto, la sua anche non voluta funzionalità ad interessi che hanno ben poco a che fare con l'avvocatura. Una riforma, insomma, si impone e sarebbe illusorio oltre che sbagliato pensare di risolvere tutto manu militari.

 

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