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C'erano una volta "le lotte politiche e sociali".

rizzo

 In un Paese votato all'edonismo, che rilascia deleghe in bianco a qualsiasi imbonitore di turno; che dei messaggi mediatici ha fatto scelta di vita; disposto a barattare la propria quotidianità con quotidianità virtuali; a cancellare la propria identità per rincorrere scenari a-politici, a-morali, irrazionali, deresponsabilizzati di tutto, perfino della propria storia.

In un Paese che ha barattato la ricerca rigorosa con le banalità quotidiane di FB; che non si prende cura di nessun "distinguo", forte dell'ipotetico, molto ipotetico, dell' "uno vale uno"; che ha rinunciato a comprendere, e a spiegarsi, la complessità delle situazioni, banalizzandola; che ha creduto, oltre vent'anni fa, alla favola berlusconiana del pericolo comunista in Italia, dove un vero pericolo comunista non c'era mai stato e in un momento in cui il comunismo crollava e senza alcun pericolo di "ritorno". Così come oggi crede che il pericolo sia rappresentato dagli "Ultimi". E per questo sente nostalgia dell' "uomo forte".

In un Paese che ha scelto, e a giusta ragione, la valenza dell' "onestà in politica", senzapreoccuparsi delle competenze, comunque necessarie per mandare avanti un Paese, soprattutto nella complessa e complicata gestione del Potere.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. E' sufficiente leggere i numeri senza l'attesa del classico bambino che grida "il re è nudo", riferendoci alla favola di Hans Christian Hansen.

Allora che fare? Da dove ricominciare?

Ho ripescato un libro del 2000 di Filippo Falcone, "Guido Faletra e le lotte politiche e sociali dl Nisseno 1945/1960, Paruzzo editore, Caltanissetta.

Una boccata d'ossigeno con questa ricerca, determinata e ben documentata.

Guido Faletra, giovane deputato al Parlamento nazionale in rappresentanza del Partito comunista italiano, era nato a Caltanissetta nel 1920 e morto, ancora giovane, a Roma nel 1962. 

 Ma chi era Guido Faletra? La sua preparazione e la sua professionalità, unanimemente riconosciute anche dagli avversari politici, nell'ultimo periodo della sua esistenza, l'avevano portato ad occupare posti di rilievo nelle Commissioni parlamentari. E lo metterà bene in rilievo l'allora Presidente della Camera, Giovanni Leone, in seguito divenuto Presidente della Repubblica, durante la Commemorazione ufficiale tenuta alla Camera dei Deputati.

E ancora su Faletra, Emanuele Macaluso nella Prefazione di questo libro: <<Guido era un intellettuale con forti propensioni ad un impegno concreto e allo studio di ciò che poteva essere utile all'elaborazione di una politica e di una legislazione autonomistica e meridionalistica. E queste qualità emersero con forza nella sua breve e intensa attività parlamentare. Ma fu anche un dirigente di massa amato e rispettato, anche se negato ad ogni atteggiamento e linguaggio demagogico. A volte sembrava esprimere un distacco e una "altezzosità" intellettuale che, invece, non aveva. Dovrei scrivere a lungo per raccontare il suo impegno di massa. Ricordo a Gela, nel corso di un grande lungo e duro sciopero, i braccianti manifestarono sotto il municipio dove si svolgevano le trattative tra agrari e dirigenti sindacali e, dopo la firma dell'accordo, Guido fu denunciato per "estorsione". Quella firma sarebbe stata estorta dalla "minacciosa" manifestazione dei braccianti>> (pag.6).

Questi due giudizi, uno istituzionale, ma non di facciata (Giovanni Leone dichiara di aver pianto alla notizia della morte di Faletra); l'altro di un "compagno" di partito e amico di lunga data, ci sembrano mettere a fuoco una delle più fulgide personalità politiche siciliane, anche se non nascondiamo le nostre perplessità sull'impatto, di una così grande eredità e di un simile patrimonio, fosse solo a livello di conoscenza, tra le nuove generazioni. Ed è questa una delle tante componenti di un nostro rammarico, sperabile passeggero e contingente.

A Caltanissetta, dopo la fine della guerra, Faletra entra in contatto con il gruppo di intellettuali che avevano partecipato alla lotta al nazifascismo sia nel nisseno sia nell'Italia del Nord: Emanuele Macaluso, Luigi Cardamone, Salvatore La Marca, Gino Cortese, Michele Ferrara, Calogero Boccadutri, Lorenzo Speziale. Alcuni di questi avevano anche conosciuto il carcere e il confino fascista.

 Le occupazioni delle terre, un'altra storica battaglia che vede impegnati i contadini del Meridione d'Italia al grido di "la terra a chi la lavora", aveva alimentato un'ulteriore speranza andata, con il tempo, delusa.

Interessante, in questi scenari di "lotte" l'elenco (pag.24) dei feudi occupati nella provincia di Caltanissetta dove i feudatari erano difesi dagli esponenti di spicco della mafia tradizionale, da Calogero Vizzini a Genco Russo. Mentre dalla parte dei contadini troviamo, accanto ai dirigenti storici del Partito comunista italiano, del Partito socialista, della parte illuminata della Democrazia cristiana e del Sindacato, studiosi del fenomeno mafioso del calibro di un Michele Pantaleone, di Villalba, vissuto fino l'età di oltre i 90 anni e con la soddisfazione di aver subito 18 processi per "diffamazione" delle figure storiche della democrazia cristiana e di averli superati perché dare del mafioso all' ex ministro democristiano Giovanni Gioia non era stato ritenuto reato.

Guido Faletra, durante la sua attività sindacale, lo troviamo accanto ai minatori per le lotte sacrosante al fine di ottenere salari decenti, condizioni di lavoro sicuri, modernizzazione degli impianti affinché una maggiore produzione potesse rappresentare nuovi posti di lavoro, l'istituzione di una Cassa integrazione pensioni.

Ma Faletra sarà anche un grande protagonista nelle battaglie per il petrolchimico di Gela che, proprio agli inizi degli Anni Cinquanta con la scoperta di presenze petrolifere nell'area che da Ragusa va a Noto a Vittoria e a Gela, vedrà scontri furibondi tra l'Eni di Enrico Mattei ed il cartello petrolifero internazionale, le famosissime "Sette sorelle": BP, Shell, Exxon, Gulf, Mobil, Socal, Texco. Scontri sicuramente non incolpevoli nella fine che fece Mattei.

Sembrano essere passati anni luce, scorrendo le pagine fluide di questo lavoro, nel prendere atto dell'impegno di uomini politici, di intellettuali, di gente comune per ideali che consentissero a tutti condizioni di vita migliori ed il rispetto delle regole contenute nella Carta costituzionale. Certo non tutto si realizzerà secondo i progetti che avrebbero dovuto fare uscire dal pantano una Sicilia che, nella sua storia, si era sentita vincolata allo stato sabaudo che, a sua volta, era stato scelto per sfuggire al feudalesimo borbonico. Non sarà un caso che la Sicilia, nel Referendum istituzionale del 1946 scelse la monarchia.

Ma allora è tutto perduto?

"Spes contra spem" avvertivano i Romani. E, a modo suo, Emanuele Macaluso lancia un sassolino nello stagno sociopolitico dei nostri giorni: "Lo sforzo politico, culturale e organizzativo che si intravede dalla raccolta degli scritti di Faletra sembra lontano, lontanissimo e soprattutto vanificato. Ma è così? La Sicilia sembra aver toccato il fondo e sembra che non ci siano forze sociali e politiche in grado di riprendere – su un terreno nuovo, in un paese del tutto cambiato, in una Europa con l'Euro – l'opera di rinascita della Sicilia. Spero che non sia così. La coscienza dei siciliani non è morta. Come svegliarla? Come restituire gruppi dirigenti in grado di operare con disinteresse e cultura per la Sicilia? Come re-impegnare intelligenze e coscienze come quella di Faletra per rinnovare la sinistra, la politica e la Sicilia? Domande a cui è difficile dare una risposta".

Sono passati diciotto anni. E sembra ieri.

 

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